Il senso dei luoghi, Aliano e Carlo Levi

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È significativo come il primo a percepire il «senso» di questi luoghi sia stato un esiliato politico, mandato lì da Torino per punizione: una punizione, però, che ha aperto un varco nella comprensione della società meridionale, nella mentalità della sua popolazione!

«Il senso dei luoghi»: girando e conoscendo meglio la regione ci possiamo rendere conto di come in questi piccoli paesi ancora i luoghi hanno un loro «senso», potremmo dire un loro perché. Uno, tra i tanti, è Aliano, in provincia di Matera. Il borgo si colloca su uno sperone argilloso e scosceso a circa 500 m di altitudine e domina la Val d’Agri e il torrente sottostante.

Arrivando dal fondovalle dell’Agri si ha la sensazione di salire in un posto tra le nuvole, il paese non si vede. Salendo per strade strette e tortuose tra uliveti, pescheti e agrumeti, i cosiddetti «giardini di Aliano», ci si addentra man mano nel paesaggio dei «calanchi», un paesaggio quasi lunare; ed ecco che dopo l’ultima curva si scorgono le prime case bianche.

Giunti in paese è possibile ammirare la struggente bellezza del paesaggio dei calanchi; passeggiando poi tra i vicoli della parte antica, il «borgo antico», si possono osservare le piccole case costruite con mattoni crudi e argilla e si ha la sensazione di essere in un posto senza tempo. Allora non può non venire subito in mente «l’illustre ospite» che tra il settembre 1935 e il maggio 1936 soggiornò in questo piccolo centro: Carlo Levi.

carlo levi1«Il paesaggio, di qui, era il meno pittoresco che avessi veduto mai: per questo mi piaceva moltissimo. Non c’era un albero, una siepe, una roccia atteggiata come un gesto fermo. Non ci sono gesti, quaggiù, né l’amabile retorica della natura generante o del lavoro umano. Soltanto una distesa uniforme di terra abbandonata, e in alto il paese bianco». Questo scriveva Levi nel suo libro più famoso, «Cristo si è fermato a Eboli», descrivendo quel che vedeva attorno al paese in cui era confinato e nel quale avrebbe poi scelto di farsi seppellire.

Egli fu esiliato dal regime fascista prima a Grassano, poi vista la vicinanza con lo scalo ferroviario e considerata la «pericolosità» del soggetto in questione, il Prefetto di Matera propose come nuovo luogo del confino la più sicura e poco accessibile Aliano. Fu una decisione che cambiò la vita del medico e pittore torinese: egli entrò talmente in contatto con la gente del posto e con quei luoghi misteriosi, «senza storia e senza tempo» come scrive nel «Cristo si è fermato ad Eboli», che decise di farsi seppellire ad Aliano, per star vicino alla sua gente, ai suoi contadini. È significativo come il primo a percepire il «senso» di questi luoghi sia stato un esiliato politico, mandato lì da Torino per punizione: una punizione, però, che ha aperto un varco nella comprensione della società meridionale, nella mentalità della sua popolazione!

Oggi, con la creazione del Parco Letterario Carlo Levi, case, stradine, paesaggi, campagne raccontate nel testo diventano patrimonio culturale ed ambientale che è possibile rivivere e a cui attribuire un nuovo senso, una «nuova vita». Oggi, in piena società globalizzata, dove ciò che conta non è il sentimento, l’emozione, la contemplazione di un paesaggio, ma soltanto il denaro, il successo, il profitto, ritornare ad Aliano, passeggiare nel silenzio dei calanchi significa ritrovare nel «senso» di quel luogo il vero senso della nostra vita, di ciò che siamo e di ciò che vorremmo essere.

Carlo Levi ad Aliano scoprì la vera essenza dell’uomo e della vita e la scoprì in mezzo a contadini superstiziosi e analfabeti. Un’essenza fatta di umiltà, rispetto, sacrificio, di voglia di combattere per costruire un futuro migliore. Levi era lo stesso uomo a Torino come ad Aliano; solo che se l’allontanamento in terra lucana determinò una svolta nella sua vita, come egli stesso ammise nella lettera posta a prefazione alla seconda edizione del suo celebre romanzo, vuol dire che quel luogo lo pose nella condizione di entrare in contatto con una umanità che prima non conosceva o che conosceva soltanto di sfuggita; vuol dire che in quei contadini rozzi e analfabeti il medico e pittore torinese ritrovò ciò che la nobile società sabauda non era riuscita a dargli; vuol dire, in ultima analisi, che lì tra cafoni meridionali egli ritrovò l’uomo e non la sua maschera, ciò che uno è non ciò che la società vuole che egli sia. Di questa «umanità ritrovata» sono testimonianza i suoi numerosi dipinti, soprattutto volti che ritraggono ciò che lo scrittore aveva scoperto in Lucania: la miseria, il senso del dovere e del sacrificio dei contadini e delle persone umili in genere ma, nello stesso tempo, anche l’arroganza dei «luigini» (dal nome del podestà del paese), che sfruttavano la povera gente vivendo di rendite di posizione.

Ecco allora come il «senso del luogo» di Aliano, dietro l’esempio di Carlo Levi, ci indica una direzione di marcia, ci offre la possibilità di ritrovare nella nostra vita un sistema di valori, che non debba necessariamente corrispondere con quello dominante. Ci insegna a stupirci e ad essere sempre e comunque noi stessi. Come lo fu Carlo Levi: si sentì veramente se stesso decidendo di farsi seppellire proprio ad Aliano.

 

Nicola Alfano