Ricostruita la storia evolutiva della più grande lucertola vivente al mondo. Sequenziato per la prima volta l’intero genoma. Su «Nature Ecology & Evolution» studio internazionale realizzato con il contributo delle Università di Firenze e di Padova
Sopporta la fatica quasi fosse un mammifero, ha un olfatto migliore di qualsiasi altro rettile e una saliva velenosa che lo colloca non troppo distante dai serpenti. Sono queste alcune delle evidenze che hanno trovato riscontro nel sequenziamento e nell’analisi dell’intero genoma del drago di Komodo, la più grande lucertola al mondo confinata su cinque isole del sudest indonesiano. L’identikit del Dna del super rettile (in età adulta può raggiungere una lunghezza di 3 metri e un peso di oltre ottanta chilogrammi) è stato ricostruito per la prima volta da un team internazionale di ricercatori del quale hanno fatto parte Claudio Ciofi, Alessio Iannucci, Renato Fani, Marco Fondi, e Valerio Orlandini dell’Università di Firenze, Tomaso Patarnello e Massimo Milan dell’Università di Padova. I risultati del lavoro, coordinato dall’Università della California (Stati Uniti), sono stati pubblicati sulla rivista scientifica «Nature Ecology & Evolution» ed evidenziano i possibili adattamenti genomici di questo rettile assimilabile, nell’immaginario collettivo, a un drago per taglia e aggressività.
Il lavoro si distingue per le tecniche d’avanguardia, che integrano il sequenziamento e la mappatura ottica del genoma di singole molecole di Dna con l’utilizzo di citometria a flusso, una tecnica che consente la separazione e il successivo sequenziamento dei singoli cromosomi. «Siamo arrivati così a produrre un genoma ad alta definizione e a identificare alcune caratteristiche fisiologiche e metaboliche molto peculiari per un rettile — spiega Ciofi — il Dna ha rivelato l’elevata resistenza aerobica dei varani di Komodo, oltre a caratteristiche del metabolismo e della fisiologia cardiovascolare che spiegano la capacità di sostenere sforzi fisici prolungati, rispetto agli altri rettili, nella caccia alle prede o nei combattimenti tra maschi durante il periodo dell’accoppiamento».
Un altro aspetto emerso dallo studio riguarda l’evoluzione, in termini genetici, di alcuni recettori degli organi vomeronasali (legati all’olfatto). «Un processo che è iniziato 5 milioni di anni fa — aggiunge Ciofi — e permette oggi ai varani di localizzare prede e carcasse, e altri varani, di sesso opposto, a diversi chilometri di distanza».
«I varani di Komodo — afferma Patarnello — sono caratterizzati da una saliva con proprietà anticoagulanti che ne rendono il morso micidiale per la cattura delle prede. Tuttavia, sembra che i varani stessi siano immuni dagli effetti della propria saliva, un fenomeno documentato durante gli scontri tra maschi, e questo probabilmente proprio grazie alle pressioni selettive che abbiamo individuato durante il nostro lavoro».
(Fonte Università degli Studi di Firenze)