Perché sono cambiate le abitudini dell’orso marsicano. Cosa si può fare per sconfiggere luoghi comuni e disinformazione. Gli ultimi casi di cronaca
Le vicende dei poveri Orsi che hanno la ventura di vivere nel Bel Paese non cessano di stupire e di riempire la cronaca. Uniche per originalità, ineguagliabili per le telenovele che alimentano. Creando problemi veri o immaginari, ma senza che mai si arrivi a soluzioni chiare, soddisfacenti, definitive.
Il Gruppo Orso viene quindi da più parti sollecitato a far sentire la propria voce, e certo non si sottrarrà a tale compito. Affrontando prima il caso dell’Orso marsicano, e poi quello del Trentino. Per analizzare la situazione, abbiamo interpellato l’esperta Larissa Bergman, che da anni segue le problematiche degli Orsi a livello internazionale, e conosce molto bene la situazione italiana.
Ha suscitato sensazione l’ennesimo «incontro ravvicinato» tra madre e figlia con un plantigrado, avvenuto a Ortucchio, in Abruzzo, all’inizio di febbraio. Come mai questi animali, un tempo schivi e quasi invisibili, continuano sempre più a inurbarsi? Si tratta di mancanza di cibo, o le ragioni potrebbero essere altre?
«Le vere cause – risponde Larissa Bergman – sono note, ma continuano a essere taciute per ragioni incomprensibili. Tutto iniziò una ventina di anni fa, quando alcuni ricercatori, all’insaputa del Parco, collocarono esche olfattive e alimentari per attrarre gli Orsi, e censirli anche geneticamente. Usarono resti di pollame nutrito con scarti di pescheria, che il bestione apprezza molto, e fiuta anche a notevole distanza. Da allora il suo comportamento è degenerato sempre più, è diventato sempre più “paesano” e invadente, spingendosi, come mai avvenuto prima, nei villaggi e nei pollai, e addirittura entrando nelle vicine abitazioni. Da qui spavento comprensibile e danni continui, ma anche reazioni senza senso. Molti di questi Orsi sono stati uccisi, qualcun altro catturato, ma nessuno ha saputo invertire la tendenza, per porre rimedio al grave problema. Che, non dimentichiamolo, non è imputabile all’animale (impropriamente definito “confidente” o “problematico”), ma colpa esclusiva dell’uomo (il quale lo ha reso, per proprio tornaconto e con ricerche invasive, “viziato” e “deviato”)».
Sarebbe ancora possibile risolvere questa situazione tanto critica e rischiosa?
«Certamente – continua l’esperta – ma occorrerebbero esperienza e capacità che oggi non si vedono. Si assiste piuttosto a metodi dissuasivi inefficaci, controproducenti, o addirittura pericolosi… Ricordiamo che, negli anni Novanta, una ben diversa gestione allontanava gli Orsi dalle località a rischio, come i frutteti alle porte dei villaggi, offrendo loro abbondante cibo in luoghi remoti, evitando così attraversamenti di strade, zone esposte e troppo abitate. Soprattutto in autunno, prima del sonno invernale, gli Orsi hanno bisogno di nutrirsi molto, ma senza spostarsi troppo, per evitare eccessivo dispendio energetico. Il Parco, all’epoca, depositava cibo abbondante in luoghi segreti in quota, con l’elicottero, senza lasciare piste o tracce individuabili dai bracconieri. Era l’Operazione “In bocca all’Orso”, dedicata soprattutto alle femmine con cuccioli, ed ebbe molto successo…».
Siamo allora ormai finiti in un vicolo senza uscita?
«Indubbiamente – conferma Larissa Bergman – se l’orchestra rumorosa dei falsi profeti ursini che oggi impera non cambia musica, non avremo che guasti. Davvero incomprensibile, a livello internazionale, è il totale silenzio sulle cause del’insolito fenomeno: reticenza assoluta, come se qualcuno avesse imposto il divieto di parlare. Nessuno racconta, anche se tutti lo sanno, chi abbia provocato questa deviazione, non vengono valutati gli enormi danni prodotti, ma si continuano a fare riunioni di chiacchiere, sperperando decine di milioni di Euro di fondi europei senza alcun risultato. E qualcuno avanza addirittura la demenziale ipotesi di importare individui ursini dalle Alpi, o dalla Balcania, divorando altro danaro, e “imbastardendo” così il prezioso Orso marsicano. Occorrerebbe una seria indagine, o inchiesta parlamentare, ma ci si guarda bene dal disporla. Non dimentichiamo che questa è l’Italia della “notte della Repubblica”, dove la Verità viene sepolta, e nessuno vuole scavare. Anzi, c’è il serio pericolo che le chiavi del Parco più antico, famoso e importante d’Italia restino ancora per molto strette nelle mani di coloro, che lo hanno drammaticamente scarnificato e immiserito».
Franco Tassi, Centro Parchi internazionale