Ripagnola, una penosa Via…

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Un tratto di Costa Ripagnola, foto dal sito «I pastori della costa»
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Per tutelare l’Amministrazione regionale da tutti i gravi «errori» procedimentali, la relazione della Dirigente del Dipartimento Mobilità, qualità urbana, opere pubbliche, ecologia e paesaggio della Regione Puglia, Barbara Valenzano indica l’ipotesi della revoca in autotutela del provvedimento regionale di Autorizzazione Unica del marzo 2019. Certo, la revoca porta con sé possibili contenziosi avviati da parte di chi la subisce, ma la Pubblica Amministrazione ha la «fortuna» di poter correggere i propri «errori» che, diversamente, diverrebbero colpe gravi se non azioni dolose ed atterrebbero al Codice Penale anziché alla giustizia amministrativa e civile

Sigea: tutelare i beni geologici e rurali

Non avevano tutti i torti, quindi, i comitati, le associazioni ed i cittadini comuni che si sono stretti attorno alla protezione di Costa Ripagnola, in territorio di Polignano a Mare. Nei procedimenti che hanno portato all’autorizzazione del progetto di lussuoso resort turistico proposto lì dalla società Serim, ci sono tanti buchi e tante illegittimità da riempire le 17 pagine che compongono la relazione della Dirigente del Dipartimento Mobilità, qualità urbana, opere pubbliche, ecologia e paesaggio della Regione Puglia, Barbara Valenzano.

Datata 23 luglio scorso, la relazione si suddivide in quattro tematiche affrontate ed approfondite alla luce dei provvedimenti regionali e comunali che si sono susseguiti; ambientale: «in cui sono esaminati gli aspetti connessi alle procedure amministrative di cui alla Parte II del d.lgs. n. 152/2006 e smi ed altro»; urbanistica: «nella quale sono affrontati gli aspetti correlati all’eventuale necessità che fosse approvata una variante urbanistica correlata al progetto in parola»; edilizia, paesaggistica: «nella quale sono affrontati gli aspetti correlati all’eventuale necessità di approfondire l’istruttoria regionale già esperita».

Un progetto con pieghe nascoste

Dalle notazioni relative alla procedura di verifica di assoggettabilità a Via e alla successiva procedura di Via, si viene a sapere che il progetto Serim è più corposo di quello che si immaginasse. In realtà è distinto in «due interventi»: il primo da realizzarsi in area «Iazzi Vecchi» (a monte di Ripagnola) che prevede il recupero e la rifunzionalizzazione di n. 3 fabbricati rurali ed annessa ristrutturazione del fabbricato principale ai fini della costruzione di un albergo a 4 stelle; il secondo a «Costa Ripagnola», per il quale è invece prevista la riqualificazione e la valorizzazione dell’area di insediamento. Appare evidente, così come stigmatizza la relazione della Valenzano, il frazionamento artificioso del progetto in sede di procedimento Via che doveva essere effettuato sull’intero progetto. Da qui emerge anche la possibile illegittimità del finanziamento concesso a valere sui Fondi (strutturali) del Pia Turismo della Regione Puglia, altro elemento finora non sconosciuto.

Il giallo dei posti auto

Ancora, la relazione prende in esame le previsioni di posti auto per il parcheggio a servizio dell’intervento. Una questione non di poco conto se si pensa che la necessità di un adeguato numero di posti auto era stata posta dal Consiglio Comunale di Polignano a Mare a fondamento della convenzione approvata nel dicembre 2016 tra lo stesso Comune e la Serim per la concretizzazione di un parco pubblico, pure previsto dal vigente piano regolatore comunale. Ebbene, i 360 posti auto inizialmente previsti sono stati prima ridotti a 270 su prescrizione della Soprintendenza; successivamente, nel progetto sottoposto a Via/Aua i posti auto sono diventati 264. Dal provvedimento finale regionale n. 67/2019 (Via/Aua) non si riesce a rilevare quanti posti auto siano stati effettivamente autorizzati, ma di certo tutti a servizio del nucleo delle costruzioni rurali esistenti a fini turistico-alberghieri e a servizio dell’attrezzatura balneare ammissibile (sono saltati, quindi, i posti auto chiesti dal Comune di Polignano posti a base dell’interesse pubblico).

Informalmente la struttura della Valenzano ha appreso che i posti auto finali sarebbero circa 30. L’Autorità Via avrebbe potuto chiedere a Serim elaborati aggiornati sulla base delle prescrizioni formulate dagli enti in sede di conferenza di servizi per poter meglio effettuare la valutazione, ma non lo ha fatto. Così è venuta meno la «finalità principale del progetto originario, ovvero la realizzazione di un «Parco Urbano Pubblico Naturale a beneficio della collettività tutta». Per tutelare l’Amministrazione regionale da tutti questi gravi «errori» procedimentali, la relazione indica l’ipotesi della revoca in autotutela del provvedimento regionale di Autorizzazione Unica del marzo 2019. Certo, la revoca porta con sé possibili contenziosi avviati da parte di chi la subisce, ma la Pubblica Amministrazione ha la «fortuna» di poter correggere i propri «errori» che, diversamente, diverrebbero colpe gravi se non azioni dolose ed atterrebbero al Codice Penale anziché alla giustizia amministrativa e civile.

Altro che ristrutturazione di trulletti…

Poi, la relazione del Dipartimento regionale, si addentra nelle questioni urbanistiche, edilizie e paesaggistiche riguardanti il progetto Serim e le fasi procedimentali di sua autorizzazione. Ed è qui che la frusta diventa bastone nodoso. Probabilmente «il progetto — si afferma nella relazione — avrebbe dovuto essere oggetto di variante al vigente Prg poiché le Nta, «Zone per attività primarie di tipo E2», consentono per gli edifici esistenti unicamente interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria e restauro conservativo «ferma restando la destinazione delle aree di pertinenza».

Questo anche perché agli atti non risulterebbe alcuna valutazione tecnica circa l’effettivo fabbisogno di aumentare la capacità turistico-ricettiva di Polignano a Mare atteso che il vigente Prg prevede già zone del territorio comunale appositamente dedicate a tale funzione». Ed ancora, ed è questo l’unico cenno che si fa in relazione alla istituenda area protetta, «la fruizione delle aree da parte del pubblico avrebbe potuto comunque essere garantita attraverso altre soluzioni mai esplorate. Si ritiene altresì che le finalità che il Comune intendeva perseguire attraverso la realizzazione del Parco Urbano meglio potrebbero essere traguardate attingendo alle previsioni normative di cui alla L.R. n. 19/1997 essendo peraltro ricomprese le aree destinate a parco urbano nelle aree individuate dalla citata legge regionale».

Cioè, l’interesse pubblico evocato dal Comune di Polignano a base della convenzione con Serim, poi svanito con la radiazione di centinaia di posti auto ed il venir meno del parco urbano, viene tutelato dall’istituzione del Parco naturale regionale, senza cincischiare troppo e, soprattutto, senza moneta di scambio. Ma non è finita perché la relazione affonda il coltello nel problema probabilmente più importante e cioè che «gli interventi edilizi previsti sugli immobili esistenti sono ascrivibili alla categoria della ristrutturazione edilizia e non a quelle della manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria ed al restauro conservativo, esplicitamente previsti dall’art. 26 delle Nta del vigente Prg. Pertanto, al fine di rendere ammissibili detti interventi di progetto, sarebbe stato necessario attivare, anche in questo caso, un procedimento di variante al Prg vigente».

Eppure il Comune di Polignano ha sempre affermato la piena adesione del progetto alle norme di piano regolatore. Evidentemente, un colpo di sole deve aver colto gli amministratori ed i responsabili dell’urbanistica polignanese. La necessità di una variante allo strumento urbanistico determinerebbe, di conseguenza, non più un procedimento di Valutazione di impatto ambientale ma di Valutazione ambientale strategica, una procedura di indagine pubblica che aprirebbe varchi enormi alla fattibilità dell’intervento, forse più di quanto ora ne siano aperti, e porterebbe alla luce il fatto che, in definitiva, quell’intervento appare più una lottizzazione vera e propria che un recupero funzionale di «trulletti».

Uno strano accatastamento

Eppoi, ancora, dal punto di vista edilizio la relazione evidenzia l’«assenza di una compiuta verifica circa la legittimità di tutte le costruzioni esistenti interessate dall’intervento in oggetto» quasi a confermare le tesi di comitati ed associazioni relative allo strano accatastamento di alcuni «trulletti», fatto nel 2005 dal proprietario attuale degli immobili e socio della Serim, come categoria A/7 «Abitazioni in villette» anche se di villette con relativi indispensabili servizi è veramente molto arduo vederne la sola ombra. Nella relazione si chiarisce che l’«abbassamento della quota di calpestio interna si configura come un intervento di ristrutturazione edilizia non ammissibile ai sensi dell’art. 26 delle Nta del vigente Prg» e che «le variazioni distributive non rispettano le caratteristiche tipo-morfologiche delle antiche costruzioni rurali poiché appaiono strettamente funzionali alla creazione della «camera d’albergo con bagno in camera» non coerenti con il «restauro conservativo», in violazione della stessa compatibilità d’uso prescritta dalle norme Regolamentari comunali, in quanto più propriamente riconducibili alla «ristrutturazione edilizia» espressamente vietata».

Che fine ha fatto il paesaggio?

Ma è sugli aspetti paesaggistici che la relazione degli uffici regionali dà il colpo di grazia a procedimenti e progetto perché «non risultano affatto perseguiti gli obiettivi strategici, di salvaguardia delle “integrità” paesaggistiche, materiali di cui alle Nta del Pptr (Piano paesaggistico territoriale regionale, N.d.R.)». Nel territorio di costa Ripagnola, prosegue infatti la relazione, «esiste specifica disciplina di tutela “intesa ad assicurare la conservazione dei valori espressi e degli aspetti e caratteri peculiari del territorio considerato…” (art. 140, co.2., D.lgs. n. 42/2004 ss.mm.ii.)», ma «nelle analisi e nei pareri espressi, non emerge alcuna considerazione inerente i possibili effetti di inevitabile antropizzazione del contesto rurale tutelato, di riconosciuto notevole interesse pubblico, conseguente all’uso «alberghiero», senza alcuna verifica dei possibili «fattori di rischio» derivanti dalle “dinamiche di trasformazione”». Il Pptr individua la destinazione d’uso di quei fabbricati rurali inequivocabilmente come «ricovero attrezzi». E, quindi, proprio con riferimento a questa originaria destinazione, «avrebbero dovuto essere valutate le “trasformazioni” edilizie proposte e i corrispondenti effetti ambientali, sull’ecosistema, sul paesaggio oltre che quelli urbanistici», cosa che, ad esempio, il Comitato «I Pastori della costa – Parco subito» hanno chiesto a gran voce e per iscritto nel corso del procedimento Via, senza essere ascoltati. Inoltre, afferma la relazione, «gli “scavi” e l’approfondimento del piano interno di calpestio, oltre a costituire aumento delle volumetrie preesistenti ai sensi del Regolamento Edilizio Tipo e pertanto operazione edilizia riconducibile alla “ristrutturazione” piuttosto che al “restauro conservativo”, appare del tutto contrastante con la conservazione delle connotazioni rurali agricole, tipiche dello specifico insediamento in trattazione, e volto ad alterarne significativamente la caratterizzazione tipo-morfologica, al fine di guadagnare altezza ed “abitabilità” del tutto analoga ad un “nuovo” manufatto». Così come «il rifacimento integrale delle pavimentazioni interne con adozione, in superficie, di resina non [è] corrispondente alle soluzioni lapidee prescritte dalle linee guida oltre che del buon senso».

Pure le demolizioni per gli adeguamenti distributivi, sia delle murature portanti sia delle partizioni interne, costituiscono «significativa variante tipo-morfologica volta a trasformare un “ricovero attrezzi” in una “camera d’albergo con annesso bagno in camera”, nonostante le indicazioni di generica “minimizzazione” prescritta nei pareri»: in cauda venenum, verrebbe da dire. Da tutto ciò, conclude la relazione, «sebbene l’art. 26 delle Nta del vigente Prg [di Polignano a Mare] consenta di insediare negli edifici esistenti in zone E2 attività turistico-alberghiere, tale previsione andava comunque verificata alla luce di quanto previsto dal Pptr, strumento di pianificazione sovraordinato».

Il progetto originario, conclude la relazione, sarebbe quindi stato mutato per effetto delle prescrizioni regionali giungendo così alla necessità (ma è di fatto un’asserzione) di «valutare se le stesse abbiano costituito una modifica sostanziale dell’iniziale progetto, fatto che comporterebbe l’avvio di un nuovo procedimento amministrativo».

Che cos’altro dire? Fare quel che si deve fare.

 

Fabio Modesti