Brasile, operazione per salvare gli ultimi Kawahiva

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Gli ultimi Kawahiva sono costretti a vivere in fuga da taglialegna armati e potenti allevatori (immagini da un incontro fortuito con funzionari governativi nel 2015). © FUNAI
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Proteggere efficacemente la loro terra è l’unico modo per garantire che venga rispettato il loro diritto a decidere di non entrare in contatto con il mondo esterno. Ma il neoeletto Presidente Bolsonaro si è impegnato a non proteggere nessun altro territorio indigeno e gli attivisti temono che, se la riserva dei Kawahiva non sarà completamente protetta prima che lui entri in carica, il processo di demarcazione non sarà mai completato

Le autorità brasiliane hanno completato una rara operazione sul campo per proteggere i Kawahiva incontattati dai violenti allevatori nello stato del Mato Grosso, la regione dell’Amazzonia con il più alto tasso di deforestazione illegale del paese.

Tuttavia, se le fasi del processo di protezione della terra della tribù non saranno completate tutte al più presto, è possibile che il territorio non sarà mai messo in sicurezza.

Per sfrattare gli allevatori illegali, molti dei quali sono armati, dal territorio indigeno dei Kawahiva, conosciuto come Rio Pardo, sono stati inviati agenti del Dipartimento agli Affari Indigeni del Brasile (Funai), funzionari speciali del ministero dell’Ambiente e poliziotti.

L’operazione è avvenuta tra il 7 e il 14 dicembre; i dettagli sono stati diffusi ieri dal Funai.

Il territorio dei Kawahiva si trova vicino alla città di Colniza, una delle aree più violente del Brasile. Il 90% del reddito di Colniza proviene dal taglio illegale del legno. I Kawahiva sono cacciatori-raccoglitori nomadi, costretti a vivere in fuga per salvarsi dalle invasioni della loro foresta.

Gli ultimi membri della tribù sono i sopravvissuti alla violenza genocida degli invasori che volevano sfruttare le risorse naturali dell’area. È probabile che la tribù eviti il contatto con la società dominante proprio a causa di questi attacchi e per paura delle malattie importate dall’esterno. Proteggere efficacemente la loro terra è l’unico modo per garantire che venga rispettato il loro diritto a decidere di non entrare in contatto con il mondo esterno.

Ma il neoeletto Presidente Bolsonaro si è impegnato a non proteggere nessun altro territorio indigeno e gli attivisti temono che, se la riserva dei Kawahiva non sarà completamente protetta prima che lui entri in carica, il processo di demarcazione non sarà mai completato.
I Kawahiva sono diventati noti nell’ottobre 2015, quando Survival International diffuse il filmato di un incontro fortuito con alcuni membri della tribù ripreso dal Funai, immagini che ancora oggi rimangono alcune delle più sorprendenti mai registrate di un popolo incontattato.

Il processo per rendere sicura la loro terra iniziò qualche anno fa con la conferma dell’esistenza dei Kawahiva: il governò cominciò a mappare il territorio per destinarlo a loro uso esclusivo, come previsto dalla legge nazionale e internazionale. Tuttavia, presto il processo di arenò lasciando i Kawahiva esposti al genocidio e all’estinzione.

Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni, lanciò quindi una campagna internazionale per avviare il processo di demarcazione del territorio. Grazie al sostegno del Premio Oscar Mark Rylance e di sostenitori in oltre 100 paesi, il 19 aprile 2016 il ministro Eugênio Aragão firmò il decreto iniziale per tramutare in legge la creazione del territorio protetto della tribù.

Negli anni successivi, i consiglieri di Colniza hanno fatto pressione sul ministro della Giustizia per ridurre drasticamente l’estensione del territorio indigeno di Rio Pardo, e permettere così l’arrivo di nuovi taglialegna, allevatori e coltivatori di soia. Ma ora, a due anni dalla firma del decreto, le autorità hanno finalmente sfrattato gli invasori, anche a seguito dell’ondata di sollecitazioni coordinata da Survival.

Jair Candor è a capo della squadra del Funai che, sostenuta dai pubblici ministeri e da altri, sta lavorando per proteggere il territorio dei Kawahiva. «Sono molto felice, è un sogno. Abbiamo lavorato tanto e stiamo finalmente raccogliendo i frutti… — ha dichiarato a Survival —. È importante che le persone sappiano che non siamo gli unici esseri umani su questo pianeta, ci sono anche i Kawahiva e altre tribù incontattate là, nelle loro foreste. Dobbiamo proteggere le loro foreste. È l’unico modo per permettergli di sopravvivere».

«Questa operazione dimostra che le campagne di mobilitazione dell’opinione pubblica possono fare una reale differenza nella lotta per fermare il genocidio dei popoli incontattati — ha dichiarato il Direttore generale di Survival International, Stephen Corry —. Il recente video dell’ultimo della sua Tribù, l’ultimo sopravvissuto di un intero popolo, mostra quali terribili conseguenze possono avere i genocidi. Negli ultimi decenni i Kawahiva hanno sopportato traumi spaventosi, ma alcuni di loro sopravvivono. Siamo determinati a impedire che vadano incontro allo stesso destino che molti popoli indigeni hanno già subito in passato. Se la loro terra sarà protetta possono prosperare, come i Sentinelesi nelle isole Andamane. Avranno bisogno di tutto il sostegno possibile perché sia ultimato l’iter legislativo per la protezione della loro terra».

(Fonte Survival International)