Quando ancora non c’è abbastanza luce perché il fitoplancton possa crescere negli oceani, la popolazione di alghe residenti sul ghiaccio marino rappresenta l’unica fonte di cibo per il resto della catena alimentare di tutto il mar Glaciale Artico
Il mar Glaciale Artico rappresenta appena il 3% dell’oceano globale, ma è responsabile dell’assorbimento del 14% di carbonio dell’oceano globale. Questo lo rende un importante serbatoio per l’accumulo dell’anidride carbonica atmosferica.
Negli ultimi decenni il ghiaccio marino nell’Artico si è drasticamente ridotto, causando possibili alterazioni del ciclo del carbonio e conseguenze ancora in gran parte sconosciute. In uno studio pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista «Science Advances», Letizia Tedesco, senior researcher presso il Marine Research Centre of the Finnish Environment Institute di Helsinki (Finlandia), Marcello Vichi, Professore Associato del Dipartimento di Oceanografia dell’Università di Città del Capo (Sud Africa) ed Enrico Scoccimarro, senior researcher della Fondazione Cmcc – Divisione Csp – Climate Simulation and Prediction di Bologna, hanno analizzato come le variazioni previste di neve e ghiaccio marino possano influenzare la produzione primaria delle alghe che popolano la cosiddetta zona simpagica, quella zona che si trova cioè in prossimità del ghiaccio marino.
I ricercatori si sono avvalsi in particolare di un modello biogeochimico per descrivere le dinamiche delle alghe, combinato con i risultati di un insieme di modelli climatici a partire da uno scenario di cambiamento climatico che non preveda strategie di mitigazione (business as usual scenario RCP8.5).
«La riduzione del ghiaccio marino nell’Artico è una delle manifestazioni più evidenti del cambiamento climatico in atto, e sta avvenendo prima di aver avuto la possibilità di capirne a fondo le relative conseguenze ecologiche — spiega Enrico Scoccimarro —. In questo lavoro di modellistica, frutto della collaborazione tra il Finnish Environment Institute, l’Università di Città del Capo e la Fondazione Cmcc, abbiamo evidenziato come, in condizioni future di clima più caldo, le variazioni di produzione primaria della popolazione algale residente sul ghiaccio marino, non vari linearmente con la latitudine, ma risponda diversamente alle diverse latitudini, dal momento che il fattore dominante, responsabile di tali variazioni, cambia in base alla latitudine stessa».
Il fitoplancton è costituito da alghe microscopiche che si muovono negli oceani trasportate dalle correnti. Come le piante, il fitoplancton è costituito da produttori primari, organismi che producono ossigeno a partire dall’anidride carbonica, ed è alla base di tutta la catena alimentare marina: è la principale fonte di cibo per lo zooplancton, a sua volta alla base della dieta di animali di maggiori dimensioni, come pesci e uccelli marini, per arrivare ai grandi mammiferi marini al vertice della rete alimentare, foche, balene e orsi polari. Organismi di piccolissime dimensioni, nemmeno visibili a occhio nudo, rivestono un ruolo cruciale nella vita degli oceani, e in generale per la vita sulla Terra, dal momento che producono la metà dell’ossigeno totale del pianeta. Senza di loro, i livelli di anidride carbonica in atmosfera sarebbero più del doppio di quelli attuali.
Esiste una particolare popolazione di alghe che vivono sul ghiaccio marino stagionale e pluriannuale. Come gli altri organismi del fitoplancton, anche queste alghe sono produttori primari, ma vivono nei canali e nelle cavità del ghiaccio marino. Il loro ruolo nella catena alimentare marina del Mar Glaciale Artico è fondamentale.
Sono infatti organismi perfettamente adattati all’ambiente estremo in cui vivono e sono i primi a crescere e svilupparsi durante la primavera artica, anticipando gli altri organismi del fitoplancton ed estendendo quindi la stagione di produzione primaria in questa regione. Quando ancora non c’è abbastanza luce perché il fitoplancton possa crescere negli oceani, la popolazione di alghe residenti sul ghiaccio marino rappresenta quindi l’unica fonte di cibo per il resto della catena alimentare di tutto il mar Glaciale Artico.
Utilizzando i risultati dei modelli alla più alta risoluzione temporale disponibile, e confrontando i due periodi temporali 1961-2005 e 2061-2100, gli autori hanno individuato un trend di variazioni lineari lungo la latitudine, per fenomeni fisici, come l’assottigliamento e la riduzione di neve e ghiaccio, o l’accorciamento della stagione del ghiaccio. In particolare, lo studio ha evidenziato una preoccupante riduzione del ghiaccio marino stagionale al di sotto dei 70°N e uno straordinario aumento dell’estensione del ghiaccio marino stagionale a spese del ghiaccio pluriannuale al di sopra dei 70°N.
I ricercatori si sono chiesti allora se i fenomeni di scioglimento precoce fossero anche associati a fioriture algali anticipate, e se variazioni dell’estensione del ghiaccio marino stagionale sarebbero state seguite da una perdita/crescita di tale habitat.
Come spesso si osserva in natura, gli autori hanno osservato una risposta alquanto più complessa, non lineare, da parte delle alghe che vivono sul ghiaccio marino.
«Alle basse latitudini (al di sotto dei 66°N) — spiega Enrico Scoccimarro — domina la riduzione dello spessore di neve nel fornire più luce e favorire la crescita delle alghe; alle medie latitudini (66°N–74°N) la variazione in termini di produzione primaria è negativa ma non pronunciata, perché viene anticipato sia il periodo di crescita sia il periodo di scioglimento del ghiaccio; alle alte latitudini (oltre i 74°N) domina lo spostamento della crescita algale dall’autunno verso l’estate, un periodo più favorevole in termini di luce disponibile. Questo comporta un aumento significativo della produzione primaria a queste latitudini. In generale ci aspettiamo un aumento della produzione primaria relativa alle alghe che si sviluppano sul ghiaccio marino di circa il 50% alla fine del secolo rispetto al recente passato».
Questi risultati indicano che gli impatti dovuti alla riduzione del ghiaccio marino nell’Artico sulla produzione primaria delle popolazioni algali che risiedono in questo ambiente saranno ingenti e complessi, così come le ripercussioni sul resto della catena alimentare. In particolare, possiamo aspettarci le maggiori variazioni temporali alle basse latitudini, dove si prevedono fioriture algali in anticipo, mentre le maggiori variazioni nell’abbondanza sono previste alle alte latitudini, dove è previsto il più grande incremento della biomassa.
Dal momento che la rete alimentare marina nell’Artico è corta, scarsamente diversificata e determinata a livello stagionale da limitate quantità di energia, queste variazioni attese possono potenzialmente influenzare negativamente anche i livelli trofici più alti, dall’abbondanza degli stock ittici alla disponibilità di cibo per balene, foche e orsi polari, mettendo a rischio la sopravvivenza di alcuni super-predatori endemici (e particolarmente dipendenti dal ghiaccio marino) al vertice della catena alimentare.
La Fondazione Cmcc ha direttamente contribuito allo studio, fornendo inoltre i forzanti fisici utilizzati per le simulazioni di scenario effettuate con il modello biogeochimico. Cmcc-Cm e Cmcc-Cms, due modelli sviluppati dal Cmcc e menzionati nello studio, hanno partecipato al progetto Cmip5 (Fifth Coupled Model Intercomparison Project), i cui risultati sono stati alla base del Quinto Rapporto di Valutazione Ipcc (AR5). Il Cmcc è ora attivo nello svolgimento delle simulazioni di scenario per il prossimo Cmip6 (tramite il modello Cmcc-Cm2) utili alla stesura del prossimo rapporto Ipcc (AR6).
(Fonte Cmcc)