La dieta che fa bene anche al Pianeta

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Uno studio mostra che la riduzione del consumo di carne ridimensionerebbe il cambiamento climatico e la deforestazione, e allo stesso preverrebbe la morte di milioni di persone a causa della futura carenza di cibo

Per salvare il nostro pianeta da futuri disastri ambientali è necessario mangiare l’80% in meno di carne rossa, ridurre prodotti caseari e zuccherati, e raddoppiare i consumi di frutta, verdura e legumi. È quanto emerso da un recente studio pubblicato dalla Commissione Eat-Lancet di Londra, start-up non-profit dedicata alla scienza per la trasformazione del sistema alimentare.

Lo studio, pubblicato sull’ultimo numero della rivista medica «The Lancet», ha riunito 37 esperti specializzati in salute, nutrizione, sostenibilità ambientale, economia e politica provenienti da 16 Paesi per osservare come si possa raggiungere un equilibrio tra rispetto dell’ambiente e giusta nutrizione, definibile tramite una dieta che tiene conto della salute del pianeta.

«Abbiamo bisogno di un cambiamento significativo che deve avvenire modificando il sistema alimentare globale in modi appropriati alle circostanze di ogni Paese», ha dichiarato il professore dell’Università di Londra Tim Lang, uno degli autori dello studio.

Nonostante gli attivisti abbiano già richiesto da tempo un aumento delle tasse sulla carne per salvare vite umane, la Commissione Eat-Lancet è la prima a proporre una dieta anche per motivi ambientali.

La soluzione, basata su tre anni di modellizzazione statistica, è una dieta costituita da circa il 35% delle calorie ottenute da cereali integrali, tuberi e proteine principalmente derivate da piante. La dieta verrebbe comunque definita in base al fabbisogno e alla cultura locale, ma richiederebbe che la carne diventi un trattamento settimanale o quindicinale piuttosto che un alimento quotidiano.

Cosa permette la dieta?

7 g di carne rossa al giorno
500 g di frutta e verdura
29 g di pollame al giorno
28 g di pesce al giorno
1,5 uova a settimana

Questa dieta, secondo lo studio, porterebbe ad una produzione alimentare sostenibile che ridurrebbe i terreni destinati all’agricoltura e all’allevamento di bestiame, evitando così la distruzione delle foreste pluviali.

Il professor Johan Rockstrom, dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico in Germania, che ha co-guidato la commissione, ha affermato che ciò richiederebbe una «nuova rivoluzione agricola globale».

Qualora questa linea venisse seguita, in particolar modo dai Paesi sviluppati, potrebbe ridurre al minimo gli effetti dannosi del cambiamento climatico, la deforestazione e la perdita di specie animali e vegetali evitando, al contempo, 11 milioni di morti premature all’anno, riducendole fino al 23,6%. Inoltre, migliorerebbe l’assunzione di nutrienti sani, come grassi non saturi, minerali e vitamine, riducendo il consumo di alimenti potenzialmente nocivi.

Gli autori dello studio suggeriscono che a supporto di questa dieta vi debbano essere politiche che migliorino la disponibilità di cibo sano da fonti sostenibili, limitando la pubblicità di cibi malsani e promuovendo campagne educative. Il cibo sano dovrebbe anche essere più accessibile; pertanto, potrebbe essere necessaria una protezione sociale per i gruppi a basso reddito. Ciò, in aggiunta ad una efficace amministrazione dell’uso della terra e degli oceani, necessaria per preservare gli ecosistemi naturali e mantenere gli approvvigionamenti alimentari.

Rockstrom ha dichiarato che attualmente «non esiste metodo certificato per combattere le pratiche dannose di produzione alimentare, ma definendo e quantificando uno spazio operativo sicuro per i sistemi alimentari, si possono identificare diete che alimenteranno la salute umana e sosterranno la sostenibilità ambientale».

Cristina Di Leva