Quel tsunami che distrusse il porto di Napoli e Amalfi

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vulcano stromboli sicilia
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Tra il 1343 e il 1456 l’Isola di Stromboli è stata la sorgente di tre grandi tsunami, prodotti da un cedimento del fianco nord-occidentale del vulcano. Petrarca testimone eccellente. È quanto emerge da uno studio interdisciplinare a cui ha partecipato l’Ingv, l’Università di Pisa, Modena-Reggio Emilia e di Urbino, il Cnr, la City University e l’American Numismatic Society di New York

fig1 Stromboli
Figura 1 – (A) L’isola di Stromboli. Il rettangolo rosso indica la zona studiata. Nell’inserto è mostrata la posizione di Stromboli nel Tirreno Meridionale. (B) Veduta aerea dell’isola presa da nord (immagine di Google Earth) con la posizione delle trincee stratigrafiche scavate per la ricerca dei depositi di tsunami e del sito archeologico di San Vincenzo. (C) Dettaglio dell’area vicino alla costa, con posizione delle trincee (Dati mappa: Sio, Noaa, Us Navy, Nga, Gebco, TerraMetrics, © 2018 Google).

Abstract

Large-scale landslides at volcanic islands are one of the most dangerous geological phenomena, able to generate tsunamis whose effects can propagate far from the source. However, related deposits are scarcely preserved on-land in the geologic records, and are often difficult to be interpreted. Here we show the discovery of three unprecedented well-preserved tsunami deposits related to repeated flank collapses of the volcanic island of Stromboli (Southern Italy) occurred during the Late Middle Ages. Based on carbon datings, on stratigraphic, volcanological and archaeological evidence, we link the oldest, highest-magnitude investigated tsunami to the following rapid abandonment of the island which was inhabited at that time, contrary than previously thought. The destructive power of this event is also possibly related to a huge marine storm that devastated the ports of Naples in 1343 (200 km north of Stromboli) described by the famous writer Petrarch. The portrayed devastation can be potentially attributed to the arrival of multiple tsunami waves generated by a major landslide in Stromboli island, confirming the hypothetical hazard of these phenomena at a regional scale.

 

fig2 Stromboli
Figura 2 – Immagini delle trincee stratigrafiche localizzate in Figura 1 (A) Trincea 3, (B) Trincea 2, e (C) Trincea 1. I depositi di tsunami sono indicati con le sigle LTD (tsunami inferiore, 1343 d.C.; ITD tsunami intermedio 1392 d.C. e UTD 1456 d.C. ). Con la sigla T1 e T2 sono indicati i depositi di eruzioni parossistiche avvenute rispettivamente prima e dopo lo tsunami. (D) dettaglio del deposito di tsunami Superiore (UTd) e del deposito T2. L’attrezzo per la scala è 30 cm di lunghezza, l’euro in (A) è 23,25 mm. La freccia rossa in (A) indica un frammento di ceramica.

Un cedimento del fianco nord-occidentale del vulcano Stromboli, nell’arcipelago delle Eolie, sarebbe la causa dei tre maremoti che hanno raggiunto le coste della Campania tra il 1343 e il 1456.

A dirlo, lo studio Geoarchaeological Evidence of Middle-Age Tsunamis at Stromboli and Consequences for the Tsunami Hazard in the Southern Tyrrhenian Sea, recentemente pubblicato su «Scientific Reports», a cui hanno partecipato l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, le Università italiane di Modena-Reggio Emilia e di Urbino, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), la City University e l’American Numismatic Society di New York.

«L’identificazione di Stromboli come la sorgente dei maremoti avvenuti nel 1343, nel 1392 e il 5 dicembre 1456 — spiega Antonella Bertagnini, vulcanologa dell’Ingv di Pisa e co-autrice del lavoro — è stata possibile grazie ad un lavoro interdisciplinare che ha messo in campo competenze vulcanologiche e archeologiche. Era noto che l’isola di Stromboli fosse capace di produrre tsunami di piccola scala (analoghi a quello osservato il 30 dicembre 2002) — prosegue l’esperta — questo lavoro porta però alla luce, per la prima volta, la capacità del vulcano di produrre, anche in tempi relativamente recenti, tsunami di scala nettamente superiore e potenzialmente in grado di raggiungere aree costiere anche molto distanti».

Il principale dei tre eventi, avvenuto nel 1343, sarebbe la causa della distruzione dei porti di Napoli e di Amalfi, di cui fu testimone oculare d’eccezione il poeta Francesco Petrarca. Lo scrittore si trovava in missione come ambasciatore inviato nella città partenopea da Papa Clemente VI e raccontò l’accaduto in una lettera, descrivendo il maremoto come una misteriosa quanto violenta tempesta marina avvenuta il 25 novembre di quell’anno e che aveva causato l’affondamento di numerose navi nel porto di Napoli.

«Incrociando metodologie, tecniche e competenze diverse — prosegue Bertagnini — lo studio ha permesso anche di rivelare come nella prima metà del 1300 l’isola di Stromboli fosse abitata e rivestisse un ruolo importante come snodo del traffico navale dei crociati provenienti dalle coste italiane, spagnole e greche. A seguito dei crolli responsabili della generazione delle onde di tsunami e di una contemporanea e particolarmente intensa attività eruttiva del vulcano, l’isola fu abbandonata a partire dalla metà del 1300 e fino alla fine del 1600, quando iniziò il suo ripopolamento. La scoperta conferma, quindi, il pericolo da tsunami generato da Stromboli nel Tirreno Meridionale, sebbene una sua precisa quantificazione richieda ulteriori studi mirati al riconoscimento e alla caratterizzazione di questo fenomeno su un periodo temporale più esteso».

La ricerca pubblicata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile.

(Fonte Ingv)