Prato, sgominata rete di rifiuti del tessile

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    Arresti e sequestro di 24 siti. Interventi in diverse regioni del centro-nord Italia. L’illecito smaltimento dei rifiuti speciali ottenuti dalle lavorazioni tessili consisteva nel trasformare attraverso fittizie operazioni di recupero i rifiuti in materia prima secondaria e/o sottoprodotto, per poi trasportarli ed abbandonarli all’interno di capannoni industriali

    Dalle prime ore della mattina è in corso una vastissima operazione che sta impegnando più di 80 militari dell’Arma finalizzata a stroncare un traffico illecito di rifiuti speciali costituiti da cascami e ritagli tessili prodotti nel comparto industriale manifatturiero di Prato e smaltiti illecitamente all’interno di numerosissimi capannoni del centro–nord Italia, principalmente in Emilia Romagna e Veneto.

    I militari del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri Forestale di Modena, unitamente ai carabinieri della Stazione Carabinieri Forestale di Pavullo nel Frignano (MO), coadiuvati dai Gruppi Carabinieri Forestale di Bologna, Ferrara, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì Cesena, Prato, Livorno, Padova, Venezia, Vicenza, Treviso, Rovigo, Verona, Mantova e Perugia, nonché dai militari del Comando Provinciale Carabinieri di Mantova, hanno stroncato un traffico illecito di rifiuti speciali costituiti da cascami e ritagli tessili prodotti nel comparto industriale manifatturiero di Prato provvedendo a dare esecuzione:

    • a due misure cautelari degli arresti domiciliari disposti dal Gip del Tribunale di Bologna a carico di due soggetti italiani a capo dell’organizzazione criminale;
    • alla perquisizione e conseguente sequestro di 24 siti, in esecuzione di provvedimenti delegati dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, nella persona del Sostituto Procuratore Dott. Stefano Orsi, che coordina le indagini.

    Tale attività investigativa, che ad oggi ha consentito di deferire all’Autorità Giudiziaria complessivamente 18 persone, è stata avviata nel luglio 2018, allorquando, durante un controllo effettuato nel comune di Pavullo n/F. (MO) dal personale della locale Stazione Carabinieri Forestale, venivano rinvenuti all’interno di un capannone industriale circa 2.500 metri cubi di rifiuti tessili contenuti in sacchi neri per l’immondizia.

    Il successivo approfondimento investigativo, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna e condotto anche mediante l’ausilio di numerose intercettazioni telefoniche e di video-sorveglianza, ha consentito di accertare che i rifiuti erano smaltiti anche in altre numerose località del centro-nord Italia, principalmente del Veneto.

    Tale fenomeno è esploso alla ribalta della cronaca come «emergenza sacchi neri».

    In estrema sintesi, l’illecito smaltimento dei rifiuti speciali ottenuti dalle lavorazioni tessili consisteva nel trasformare attraverso fittizie operazioni di recupero i rifiuti in materia prima secondaria e/o sottoprodotto, per poi trasportarli ed abbandonarli all’interno di capannoni industriali, il tutto all’insaputa degli ignari proprietari ai quali è stato così arrecato un ingente danno economico, costituto sia dalla preclusione alla disponibilità dell’immobile sia delle eventuali onerose spese di smaltimento/recupero dei rifiuti abbandonati. Senza ovviamente considerare il potenziale, ulteriore danno che poteva derivare dall’eventuale incendio del materiale.

    I due arrestati, A.G. di 53 anni e G.V. di 40 anni, erano i principali fautori del sodalizio criminale: attraverso quotidiani e plurimi contatti telefonici, pianificavano e gestivano quella che può a tutti gli effetti definirsi come una vera e propria «attività imprenditoriale» dedita alla gestione di rifiuti attraverso società di cui avevano l’utilizzo ed il controllo senza ricoprire in esse alcuna carica o ruolo: la disponibilità delle aziende è costituita dal fatto che i reali rappresentati legali/titolari firmatari risultino essere dei meri prestanome e che il reale ruolo decisionale fosse in capo ai due soggetti.

    L’organizzazione si componeva poi di autotrasportatori compiacenti e soggetti impiegati come manovalanza presso i vari capannoni di destinazione dei rifiuti tessili, generalmente costituiti da dipendenti di suddette aziende. Le società di cui i due avevano disponibilità, sia perché controllate direttamente o perché complici, sono risultate essere utilizzate non solo per emettere documenti inerenti la movimentazione dei rifiuti, ma anche per utilizzarne indebitamente i titoli autorizzativi in ambito di gestione rifiuti.

    La strategia adottata e perpetrata al fine di eludere ed evitare i controlli nonché per dare una parvenza di legittimità alle operazioni era quella del considerarli e classificarli sin dalla partenza come «sottoprodotto» o «materia prima secondaria», a fronte di operazione di recupero mai avvenute.

    Ad oggi sono stati posti sotto sequestro oltre 9.000 metri cubi di rifiuti speciali di natura tessile: si ritiene che, dall’esame di quanto è stato sequestrato, possa emergere un quantitativo totale di rifiuti illecitamente smaltiti ben superiore a quello sino ad oggi accertato.

    (Fonte Comando Generale Carabinieri)