I paesi dovrebbero rendere l’educazione al cambiamento climatico un elemento specifico e verificabile nei loro contributi determinati a livello nazionale (Ndc) per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi
L’ultimo giorno degli incontri alla Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici (Cop24) svoltasi a Katawice, Polonia, ha visto i paesi coinvolti spingere sul #climatechange #education, un elemento specifico per raggiungere gli obiettivi #ParisAgreement. I partecipanti infatti all’evento #EducationDay hanno discusso la necessità di una maggiore e migliore educazione ambientale. I paesi dovrebbero rendere l’educazione al cambiamento climatico un elemento specifico e verificabile nei loro contributi determinati a livello nazionale (Ndc) per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Il nostro ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, intervenendo all’evento, ha dichiarato: «Credo che nella prossima Cop dovremmo iniziare a chiederci quale percentuale dei nostri Ndc sia dedicata a questo esercizio di educazione ambientale. Dovremmo stabilire un meccanismo concreto, qualcosa di veramente tangibile, di ciò che siamo disposti a fare a favore delle generazioni future».
Anche Abze Djigma, ambasciatrice del Burkina Faso per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, ha parlato con passione della necessità di educare le nuove generazioni. «È l’educazione che mi ha portato qui oggi. Sono stata educata con una formazione tradizionale ma ho anche imparato altre lingue per essere in grado di comunicare». La principessa Abze Djigma, che è anche inviata speciale del Presidente del Burkina Faso per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e Cambiamenti Climatici ha quindi ribadito: «Abbiamo bisogno di rendere i nostri bambini sensibili al clima ed è per questo che l’educazione è fondamentale».
Istruzione, formazione, sensibilizzazione del pubblico, partecipazione pubblica, accesso del pubblico alle informazioni e la cooperazione internazionale, condivisione, collaborazione, creazione di reti, questi gli elementi principali per sviluppare informazione critica e per cavalcare un effettivo cambiamento di rotta.
Ma nonostante l’entusiasmo per l’argomento e lo slancio al cambiamento molti paesi non hanno ancora di fatto preparato una strategia nazionale applicabile. Un evento che ha visto anche la riproduzione di un video del workshop regionale sull’azione per il rafforzamento del clima per l’Europa e la regione mediterranea, workshop tenutosi a La Spezia nello scorso ottobre e voluto principalmente per aumentare la capacità dei punti focali attraverso la condivisione di esperienze.
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Dal 4 dicembre, l’Action Hub alla #Cop24 ha ospitato un programma parallelo di eventi organizzato dal team Global Climate Action della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), che ha incluso performance, dibattiti, conferenze, premiazioni e concorsi per mostrare le #climateaction concrete nel mondo. Un programma di otto giorni che ha preso il via martedì 4 dicembre con un’apertura nella plenaria principale ad opera del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki e il presidente della Cop24, Michał Kurtyka. Un’opportunità per i leader del clima di parlare direttamente con i rappresentanti governativi della cooperazione tra attori statali e non nella necessità di soddisfare l’obiettivo di 1,5°C dell’Accordo di Parigi.
I momenti salienti della seconda settimana del programma hanno visto il lancio di due importanti iniziative settoriali che si impegnano a mantenere le loro filiere in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, e stiamo parlando dell’industria della Moda e di quella dello Sport.
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Importante anche il workshop che ha offerto ai Paesi in via di sviluppo e ai Paesi sviluppati l’opportunità di presentare azioni tempestive per ridurre le emissioni prima del 2020.
I Paesi in via di sviluppo hanno presentato le loro azioni di mitigazione e hanno evidenziato i risultati e le sfide chiave nell’ambito del tema Facilitative sharing of views (Fsv). Un workshop che ha visto la partecipazione di 10 paesi, tra cui Andorra, Argentina, Bosnia ed Erzegovina, Cina, Giordania, Libano, Mongolia, Namibia, Togo e Tunisia.
Di contro, invece, le sessioni di «valutazione multilaterale» hanno evidenziato gli sforzi di 11 paesi con economie sviluppate, tra cui l’Unione europea, il Canada, la Repubblica ceca, l’Estonia, la Francia, la Germania, l’Ungheria, la Lettonia, la Lituania, i Paesi Bassi e la Slovacchia.
La maggior parte confida che raggiungerà i propri obiettivi di riduzione per l’anno 2020. Per molti di loro, i livelli di emissioni per il 2020 dovrebbero essere inferiori ora a quelli previsti due anni fa e questo a causa delle forte azione sul clima. Obiettivi che possono essere raggiunti implementando una vasta gamma di politiche e misure per guidare i vari progressi con la carbon tax o lo scambio di emissioni quali strumenti di attuazione presentati dalla maggior parte di questi paesi.
Elsa Sciancalepore