Il paradosso di Fermi, le ricerche e le conferme scientifiche e archeologiche. Gli orientamenti degli attuali studi e i nuovi orizzonti. E qualche ipotesi azzardata e un po’ di fantasia per il futuro…
Dal 1950 ad oggi, il paradosso di Fermi ha investito di interesse migliaia di ricercatori, scienziati, pensatori e filosofi. Fiumi d’inchiostro sono stati versati. Moltissimi sono stati gli sforzi di ricerca fisica, astrofisica, statistica per trovare la soluzione. Svariate proposte di teorie sono state presentate. Alcuni affermano di avere trovato la soluzione. Tra le più note e citate si possono ricordare le seguenti:
1. Siamo soli (Ipotesi della rarità della Terra).
2. Le civiltà evolute (come quella terrestre) hanno breve durata.
3. Le civiltà extraterrestri esistono, ma sono troppo lontane nello spazio-tempo.
4. Le civiltà extraterrestri esistono, ma, per varie ragioni, non vogliono comunicare con gli umani.
5. Gli uomini, al momento, non sono in grado di ricevere le loro comunicazioni.
6. Gli uomini però, hanno sviluppato diversi progetti per intercettare gli extraterrestri e/o le loro comunicazioni (Seti ed altri).
In realtà, ognuno ha aggiunto un tassello alla soluzione del paradosso, ma ancora non si può asserire, con evidenze sostanziate e con rigore scientifico, che sia stata raggiunta la soluzione. La teoria qui trattata è il concetto di panspermia, ossia che la vita sulla Terra provenga da batteri spaziali, giunti sul nostro Pianeta circa 5 miliardi di anni fa.
La fecondazione chimica organica della Terra da parte di semi (molecole organiche e/o batteri) che provengono dallo spazio profondo è la teoria più accreditata da alcuni astronomi, astrofisici e astro/biofisici avanzati. Nei millenni, ma soprattutto nel secolo passato, sono state sviluppate molte teorie sulla colonizzazione della galassia e quindi della Terra.
«Una volta che tutti i nostri tentativi di ottenere materia vivente da materia inanimata risultino vani, a me pare rientri in una procedura scientifica pienamente corretta il domandarsi se la vita abbia in realtà mai avuto un’origine, se non sia vecchia quanto la materia stessa, e se le spore non possano essere state trasportate da un pianeta all’altro ed abbiano attecchito laddove abbiano trovato terreno fertile». (Hermann von Helmholtz)
Il paradosso di Fermi sorge nell’ambito della valutazione della possibilità e relativa probabilità di entrare in contatto con forme di vita intelligente extraterrestre.
La ricerca dell’origine della vita sulla Terra si fa risalire alla nascita della Terra stessa ossia a circa 5 miliardi di anni fa. Le analisi dimostrano che la vita è processo chimico appartenente agli organismi (viventi) che sono dotati delle proprietà fondamentali della capacità di riprodursi, del possesso d’informazione intrinseca, della capacità di evolvere e di essere basati sulla chimica (organica) del carbonio.
La trattazione approfondita di questi aspetti dell’origine della vita è presentata in un altro capitolo (Paolo Saraceno) dei quaderni della rivista astrospaziale (prof G. Quartieri).
L’analisi della possibilità di dimostrare scientificamente che la vita proviene dallo spazio dipende dalla strumentazione scientifica e tecnologica disponibile. Le tante teorie sviluppate nei millenni dagli uomini di scienza si frantumano sempre di fronte alla prova sperimentale basate su misure rigorose.
Breve introduzione storica
Nel 1600 Galileo Galilei col primo telescopio riuscì a cambiare la nostra visione dell’Universo o Creato aprendoci a mondi e cieli nell’universo infinito circostante allargando la visione del Creato in maniera inconcepibile fino ad allora.
Adesso, con i nuovi sistemi d’indagine dell’ultra piccolo come i microscopi elettronici Sem e altri strumenti avanzati, la visione all’ultra microscopico si è infinitamente estesa. Ora la possibilità di scrutare l’infinitamente piccolo si è allargata a fasce enormi di popolazioni, a causa della disponibilità di computer e altri strumenti avanzati di misurazioni fisiche, chimiche e biologiche.
Per esempio, nell’area di Grottaferrata e Frascati ai Castelli Romani di Roma c’è la sede dell’Amis (Associazione movimento internazionale scienziati), in un antico osservatorio astronomico del 700 di uno dei primi astronomi, Angelo Secchi. Ma, ci sono anche sedi di Università e Centri di Ricerca (Enea, Infn-Lnf) dove sono disponibili e s’impiegano microscopi elettronici di tutti tipi. In questi laboratori, si possono osservare cose una volta riservate solo alle fantasie degli sciamani, agli stregoni ai maghi eccetera. Si possono esplorare degli universi dentro di noi ancora più estesi di quelli dello spazio che ci circonda.
Quando si parla di studiare nanostrutture si considerano grandezze 1.000 volte più piccole di un capello o più. La parola «nanobatterio» è stata introdotta, probabilmente, dal ricercatore Richard J. Morita nel 1988, ma le prime forme di vita nano (i primi nano organismi) sono stati trovati dal geologo Robert Folk della Università di Austin in Texas.
In quel periodo, il geologo texano si trovava in Italia per studiare alcuni tipi di travertini romani formati da un calcare bianco poroso che si trova nelle sorgenti termali, nei laghi e nei fiumi. Questo tipo di travertino era già usato 2000 anni fa dagli antichi romani per tutte le loro meravigliose costruzioni monumentali. Folk vide che alcuni solfobatteri avevano delle particolari proprietà per aggregare la pietra dalle acque termali di Tivoli, vicino a Roma, pregiatissima stazione termale scelta dagli antichi romani.
Nel 1988 il geologo tornò per studiare la sorgente del «Bullicame», vicino a Viterbo. È, il Bullicame, una sorgente sacra antica conosciuta anche da Dante che probabilmente vi si bagnava. Dante la descrive nel canto dell’Inferno: «Pare addirittura che Ercole creò queste Polle termali conficcando delle lance del terreno da cui sarebbe sgorgata questa acqua calcarea bianca termale».
Incuriosito il Folk torna in loco fornito di microscopio elettronico Sem (Scanning Electron Microscope) e riesce a trovare, nel Travertino, queste forme di vita grandi 100 nanometri o più. Si tratta di un elemento vivente cento volte più piccolo di un batterio normale o anche di più. Tale scoperta crea uno sconvolgimento perché, prima di essa, in Biologia non erano considerate viventi le forme di dimensioni più piccole di 02 micron.
Invece, si scoprì che tali (nano) organismi erano molto diffusi nell’inverdimento del rame, nell’arrugginimento del ferro, nelle rocce dolomitiche eccetera.
Si è aperto in sostanza un nano-mondo che adesso, 20 anni dopo, è visto come il futuro presente (vedere in internet «Nostalgia del futuro»… soggetto da film dello scrivente).
Già dagli albori, la Natura aveva sviluppato queste nano-vite che non erano state considerate possibili; una specie di materia oscura.
Così, il mondo scientifico si mette in subbuglio e, addirittura, i ricercatori trovano nano-organismi nei meteoriti marziani. Infatti, pare che siano state trovate nano-forme organizzate, allineate, che appaiono essere un qualcosa di micro-organico.
Poi, molti ricercatori cercano di stabilire quanto piccola può essere la dimensione di vita di una forma vivente.
Un ribosoma è un organello atto alla fabbrica delle proteine in una cellula ed è grande 25-30 nanometri. Così, una cellula per funzionare dovrebbe contenere ribosomi a centinaia. Tuttavia, il limite inferiore della dimensione della vita non è stato ancora ben definito. In diverse occasioni di discussione durante convegni e seminari, alcuni esperti o presunti tali hanno affermato che la dimensione della vita non dovrebbe superare il limite inferiore di 200 nanometri, però forse, ci sono forme primordiali ancora più piccole.
Si deduce che bisogna allargare il concetto scientifico di vita. Sempre intorno agli anni 2000 nei laboratori dell’Infn-Enea di Frascati nei Castelli Romani è stata sperimentata e osservata (Francesco Celani) nel laboratorio 25, la reazione di fusione fredda o Lenr (Low nuclear energy reactions) che dir si voglia, che aveva le caratteristiche di non essere ripetibile in modo sistematico. Comunque, all’inizio di un particolare esperimento, la reazione Fnf si fermò senza alcuna ragione apparente. Dopo poco si avvertì un odore di fermentazione (erano presenti Francesco Celani e Piero Quercia). Si iniziarono quindi tutte le attività di ricerca biologica (Giacomo Dagostaro) necessarie per capire la ragione di quel particolare odore. Dopo opportune ricerche applicate operate dal gruppo, si riuscì ad individuare una nuova forma di vita che, infilandosi nel reticolo, interrompeva la reazione di Fnf. La riflessione diretta condusse all’idea dell’esistenza di un nano-batterio che era capace di sfinarsi e rimpicciolirsi fino a diventare uno spaghetto e, di conseguenza poteva passare attraverso filtri dotati di maglie da cinquanta (50) nanometri addirittura!
Queste forme di vita nuova sono state chiamate (dal gruppo dei ricercatori) Ralstonia de-Tusculanense. Si deduce che la vita primordiale può ingrandirsi, rimpicciolirsi e prendere le forme che più le aggradano per sopravvivere nelle condizioni operative peggiori.
Infatti, anche Secondo il Folk, i nano-fossili rinvenuti nei meteoriti sono tracce di batteri così come lo sono quei fossili rinvenuti da lui al Bullicame di Viterbo. Sono sostanzialmente forme di vita che provengono da spazi lontani dell’Universo; come forse la nostra Ralstonia de-Tusculanense.
Tempo fa all’università del Queensland, indagando su antiche pietre arenarie australiane, alcuni ricercatori-biologi trovarono degli ultra-microbatteri che misuravano solo 20 nanometri e sembravano dei funghi. I ricercatori concepirono e eseguirono l’esperimento di mettere alcuni filamenti di questi ultra-batteri in una capsula Petri, a temperatura ambiente assieme a ossigeno. Molto rapidamente i filamenti si riprodussero dando forma a strutture simili al DNA.
Per Folk la vita si può sviluppare a ogni grandezza e dimensione. Appare chiaro che qualsiasi cosa l’uomo possa fare per distruggere l’ambiente terrestre, anche una guerra termonucleare o saturazione venefica chimica dell’atmosfera, qualche cosa, qualche micro o nano batterio magari sotto terra sarà in grado di sopravvivere! Probabilmente è già accaduto in altri mondi ad esempio nel pianeta Marte. Molti batteri e nano-batteri del tipo la Ralstonia de-Tusculanense sono estremofili, cioè resistono a condizioni incredibili di temperatura, congelamento, radiazioni, alimentazioni venefiche eccetera…
Ora a distanza di una ventina di anni dalle visioni di George Folk, la tecnologia si è molto evoluta migliorandosi: sono stati studiati in modo intenso i batteri estremofili. Con la ricerca scientifica, il biochimico californiano Craig Venter ha tentato di creare batteri partendo da un loro singolo cromosoma sintetizzato artificialmente: ha così dato la stura all’evento dell’inizio di una nuova vita!
Si tratta del Micoplasma genitalium: una delle più semplici cellule eucariotiche/superiori utilizzata da Craig Venter per la creazione di batteri sintetici.
Proprio partendo da un solo cromosoma sintetico che è riuscito a inserire in una cellula elementare molto piccola, Venter ha creato la vita e la ha orientarla alla bisogna voluta.
Uno delle possibili applicazioni potrebbe, per esempio, consistere nell’orientare i nano-organismi che vivono negli oceani e nei mari della Terra.
I cromosomi di questi estremofili hanno delle particolarità incredibili: possono modificarsi, difendersi e, in pratica, nutrirsi di tutti gli elementi anche i più venefici. e/o radioattivi. In particolare, lo studio e l’analisi del batterio Ralstonia de-Tusculanense ha dimostrato al gruppo di ricercatori, che è simile ad un batterio chiamato il «Dio Proteus» poiché è capace di trasformarsi in tutto. Tali microrganismi riescono a scambiarsi informazioni per difendersi mediante plasmidi o piccoli pezzi di DNA.
Sostanzialmente sono immortali perché se sono aggrediti addirittura da un elemento radioattivo, loro imparano a difendersi ad alta efficienza.
Non è noto a tutti come siano andati avanti i programmi del C. Venter per ripulire il pianeta con tali sistemi, ma tutti possono vedere i mari e l’aria che ci circonda ancora molto sporchi.
Si vede che, in qualche modo, l’hanno fermato. D’altra parte in Italia anche i (nostri) batteri non sono stati sviluppati in alcun modo. Nulla di nuovo, purtroppo, in zona dei Castelli Romani!
Un altro fallimento italiano è stato quello di non continuare a finanziare le ricerche del biologo Giovanni Murtas che è stato tra i primi a utilizzare gocce di lipidi autoaggregantisi per creare dal niente o poco più (ciò fa indispettire moltissimo i creazionisti come Antonino Zichichi) addirittura forme di vita primordiali:cellule autoriproducentesi.
In passato, la storia italiana ha osservato la tragedia di Galileo che stava per essere arrestato mentre l’Angelo Secchi, astronomo del 700 di Grottaferrata, probabilmente, si fece monaco proprio per non essere disturbato nelle sue osservazioni del cielo dall’osservatorio Santovetti a Grottaferrata RM.
In seguito si potrà trattare dell’origine della vita sulla terra che, probabilmente, si può ricondurre sempre a queste infinitesimali forme di vita che, viaggiando dallo spazio su meteoriti insieme a un po’ d’acqua, sono precipitate nel fondo degli oceani che bollivano ancora, con enormi vulcani e sorgenti termali che esistono ancora.
Tali elementari forme di vita si sono nutrite di quei pochi metalli e dell’energia termo- radioattiva che circondava e fuorusciva dai vulcani. Insomma, questi piccoli astronauti a bordo di meteore, nebulose, stelle comete o pianeti vagabondi, sono venuti a crearci e a fare eseguire all’Umanità i salti evolutivi fondamentali.
Per esempio, dal tempo del Tyrannosaurus Rex, hanno bombardato la Terra a bordo di giganteschi meteoriti che hanno distrutto l’habitat del Giurassico.
Invece, in pieno Antropocene odierno, l’uomo sta adoperandosi a inquinare il pianeta, e alla fine, sarà permessa la sopravvivenza solo a piccoli mammiferi tipo criceti, più adattabili e meno energivori degli umani (che si estingueranno come gli antichi giganteschi diplodochi).
Forse, dopo la prima catastrofe inquinamento/Climatica, ci sopravviveranno solo topi e gabbiani e dopo la seconda o la terza: solo batteri estremofili risalenti all’origine del pianeta.
Questi ultimi si potranno sviluppare di nuovo in esseri superiori simil-umani, che, magari,di nuovo, risulteranno in seguito, molto più distruttivi dei giganti del Giurassico.
Chissà quante volte nell’universo in pianeti sperduti, fecondati dagli Audax Viator organici,si sono ripetuti questi cicli drammatici…
Come mai si è verificato il fenomeno della stella cometa sui cieli sulla capanna di Betlemme? il passaggio di una cometa di Halley è stato solo un segnale riferimento storico astronomico? Oppure è stato un salto evolutivo nano-informazionale, visto che veicolava informazione organica, e ha creato dallo spazio profondo, individui superiori che hanno profeticamente cambiato lo sviluppo della Terra, donandole salti evolutivi scientifico-religiosi.
La riflessione, forse audace, ma forse supportata e sostanziata da alcune delle evidenze elencate, conduce a chiedersi se queste «impronte» corredate di specifiche frequenze elettromagnetiche, e quindi associate a nano-organismi (che sono diventati poi i nano fossili) provengono dall’origine dell’Universo: dai primi Big Bang o fenomeni precedenti? (Vedi Fig. 2) La vita si può sviluppare veramente da peculiari filamenti microscopici di una pietra, magari un meteorite con batteri o spore dormienti da milioni di anni? In altri termini, il DNA può viaggiare come informazione elettro-magnetica tra gli Universi?
Non è veramente tutto comprovato, secondo le leggi fisico-chimico-biologiche note! Però, la teoria del nano-informazionismo spaziale a cavallo tra il creazionismo e l’evoluzionismo antico, rimane affascinante e, per ora, basata su moltissime evidenze sperimentali in particolare il viaggio spaziale (Audax Viator di memoria Romana e Julius Verne) delle molecole pre/DNA batteriche e/o della resurrezione dei microrganismi fossili dormienti dopo milioni di anni…
Se questi microrganismi hanno origine spaziale e quindi aliena, il paradosso di Fermi è risolto. Non è l’uomo bell’e pronto, né la sua versione evoluta e avanzata ad avere viaggiato nello spazio per giungere sulla Terra, ma semplicemente, i nano-batteri informatizzati che hanno raggiunto la Terra e, dopo miliardi di anni, si sono evoluti in animali vari, tra cui l’Uomo. E ogni tante migliaia di anni rifecondano i pianeti e la Terra e li fanno evolvere con salti evolutivi.
Come già anticipato da Carl Sagan e Fred Hoyle, noi non siamo solo terreni, ma siamo colonie (nel nostro corpo albergano milioni di batteri anche estremofili…) individuali spaziali; insomma siamo noi anche alieni: talvolta molto più dannosi di quelli che potrebbero provenire dalle galassie più lontane dello spazio profondo…
Potremo in futuro divenire immortali e resistenti come questi microorganismi? speriamo, però, non cosi brutti!
Piero Quercia, Presidente Amis
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