Una totale ignoranza comunicativa regna nel mondo social e molti ci cascano… La strada da fare è tanta, in totale assenza di modestia e di volontà di aiutare a capire e far progredire questo nostro paese, questa società, perché, in fondo, nella confusione hanno tutti ragione. Che tristezza. Che grande tristezza!
Le fake news sono figlie dirette del giornalismo sensazionalistico. Inseguire il «successo», la notorietà (oggi i like) sono una malattia antica che oggi è amplificata dai soggetti che credono con un post e una foto di fare notizia.
Ma senza esaminare con cura e fare intelligenti distinguo, si rischia di passare, di botto, fra i «crociati» o gli scettici, secondo una moda di radicalizzazione acritica, anche questa, molto diffusa e sempre più crescente.
Le fake sono antiche: dalla morte di Napoleone diffusa nel 1814 che pur senza conferme ebbe ripercussioni in Borsa a danno dei londinesi, alla Luna paradiso terrestre lanciata da un inesistente dott. Andrew Grant, assistente dell’astronomo John Herschel, figlio dell’altrettanto illustre William Herschel, scopritore di Urano, sulle pagine del «New York Sun». Dalla «donazione» di Costantino alla Chiesa ad Obama che non era nato negli Usa e via via a centinaia di altre moderne amenità.
Questo fenomeno aumentato in modo insostenibile e dannoso, oggi, ha fatto crescere una divaricazione insopportabile fra coloro che sanno e i cittadini che, al contrario, dovrebbero essere aiutati a capire e a conoscere.
Prendiamo un esempio classico, vicino ai cittadini e dove larghe sono le possibilità di controllo: i cambiamenti climatici.
I negazionisti dei cambiamenti climatici sono sorti subito a contrastare le conoscenze diffuse da parte di scienziati. Qui, però, gli scienziati sono stati compatti, confutando ma, soprattutto, dimostrando l’infondatezza di talune ipotesi scientifiche e poi, i dati di fatto, i danni e le conseguenze dell’aumento della CO2 in atmosfera hanno fatto il resto per convincere i cittadini tanto che oggi, sempre più, si parla di resilienza e adattamento. Anche se, i detrattori non demordono come dimostrano le ondate di fango verso il movimento guidato dai giovanissimi sotto l’esempio di Greta.
Le bufale, notizie false, nel caso dei cambiamenti climatici, sono state combattute da notizie vere. Non da «crociati», integralisti o pontificatori.
Il risultato è che i negazionisti, pur ancora presenti, hanno sempre meno seguito.
Vediamo un altro esempio: il caso Xylella. A cui si potrebbero aggiungere casi diversi ma che seguono la stessa… metodologia: i pini, i lupi, i cinghiali…
In questi casi, come anche nei casi della Tap e della Tav, c’è un fiorire di dibattiti accesi, di scontri, di lotte aperte o nascoste sui media, in primis sui social.
Qui c’è un confronto serrato fra «crociati». C’è qualcuno che spiega ai cittadini? ma, soprattutto, c’è qualcuno che entra nel merito e discute in punta di fatto sulle affermazioni?
Ci sono foto che dimostrano come dopo un certo tempo di sperimentazione in campi colpiti dalla Xylella, si è notata una ripresa. Qualcuno ha letto di ricercatori che sono andati sullo stesso luogo ed hanno fatto un altro tipo di foto?
A questo punto di chi è la colpa del dilagare di fake? Esattamente della cattiva informazione, dell’incapacità di informare e con quali conseguenze? secondo me con danni enormi per la ricerca e per l’informazione.
Perché il punto è il dilagare degli schieramenti, dei sospetti, della voglia di apparire e di fare la «prima donna».
E tutto questo perché manca un punto fondamentale: l’incapacità di sapere che cosa è notizia.
Se un privato posta una foto e dice che è un campo in cui gli ulivi si sono ripresi, non è una notizia ma una testimonianza. Spetta alla ricerca interrogare, interpretare, spiegare… invece che accade? il cittadino viene coperto di insulti e gli vengono rivolte varie accuse. Risultato? il cittadino manda a quel paese gli «esperti» e segue «sue» teorie e «suoi» ricercatori.
Mi è capitato di seguire alcune indicazioni di «crociati» verso alcuni esperti, e pur maneggiando l’informazione, mi sono trovato di fronte a spiegazioni lunghissime, tecniche, spesso in inglese… e mi sono sentito come Renzo a colloquio con Azzeccarbugli o don Abbondio. Purtroppo nulla ha insegnato Manzoni, né ai giornalisti né ai ricercatori e la conseguenza è la stessa di quella subita da Renzo che ha maturato una profonda sfiducia verso le gride e le leggi scritte con conseguenze sociali trovandosi tagliato fuori da qualsiasi avanzamento lavorativo persino per la mancanza di conoscenza del Bergamasco.
Se oggi, un cittadino entrasse in una redazione, sarebbe sommerso da comunicati, post, email, telefonate ecc. Di fronte ad una notizia appetibile il giornalista ha due possibilità: verificarla o pubblicarla. Verificarla rischia di essere sorpassato dall’onda informativa dei social; pubblicarla si espone al rischio.
In genere, un professionista, ha una serie di contatti a cui fare riferimento e attingere se c’è il tempo, oppure, se il mittente è affidabile, darla.
Ciò non gli risparmia l’attacco dei «crociati» i quali non fanno differenze fra notizia elaborata dalla redazione, comunicato ecc. E non prende neanche in considerazione la possibilità che nel pubblicarla il giornale voglia offrirsi come luogo di confronto proprio perché la tale materia possa essere vasta, aperta e in divenire.
No, i «crociati» sono allo stesso livello di coloro che creano fake perché in realtà insultano solamente.
Ricordo tanti anni fa in redazione, quando proponendo notizie sulla neve sui trulli in primavera oppure notizie sugli esami di Stato, qualche collega sbuffava… il capo redattore gli spiegava pazientemente: «che facciamo? diciamo di leggere il numero dello scorso anno? possibile che non ti rendi conto che coloro che comprano il giornale per leggere queste notizie non è lo stesso lettore dell’anno scorso?». Anche sui social accade lo stesso, ci sono nuovi iscritti, giovani che cercano di capire ecc. meritano questa ondata di insulti che coloro-che-sanno-tutto distribuiscono generosamente?
Ecco, la strada da fare è tanta, in totale assenza di modestia e di volontà di aiutare a capire e far progredire questo nostro paese, questa società, perché, in fondo, nella confusione hanno tutti ragione. Che tristezza. Che grande tristezza!
Ignazio Lippolis