Video-tutorial per estrarre la plastica ingerita da tartarughe

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tartaruga caretta
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Pratiche per ottemperare alle Direttive Quadro sulla Strategia per l’ambiente marino (Msfd). Oltre l’80% dei rifiuti che si incontrano in ambienti marini è costituito da plastica, materiale che ricopre una posizione da protagonista con quantità sempre in aumento negli ultimi 50 anni e che hanno raggiunto, nel 2016, 335 milioni di tonnellate prodotte. Questo valore dovrebbe raddoppiare nei prossimi 20 anni…

È stato pubblicato il primo video-tutorial per l’analisi della plastica ingerita dalle tartarughe marine. Il protocollo scientifico, condiviso a livello europeo e mediterraneo, è inteso a rispondere ai requisiti fissati dalle Direttive Quadro sulla Strategia per l’ambiente marino (Msfd) dell’Unione europea e dalla Convenzione di Barcellona.

I rifiuti marini sono una questione molto complessa da affrontare poiché possono entrare negli oceani attraverso fonti e forme multiple. Oltre l’80% dei rifiuti che si incontrano in ambienti marini è costituito da plastica, materiale questo che ricopre, nella nostra economia, una posizione da protagonista con quantità sempre in aumento negli ultimi 50 anni e che hanno raggiunto, nel 2016, 335 milioni di tonnellate prodotte. Questo valore dovrebbe raddoppiare nei prossimi 20 anni.

Di questa plastica prodotta si stima che circa 13 milioni di tonnellate finiscano negli oceani ogni anno. Arrivata in mare la plastica si muove influenzata dalle sue proprietà fisiche, ad esempio la sua capacità di galleggiare, e dalle variabili ambientali, come ad esempio le maree e le correnti, elementi questi che permettono alla plastica di accumularsi in tutti i comparti marini.

Un grave problema insomma quello della plastica in mare che per essere affrontato richiede, come per molti altri problemi ambientali, un approccio transfrontaliero e quindi soluzioni di governance globali complesse.

E per raggiungere meglio l’obiettivo si devono prendere in considerazione regolamenti regionali e internazionali e questo per migliorare e mantenere la consapevolezza e la protezione dell’ambiente marino in tutto il mondo in maniera uniforme.

Ma qual è l’obiettivo delle Msfd?

Bene, raggiungere un buono stato ecologico nelle acque europee entro il 2020 e questo per tutelare la biodiversità marina e promuovere l’uso sostenibile degli ambienti marini. Un obiettivo che nell’operatività scientifica vede la predisposizione di 11 descrittori qualitativi, di cui il descrittore 10 «proprietà e quantità di rifiuti marini che non causano danni agli ambienti costieri e marini» che vede concentrarsi proprio sui rifiuti marini. Un descrittore che include la nuova decisione della Commissione che ha voluto aggiungere i criteri D10C3 «la quantità di rifiuti e di microrifiuti ingeriti da animali marini il cui livello non influisce negativamente sulla salute delle specie interessate».

Il protocollo, proposto per la valutazione dei rifiuti ingeriti dalle tartarughe marine, descrive una serie di parametri «di base» (campionamento dalla carcassa, misurazioni biometriche e l’estrazione del contenuto del tratto gastro-intestinale, classificazione dei rifiuti marini) e «facoltativi» che sono proposti per essere indagati. I parametri di base corrispondono ai parametri minimi fondamentali per realizzare i criteri D10C3, mentre i parametri opzionali consentono di acquisire maggiori conoscenze sul comportamento/biologia delle tartarughe marine.

Un tutorial, grazie al quale, tutti i Paesi partecipanti utilizzeranno la stessa metodologia standardizzata per estrarre, catalogare ed analizzare i rifiuti ingeriti dalle tartarughe marine. Nel prossimo futuro questo permetterà di comparare i dati raccolti nelle diverse Nazioni. La grande novità di questo prodotto, scaturito dal progetto Indicit, è la pubblicazione del protocollo sulla rivista JoVE non solo in formato cartaceo ma anche video. Il formato video tutorial permetterà quindi la massima diffusione e facilità di applicazione delle tecniche scientifiche d’analisi, utilizzabili dagli Enti autorizzati.

Elsa Sciancalepore