Chiamateli come volete ma la differenza rispetto agli impianti del passato, spiega Agostino Di Ciaula, è che emettono concentrazioni di inquinanti più basse ma, bruciando quantità enormemente maggiori di rifiuti (fino a diverse centinaia di migliaia di tonnellate), hanno una emissione di massa (valori assoluti) di inquinanti enormemente più alta dei vecchi impianti
La non mai sopita «arma» ingegneristica, la «forza» della tecnologia, la «certezza» della scienza, l’«irrilevanza» del bene pubblico, il «primato» dell’economia… tutti aspetti rinvigoriti dalla polemica sulla «urgente» necessità di costruire termovalorizzatori che ci toglierebbero dai guai evitandoci di mangiare rifiuti e diffondendo un benefico calore come avviene nelle case del Nord avvolte da un’aria pulita in tutta la pianura Padana…
È questa l’emergenza ambientale per il ministro degli Interni, non la mafia che gestisce il ciclo dei rifiuti da nord a sud accendendo roghi. Un po’ come la necessità della caccia, di uccidere i lupi, di fare strade e autostrade e condoni, di dragare i fiumi e di spandere fanghi nelle campagne. Insomma un bel mondo dove finalmente palazzinari e consumatori del territorio possano riprendere a lavorare e tornare a sorridere.
Ma se la propaganda di regime, accompagna il verbo del comandante, la realtà è ben diversa. Molti cittadini lo sanno ma presi alla sprovvista, su aspetti che ritenevano morti e sepolti, stanno confutando una selva di dati confusi e falsi. Cercano di dipanare la cortina fumogena diffusa nel solito stile dei mestatori i cui interessi sono ben altri che il bene dei cittadini.
E i dati arrivano con la puntualità impeccabile di Agostino Di Ciaula mediante FB. Il solo inceneritore di Brescia produce 163.000 ton di rifiuti tossici, solo poco meno dei rifiuti urbani che l’intera regione Veneto (72,9% di differenziata) smaltisce in discarica (233.000 ton). L’inceneritore di Acerra produce oltre 150.000 ton di rifiuti tossici, più di tutti i rifiuti urbani smaltiti in discarica dalla Liguria (144.000 ton). L’insieme degli inceneritori del nord produce circa un milione di tonnellate di rifiuti tossici pericolosi. Senza contare le enormi emissioni inquinanti in atmosfera e i benefici economici e ambientali che si avrebbero recuperando materia invece che bruciandola.
Treviso ha raggiunto 87,9% di differenziata e ridotto la sua produzione di rifiuti, perché in passato ha scelto deliberatamente di non incenerire. I roghi della terra dei fuochi e i suoi tombamenti non sono alimentati dai rifiuti urbani ma da rifiuti speciali tossici venuti da altrove (potete immaginare da dove), probabilmente frutto di fiorenti produzioni in evasione fiscale e certamente utili a risparmiare sul corretto smaltimento.
Tutto questo senza contare le numerose evidenze scientifiche che raccontano i danni sanitari causati dall’incenerimento, le conseguenze in termini di aggravamento delle modificazioni climatiche e l’allontanamento dagli obiettivi di economia circolare indicati con forza dalla Ue, che non a caso raccomanda la dismissione degli impianti di incenerimento esistenti.
L’incenerimento, così come il nucleare, rappresenta il passato, una tecnologia dannosa portata avanti con la scusa di essere un sistema di transizione ma che in realtà hanno frenato il vero sviluppo e il futuro che è costituito dall’economia circolare in cui il recupero della materia è la via maestra.
Non esistono scorciatoie lessicali, né i problemi si risolvono usando la parola termovalorizzatori al posto di inceneritori. Una differenza lessicale che soltanto noi italiani, nella migliore scuola bizantina, utilizziamo perché nella letteratura medico-scientifica vengono chiamati tutti «incinerators», che producano o meno energia.
Ma alla fine dei conti si avranno sempre residui come la diossina e si emetterà CO2 che andrà ad incrementare l’effetto serra. E magari fossero i soli… gli inquinanti emessi non si contano e i rischi maggiori sono legati al particolato nanometrico, non trattenuto dai filtri, e agli inquinanti da esso veicolati come i metalli pesanti, oltre naturalmente a tutti gli altri inquinanti gassosi.
Ma la differenza rispetto agli impianti del passato, ci spiega Agostino Di Ciaula, è che emettono concentrazioni di inquinanti più basse ma, bruciando quantità enormemente maggiori di rifiuti (fino a diverse centinaia di migliaia di tonnellate), hanno una emissione di massa (valori assoluti) di inquinanti enormemente più alta dei vecchi impianti.
E le conseguenze sulla salute? Oltre alla letteratura internazionale che dimostra le conseguenze ambientali e sanitarie dell’incenerimento dei rifiuti, in continua crescita, abbiamo oggi a disposizione anche autorevoli studi nazionali (come Moniter, Eras Lazio, studi Arpa sull’inceneritore di Vercelli e Cosmari nelle Marche, uno studio sull’inceneritore di San Zeno) che continuano a confermare gli effetti negativi ambientali e sanitari degli impianti di incenerimento anche di nuova generazione.
Ignazio Lippolis