Lo sviluppo sostenibile passa dalle allergie

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Direttamente coinvolto il nostro stile di vita. Tossicologia a parte, con gli altri chiari segni di patologie allergiche immunomediate, di facile identificazione e gestione, restano le zone grigie delle cosiddette pseudoallergie (la principessa delle quali è la celiachia o intolleranza al glutine), e le intolleranze a tutto di più, di cui la punta dell’Iceberg è rappresentata dalle MSC (Multi Sensibilità Chimiche), di cui poco è chiaro, se non che le reazioni avverse ai farmaci mietono solo negli Usa centomila morti con 5 milioni di reazioni avverse di cui la metà gravi

La ondata ambientalista alle elezioni europee, indica il livello di allarme sociale per le condizioni del clima (il discusso climatic change) e per lo stato dell’inquinamento atmosferico e delle acque che minacciano la salute pubblica e di vasti settori della popolazione sempre più sensibilizzata e sofferente ad allergie, intolleranze multisensibilità, ecc.

Un recente studio del Gruppo di Berevzosky mostra come tra una città europea come Kiev e le aree montane del Kirgikistan nell’Asia Centrale, lontane dai processi antropici di inquinamento, ci sia un rapporto di 1 a 100 per patologie respiratorie dell’infanzia .

Dati simili anche se non così eclatanti vengono dagli studi di Hassan Razzouk e colleghi nel confronto tra Parigi, Bruxelles, Marsiglia e Briançon sulle Alpi francesi, che sono stati alla base dei programmi di soggiorno climatico continuato per molti bambini che negli ultimi decenni hanno frequentato le scuole e il liceo climatico di Briançon, e di molti malati di Bronchiti croniche e asma severo (da viaggiare con la bombola di ossigeno al seguito) che dal clima di Briançon hanno tratto rapido beneficio con il trasferimento di molti malati dove hanno potuto convivere meglio con la loro malattia cronica invalidante.

Rilanciare i vecchi centri di climatoterapia (che furono uno dei capisaldi della cura del tempo contro la tubercolosi come viene ricordato da Thomas Mann nella Montagna Incantata di Davos) è una delle possibili misure per affrontare l’emergenza allergico asmatica che colpisce settori importanti dell’infanzia e degli adulti alle prese con malattie respiratorie che ne compromettono la qualità della vita e a volte la stessa vita.

Sui Carpazi ucraini sempre il prof. Berevzosky ha osservato alcuni risultati in linea con la tradizione climatoterapica preantibiotica, che sembra attuale ancora oggi nell’epoca dell’antibiotico resistenza, anche alla tubercolosi, che fu smantellata dalla streptomicina. Alcuni casi di tubercolosi resistente agli antibiotici sono stati guariti con soggiorni climatoterapici nei Carpazi, e ciò non è una sorpresa tenendo conto che fino a qualche decennio fa c’era solo la climatoterapia e poco altro contro la tubercolosi.

Osservazioni non pubblicate, ma che ci indicano una nuova possibilità di contrasto alle infezioni resistenti agli antibiotici, non solo nel caso della tubercolosi, che potrebbero prevedere un ruolo di soggiorni climatici in climi favorevoli di tipo montano rilanciando le strutture sanitarie sul modello Les Acacias di Briançon, vecchio sanatorio trasformato in una moderna clinica privata convenzionata, senza dimenticare il clima marino anche esso di interesse per patologie respiratorie come emerge dalle ricerche del centro di climatoterapia croato guidato da Renata Zugic.

Una strutturazione moderna dell’antica climatoterapia con un programma di ricerche europeo che valuti le vecchie e nuove zone climatoterapiche aggiornando indicazioni e controndicazioni, alla luce delle nuove patologie da inquinamento urbano delle allergie, delle malattie respiratorie, appare essere una delle misure immediate per una gestione di malattie che logorano la qualità e l’efficienza di bambini e adulti soffocati dall’inquinamento urbano.

Soggiorni estivi e invernali turistici terapeutici da un lato, ampliando la vocazione turistica di luoghi montani e marini in particolare, sviluppando un accoglienza sistemica a lungo termine per quei bambini e adulti che mal sopportano le pressioni dell’inquinamento urbano e necessitano di aria pura e terapeutica per crescere bene e vivere la terza età in modo sopportabile.

Il modello di Briançon appare estendibile a molte località e una Scuola internazionale di Climatoterapia per formare il personale medico e sanitario in generale è in programma a valle dell’incontro di Saratov, per dotare di personale specializzato i centri che vanno rinascendo in Europa, dal triangolo montano dei Balcani (Macedonia Kossovo Albania, alle Alpi, dall’Appennino ai Pirinei, dai Carpazi a tutti i mari dove la tradizione climatoterapica è attiva o deve riprendere vigore, dalla Crimea alla Sicilia, dall’Adriatico al Tirreno, che possono vivere non solo qualche mese all’anno di turismo di massa , ma dodici mesi all’anno di turismo terapeutico e di nuovi Ospedali Marini che affianchino le cure moderne con la climatoterapia.

Nel mentre le città con Pronto Soccorso e Ospedali possono sgonfiarsi di malati cronici che sono inevitabilmente strangolati da un ambiente inquinato a cui non riescono a resistere, con danni individuali e costi sociali sempre più gravosi e insostenibili, un grande piano di riequilibrio tra aree urbane e aree marine e montane è realistico, che, nell’epoca di Internet e della connessione globale, può rilanciare qualità della vita e efficienza produttiva di buona parte della popolazione cronicizzata, che non riesce a trovare equilibri attivi nelle grandi città.

Questo appare un programma a breve medio termine che va consolidato sul piano della formalizzazione scientifica della climatoterapia moderna, ma che può logicamente essere avviato sulla base di dati epidemiologici e storici oltre che della logica dei numeri rappresentata in apertura di questa nota.

Per quanto riguarda i processi di modernizzazione dell’apparato industriale ed energetico per ridurre l’impatto ambientale, è facile a dirsi meno facile a farsi come le querelle sull’Ilva, i termovalorizzatori, il traffico e le tante rose della modernità ci dicono con le loro spine spesso avvelenate.

Tossicologia a parte, con gli altri chiari segni di patologie allergiche immunomediate, di facile identificazione e gestione, restano le zone grigie delle cosiddette pseudoallergie (la principessa delle quali è la celiachia o intolleranza al glutine), e le intolleranze a tutto di più, di cui la punta dell’Iceberg è rappresentata dalle MSC (Multi Sensibilità Chimiche), di cui poco è chiaro, se non che le reazioni avverse ai farmaci mietono solo negli Usa centomila morti con 5 milioni di reazioni avverse di cui la metà gravi.

L’identificazione di questi fattori di intolleranza se è facile nei farmaci (molecole semplici ben studiate a livello chimico) è molto più complessa in un vino, un alimento, un frutto, un prodotto cosmetico, dove tra centinaia di molecole componenti, non è facile identificare il fattore di intolleranza come ad esempio avviene per il glutine nella celiachia, che tra l’altro appare in grado di dare fastidio ai celiaci anche solo con il segnale che resta memorizzato nel metallo delle pentole che non possono essere usate nella preparazione dei cibi per celiaci.

Come si può dedurre una complessità non lineare che sfugge agli abituali controlli immunologici e ai dosaggi dei fattori di tossicità di uso corrente e che ci richiama ad una analisi del segnale molecolare attivo capace di scatenare reazioni biologiche e immunologiche importanti che necessitano di altre ricerche fondamentali chimico quantistiche, che richiedono sofisticati laboratori e lo sviluppo di modelli fisico chimico matematici superiori, a cui stanno lavorando i teorici di Boston guidati da Allan Widom e di Mosca guidati da Edward Trukan.

Se ne parlerà anche a settembre in Crimea alla XIII Conferenza Cosmos and Biospera dedicata ai 50 anni della Scuola di Magnetobiologia.

Durante la conferenza saranno assegnati ai migliori lavori l’Award Benveniste.

Benveniste che documentò in laboratorio quanto è evidente nelle cucine e cioè che la memoria di alcune sostanze, può attivare processi immunolgici, non solo nei celiaci, ma anche negli allergici in generale. I colleghi russi nello stesso periodo di Benveniste avevano fatto osservazioni simili e una recente rassegna sulle ricerche in questo ambito è stata pubblicata da Massimo Scalia e colleghi.

Nella stessa epoca di Benveniste un’altra vicenda scientifica creò scompiglio nel mondo accademico. La Fusione Nucleare di Fleischmann & Pons, che prometteva energia a basso impatto ambientale. Di cui ci sarebbe un certo bisogno.

Dopo fiumi di polemiche anche in questo caso, le ricerche sono entrate nel portafoglio di grandi Gruppi come la Nasa, Cern, Infn, Enea, Toyota e buon ultimo Google che sta investendo nel settore.

Gli italiani hanno sempre dato contributi primari sia in campo sperimentale sia teorico, da Scaramuzzi a Stremmenos, da Preparata a Srivastava, assieme a Celani, Mastromatteo e tanti altri. Sviluppi teorici imponenti e prototipi produttivi ci dicono che la via verso lo sviluppo di energia controllabile dalla cosiddetta Fusione Fredda (sempre più calda per il vero, oltre qualche mille gradi nelle celle di Stremmenos), è aperta e che l’Italia può essere tra le prime a raggiungerla.

Con pochi soldi è tanto genio creativo che da queste parti non è mai mancato, complice la povertà di fondi e le libertà di una realtà destrutturata che se offre pochi mezzi, da molta libertà di pensiero e di azione al genio libero che nell’esplorazione dell’ignoto è un ingrediente fondamentale con la tradizione galileiana di osare nel pensiero e nell’esperimento.

Lo sviluppo sostenibile potrà venire dallo sviluppo scientifico e tecnologico a Terra, e dalla comprensione del Clima Cosmico che governa il clima terrestre insieme e oltre le bizze e i deliri di potenza umani, che sarà bene il caso di controllare anche quelli, anche se l’impresa appare ardua, come il Novecento ci ha insegnato.

 

Vincenzo Valenzi