Jovanotti, tu quoque!

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Continua la polemica sui Jovanotti Beach Party ed emerge tutta l’assenza della Pubblica amministrazione, pagata per svolgere questo delicato compito di valutazione preventiva di impatti e incidenze su delicati sistemi ambientali già molto stressati quali sono i litorali italiani, che invece si volatilizza per lasciar campo alle associazioni ambientaliste che suppliscono in un ruolo che non compete loro

Forse il vero problema del Jovanotti Beach Party non è il «beach party» in sé, quanto la totale assenza di interlocuzione (almeno così come pare emergere dal post di Jovanotti del 2 settembre scorso) con le Autorità pubbliche che dovrebbero presiedere alla salvaguardia dei territori. Le stesse Autorità che dovrebbero procedere alla preventiva verifica degli eventuali impatti ed incidenze di determinati eventi su quei territori, sui loro habitat e sulle specie selvatiche.

Jovanotti, a mo’ di azione preventiva, ha chiesto al Wwf (non certo, ad esempio, all’Ispra ed alle Agenzie regionali per la protezione ambientale) di accompagnarlo in questo tour estivo in modo da assicurarsi una sorta di legittimazione «ambientale» consentendo a quell’associazione protezionistica di utilizzare il megafono di decine e decine di migliaia di spettatori per trasmettere messaggi per la salvezza del Pianeta.

È però capitato che Jovanotti scegliesse, per i suoi concerti con impianti di amplificazione di migliaia di watt di potenza e decibel a gogò, siti non proprio idonei alla bisogna. Siti nei pressi dei quali nidificavano specie minacciate di estinzione oppure specie sensibili al disturbo anche in territori prossimi. Un’articolata critica ai raduni estivi jovanottiani di quest’anno l’ha mossa l’ottimo Marcello Introna e quindi non crediamo sia opportuno dire cose già dette.

Quel che preme qui constatare è che il dibattito sui beach party di Jovanotti va avanti da mesi e che in questo dibattito si stenta ad intravvedere posizioni di enti pubblici competenti coinvolti.

Ancora una volta la Pubblica amministrazione, pagata per svolgere questo delicato compito di valutazione preventiva di impatti e incidenze su delicati sistemi ambientali già molto stressati quali sono i litorali italiani, si volatilizza per lasciar campo alle associazioni ambientaliste che suppliscono in un ruolo che non compete loro.

Ma la protezione degli ecosistemi in questo Paese è evidentemente in posizione così arretrata negli interessi e nelle politiche pubbliche, che si preferisce appaltare a gruppi pur sempre volontaristici scelte e decisioni di rilevante interesse pubblico.

E così Jovanotti può dire, non senza una qualche ragione, che «il mondo dell’ambientalismo è più inquinato della scarico della fogna di Nuova Delhi!». Poi, dice ancora Jovanotti, «L’ecologia è una scienza, se si trasforma in terreno di scontro di tifoserie è un danno per tutti, non si tratta di giocare a discutere se la terra è piatta o se l’aglio scaccia i vampiri ma di scienza, comportamenti, tecnologia, obiettivi a breve e lungo termine, politiche locali, nazionali e internazionali, studio, ricerca, ispirazione, competenza, risorse, investimenti, impegno, analisi seria dello stato delle cose, senza panico e con voglia di collaborare».

Ecco, in quest’ultima affermazione si comprende a che livello siamo: un miscuglio di elementi nel quale non si capisce più chi è responsabile di che cosa. Chi deve valutare se un evento può determinare o meno perturbazioni a specie e habitat, oppure rischi per la vegetazione dovuti al calpestio di 50.000 persone, oppure ancora disturbo per l’elevatissimo numero di decibel?

Le associazioni ambientaliste o le Autorità pubbliche a questo deputate? La scienza si fa politica e la politica e l’amministrazione della cosa pubblica, che dovrebbero acquisire informazioni dalla scienza per poter decidere, si fanno pseudoscienza. Tutto ed il contrario di tutto. L’amministrazione della cosa pubblica, del bene pubblico, dell’interesse pubblico viene demandata alle associazioni ambientaliste che diventano, così, controllori e controllati allo stesso tempo. Sta tutto qui, forse, l’equivoco di fondo.

Ancora una volta il decisore politico abdica, il più delle volte quando gli fa comodo, al proprio ruolo di responsabilità ambientale per farla assumere ad altri, in questo caso, ma anche in tanti altri, ad alcune associazioni ambientaliste, che non hanno avversari se non altre omologhe associazioni. In una confusione di ruoli e di responsabilità di cui la tutela ambientale non ha per nulla bisogno.

 

Fabio Modesti