Le persone consumano circa 2.000 piccoli pezzi di plastica ogni settimana: i risultati di uno studio commissionato dal Wwf e condotto dall’Università di Newcastle in Australia. I rischi per la salute identificati sono dovuti a residui del processo di produzione, additivi, coloranti e pigmenti trovati nella plastica, alcuni dei quali hanno dimostrato di avere un’influenza sulla funzione sessuale, sulla fertilità e sull’aumentata presenza di mutazioni e tumori
La plastica viene utilizzata principalmente come materiale usa e getta, al punto che oltre il 75% di tutta quella prodotta diventa rifiuto, la maggior parte del quale risulta mal gestita a causa di un’infrastruttura inadeguata.
Circa l’87% dei rifiuti mal gestiti finiscono poi nell’ambiente dando vita all’immenso problema dell’inquinamento da plastica.
Ne sono un esempio le plastiche trovate sul fondo della Fossa delle Marianne e nel Mar glaciale artico. Gli animali (mammiferi, rettili, uccelli e pesci) rimangono intrappolati in grandi detriti di plastica, che causano lesioni acute o croniche e perfino la morte. Gli animali ingeriscono anche grandi quantità di plastica e non sono in grado di far passare la plastica attraverso i loro sistemi digestivi. Inoltre, è stato dimostrato che le tossine della plastica ingerita danneggiano la riproduzione e compromettono il sistema immunitario. Infine, l’inquinamento da microplastiche altererebbe le condizioni del suolo, il che può influire sulla salute della fauna e aumentare la probabilità che sostanze chimiche dannose penetrino nel suolo.
Ma il problema non si ferma all’ambiente e alla fauna che lo abita, arriva a coinvolgere gli esseri umani: è ormai documentato come le microplastiche stiano contaminando l’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo e l’acqua che beviamo.
Uno studio, commissionato dal Wwf e condotto dall’Università di Newcastle, in Australia, ha stimato la quantità media di plastica ingerita dall’uomo analizzando e sintetizzando la letteratura esistente, anche se limitata, sull’argomento. I risultati confermano le preoccupazioni per la grande quantità di plastica che ingeriamo ogni giorno.
Ma come entra nel nostro corpo la plastica e cosa possiamo fare a riguardo? Lo studio ha riportato un’ampia gamma di modelli di ingestione. Pur essendo consapevoli dei limiti di questo campo di ricerca ancora in evoluzione, i risultati iniziali indicano come il consumo di cibi e bevande comuni può comportare un’ingestione settimanale media di circa 5 grammi di plastica (l’equivalente di una carta di credito) a seconda delle abitudini di consumo. Su un totale di 52 studi che l’Università ha incluso nei suoi calcoli, 33 hanno esaminato il consumo di plastica attraverso alimenti e bevande. Questi studi hanno evidenziato un elenco di alimenti e bevande comuni contenenti microplastiche, come acqua potabile, birra, frutti di mare e sale.
I risultati sono mostrati nella figura a seguire (traduzione Arpat dal Rapporto Wwf No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion From Nature To People).
Come è possibile vedere, la più grande fonte di ingestione di plastica risulta l’acqua potabile, che include sia l’acqua del rubinetto sa quella in bottiglia, pur con grandi variazioni regionali, con il doppio della plastica trovata negli Stati Uniti o in India rispetto all’acqua europea o indonesiana.
La maggior parte delle particelle sono sotto i 5 millimetri e vengono dunque assunte con l’acqua che si beve: la microplastica è infatti presente nelle acque di tutto il mondo partendo da quelle di superficie per finire nelle falde.
Un’altra fonte chiave sono i frutti di mare, che rappresentano fino a 0,5 grammi a settimana. Questo deriva dal fatto che molluschi e crostacei vengono consumati interi, compreso il loro sistema digestivo, dopo una vita passata in mari inquinati dalla plastica.
Le stime dell’inalazione rappresentano una percentuale trascurabile di microplastiche che entrano nel corpo umano ma possono variare notevolmente a seconda dell’ambiente. Lo studio esamina 16 articoli incentrati sulla qualità dell’aria indoor e outdoor. I risultati mostrano che l’aria interna è più pesantemente inquinata dalla plastica rispetto a quella esterna, a causa di una limitata circolazione dell’aria e dal fatto che i tessuti sintetici e la polvere domestica sono tra le fonti più importanti di microplastiche sospese.
Questa stima è molto prudente, ma suggerisce che l’esposizione a microplastiche sospese nell’aria può variare ampiamente a seconda delle condizioni locali e dello stile di vita. Un recente studio condotto nei Pirenei francesi ha scoperto che le microplastiche possono viaggiare nell’aria percorrendo molti chilometri e raggiungere zone ritenute incontaminate, lontane da centri urbani ed industriali.
Gli scienziati stanno lavorando per ottenere informazioni più precise sull’inquinamento da plastica: alcune importanti aree di indagine includono la mappatura delle dimensioni e della distribuzione del peso delle particelle di rifiuti di plastica e il modo in cui le particelle di plastica (se consumate da un animale) viaggiano nel tessuto muscolare. Una migliore mappatura delle microplastiche nell’ambiente consente infatti una stima più precisa delle materie plastiche ingerite in base alla dimensione, alla forma, al tipo di polimero e alla distribuzione delle dimensioni delle particelle di microplastica, a seconda dell’ambiente circostante e della posizione geografica.
Un’altra area chiave di ricerca si concentra sull’identificazione degli effetti sulla salute derivanti dall’ingestione di plastica sull’uomo.
Gli studi fino ad oggi condotti hanno dimostrato che oltre un certo livello di esposizione, l’inalazione di fibre di plastica può produrre una lieve infiammazione del tratto respiratorio. Negli animali marini, concentrazioni più elevate di microplastiche nel loro sistema digestivo e respiratorio possono portare alla morte precoce.
Alcuni tipi di plastica contengono sostanze chimiche e additivi con potenziali effetti sulla salute umana: i rischi per la salute identificati sono dovuti a residui del processo di produzione, additivi, coloranti e pigmenti trovati nella plastica, alcuni dei quali hanno dimostrato di avere un’influenza sulla funzione sessuale, sulla fertilità e sull’aumentata presenza di mutazioni e tumori.
Inoltre, le microplastiche disperse in aria possono trasportare sostanze inquinanti provenienti dall’ambiente circostante: in ambienti urbani, possono trasportare Ipa e metalli.
- Per approfondimenti si veda il documento Wwf: «No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion From Nature To People».
(Fonte Arpat)