Clima, nel Mediterraneo sarà più arido

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Stalagmiti dall'Antro del Corchia (Lucca) (Foto I. Isola)
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Questo è quanto prevedono studiosi dell’università di Pisa per i prossimi 100 anni, secondo quanto emerge dallo studio del nostro più antico passato. L’Università di Pisa, partner della ricerca pubblicata su «Nature Communications», si basa sulle analogie fra l’ultimo periodo interglaciale e la situazione attuale

Più arido e con minori precipitazioni, potrà essere così il clima del Mediterraneo nei prossimi cento anni secondo quanto emerge da uno studio internazionale pubblicato su «Nature Communications» e al quale hanno partecipato come unici italiani Eleonora Regattieri e Giovanni Zanchetta del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. La ricerca, che complessivamente ha coinvolto 12 istituzioni fra cui l’University College di Londra come capofila, si basa sull’idea che l’analisi del clima passato, in questo caso l’ultimo periodo interglaciale (129-116mila anni fa), possa fornire fondamentali indicazioni per capire le tendenze attuali e future.

«Lo studio dell’ultimo periodo interglaciale è particolarmente rilevante perché è stato caratterizzato da un intenso riscaldamento artico, con temperature più alte di alcuni gradi rispetto a quelle attuali e quindi paragonabili agli scenari di riscaldamento previsti per la fine di questo secolo», spiega Giovanni Zanchetta.

Come conseguenza del riscaldamento, la ricerca ha stimato che il livello globale del mare nell’ultima epoca interglaciale sia stato di circa 6-9 metri superiore al livello attuale, un innalzamento in buona parte dovuto alla fusione della calotta glaciale della Groenlandia.

«Un tale scioglimento dei ghiacci potrebbe quindi aver contribuito ad un’instabilità, della circolazione oceanica del Nord Atlantico, con momenti di indebolimento corrispondenti a periodi di scarsità di precipitazioni in Europa», aggiunge Zanchetta.

Per definire in dettaglio i cambiamenti oceanici e atmosferici dell’Atlantico settentrionale e dell’Europa meridionale, i ricercatori hanno prodotto una sorta di «stele di rosetta stratigrafica» analizzando una carota di sedimento marino proveniente dal margine atlantico della penisola iberica. I dati emersi, relativi ad esempio ai pollini e ai cambiamenti della vegetazione, sono stati quindi confrontati con l’andamento delle precipitazioni, registrato nelle stalagmiti della grotta «Antro del Corchia», nel nord Italia, già studiate dai geologi dell’Università di Pisa.

Il collegamento tra Corchia e il margine atlantico della penisola iberica ha così permesso ai ricercatori di datare per la prima volta in modo dettagliato e preciso i cambiamenti climatici nel Nord Atlantico. L’Antro del Corchia possiede infatti un vero e proprio archivio del clima passato, conservato nella stratigrafia e nelle proprietà chimiche delle sue concrezioni, che copre più di un milione di anni.

«Sebbene l’ultimo periodo interglaciale non sia del tutto sovrapponibile a quanto accade oggi come conseguenza dell’attività umana – conclude Zanchetta – il profilo climatico che emerge, su scala secolare, indica che il progressivo riscaldamento che stiamo osservando possa generare in futuro un’instabilità del clima associata a fenomeni significativi di siccità».

Giovanni Zanchetta ed Eleonora Zanchetta sono ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, dipartimento da anni leader nelle ricerche paleoclimatiche che a livello didattico offre, fra i primi in Italia, un nuovo curriculum di Climatologia nell’ambito un corso di laurea magistrale di Scienze ambientali.

L’articolo «Enhanced climate instability in the North Atlantic and southern Europe during the Last Interglacial» di P. C. Tzedakis et al. è stato pubblicato su «Nature Communications» il 12 ottobre 2018.

(Fonte Università di Pisa)