Le concentrazioni più alte nel Mar Ligure, nel golfo di Napoli e in Sicilia. Il 75% dei rifiuti è plastica. Raccolte in Adriatico 194 tonnellate in 6 anni. I dati Ispra e del Sistema per la protezione dell’Ambiente Snpa, per monitorare la qualità dei nostri mari
Con i rifiuti abbiamo «toccato il fondo»: più del 70% di quelli marini è depositata nei fondali italiani e il 77% è plastica. Il mare di Sicilia, con 786 oggetti rivenuti e un peso complessivo superiore ai 670 kg, conferma la sua collocazione tra le discariche sottomarine più grandi del Paese, seguita dalla Sardegna con 403 oggetti nella totalità delle 99 cale e un peso totale di 86,55 kg.
La situazione varia da area ad area e in base alle zone monitorate: nei fondali rocciosi, dai 20 ai 500 m di profondità, le concentrazioni più alte di rifiuti sul fondo si rilevano nel Mar Ligure (1.500 oggetti per ogni ettaro), nel golfo di Napoli (1.200 oggetti per ogni ettaro) e lungo le coste siciliane (900 oggetti per ogni ettaro).
Questi i principali risultati delle attività condotte dall’Ispra e dal Sistema per la protezione dell’Ambiente Snpa, per monitorare la qualità dei nostri mari. La situazione che ne emerge appare molto grave e rappresenta la prima base conoscitiva di riferimento sulla quantità dei rifiuti marini nei diversi comparti (fondali marini, colonna d’acqua e spiagge).
Complessivamente ogni anno, circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare, di cui il 7% nelle acque del Mediterraneo. Ma come arrivano in mare? Sicuramente attraverso i fiumi che costituiscono la principale via di trasporto dei rifiuti marini. I risultati emersi dal monitoraggio condotto dall’Ispra, nell’ambito del progetto europeo Medsealitter negli anni 2017 e 2018, mostrano i trend e i range di densità dei macrorifuti galleggianti in alto mare, vicino la fascia costiera, e vicino la foce dei fiumi.
La foce dei fiumi
I dati parlano chiaro: la foce dei fiumi presenta il maggior quantitativo di rifiuti galleggianti (più di 1.000 oggetti per km2) e vicino la costa tra i 10 e i 600 oggetti per km2. Più ci si allontana in mare aperto e più il numero di oggetti scende a 1 – 10 per km2.
I fondali
Allarmante la situazione dei fondali italiani: nella regione Adriatico-Ionica la media degli scarti rinvenuti supera i 300 rifiuti ogni km2, dei quali l’86% è plastica, in particolare usa e getta (il 77%). Imballaggi industriali e alimentari, borse/shopper e bottiglie di plastica, comprese le retine per la mitilicoltura (queste ultime particolarmente abbondanti lungo le coste italiane), sono i rifiuti più comuni. L’area costiera a sud del delta del Po (983 rifiuti al km2), quella settentrionale (910 rifiuti al km2) e meridionale (829 rifiuti al km2) di Corfù e le acque di fronte a Dubrovnik (559 rifiuti al km2) sono le località adriatico–ioniche con la maggiore densità di rifiuti in fondo al mare.
Fondamentale la collaborazione dei pescatori nel monitoraggio dei fondali marini condotta in Adriatico dal 2013 al 2019: rinvenute nelle reti di 224 pescherecci coinvolti in due progetti di ricerca europei Defishgear e Mlrepair, 194 tonnellate i rifiuti «incastrati». Solo nella marineria di Chioggia raccolte 45 tonnellate.
In superficie
E la situazione non migliora salendo in superfice: le quantità di macroplastiche rinvenute raggiungono una densità media che oscilla all’incirca tra i 2 e i 5 oggetti flottanti per km2, mentre la densità media delle microplastiche, ossia particelle più piccole di 5 mm, è compresa tra 93mila e le 204mila microparticelle per km2.
Le spiagge
Non va meglio neanche lungo le spiagge: i litorali nazionali «ospitano» dai 500 ai 1.000 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia.
Quello dei rifiuti marini è un problema che supera i confini nazionali. Lo dimostrano i risultati ottenuti dall’analisi dei rifiuti ingeriti dalla tartaruga marina Caretta caretta dal progetto europeo Indicit condotto dal 2017 al 2019. Su 1.406 tartarughe analizzate (458 vive e 948 morte), il 63% presentava plastica ingerita e quasi il 58% degli esemplari vivi di Caretta caretta aveva plastica nelle feci. I valori riscontrati in Italia non si discostano da quelli rilevati nell’Atlantico (70,91%) e nel Mediterraneo (61,95%).
(Fonte Ispra)