Formazione e deformazione e il fake è servito

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Famiglia – scuola – società – informazione – piattaforme del web: si tratta di una circolarità anomala se una sola di queste componenti tende alla deformazione. È bene ricordare che tutte vantano positività ma è altrettanto vero che in ciascuna di esse si annida il pericolo dello squilibrio. Il problema sta nel fatto che è difficile intercettarlo, difficile intervenire, difficile ricostruire

Formazione e deformazione: due termini correlati, dalla comprensione facile ma dall’applicazione problematica. Se il loro senso lo destiniamo agli oggetti materiali la loro osservazione e la relativa misurazione ci rivelano la corrispondenza o meno alla norma, alla forma, all’uso conseguente; in caso di difformità possono intraprendersi gli interventi necessari per ripristinare lo standard.

Se invece estendiamo il senso delle due parole, come spesso succede con termini della fisica o dell’economia, alla sfera antropologica allora nasce la questione sulla dialettica delle interpretazioni dall’ambito pedagogico a quello più sofisticato dell’etica.

Il dilemma è contenuto entro la formula «chi forma chi» se ci poniamo nelle due prospettive dell’erogatore di formazione o del soggetto in formazione.

Gli individui, per loro dinamica evolutiva, sottostanno all’assoggettamento e alla dipendenza dagli adulti che se ne prendono cura. Se poi la congiuntura destina i soggetti all’imprevisto allora anche gli ambienti condizioneranno le persone abbandonate allo sbaraglio.

Se il problema è… lontano

La cultura occidentale ha scoperto e seguito le migrazioni epocali assegnando in modo asettico le cause e applicando nomi alle forme riempiendo le pagine della storia antropica. Quando invece le vicende l’hanno toccata da vicino, per condizione geografica e geopolitica, allora all’esame del fenomeno non ha fatto seguito l’assunzione di responsabilità; così è avvenuto, ad esempio, per la tratta dei neri, per le costituzioni degli stati (come nel caso del nuovo stato d’Israele nella terra di Palestina), per il tracciato sulla carta dei confini relativi alle formazioni nazionali a conclusione di guerre e pseudo pacificazioni.

Così i due termini interessano sia la dimensione sociale e politica, come quella strettamente pedagogica ed etica.

C’è un altro aspetto, purtroppo molto interessante: quando le due situazioni, di formazione e deformazione, entrano in conflitto sullo stesso obiettivo; allora lasciano i soggetti interessati come epicentro di sismi esistenziali da cui riesce difficile riemergere e ritrovare il giusto equilibrio a cui si ha diritto.

In questo caso le istituzioni preposte non sono più sufficienti anche perché sono a corto di strumenti e professionalità diffuse capaci di arginare i conflitti e proporre itinerari di salvaguardia e di rilancio delle coscienze riappacificate.

Famiglia – scuola – società – informazione – piattaforme del web: si tratta di una circolarità anomala se una sola di queste componenti tende alla deformazione. È bene ricordare che tutte vantano positività ma è altrettanto vero che in ciascuna di esse si annida il pericolo dello squilibrio. Il problema sta nel fatto che è difficile intercettarlo, difficile intervenire, difficile ricostruire. Tuttavia in ognuna di queste componenti esistono forze di ricostruzione e quindi chi ha il compito di vigilare non può trascurare l’urgenza di proporre progetti risanatori, di promozione e di prevenzione.

Famiglia e scuola

Prendiamo in esame due delle formazioni citate: famiglia e scuola. Nella prima la relazione amorosa è il vero toccasana dell’equilibrio esistenziale. La relazione in essa è più prossima alla reciprocità e i figli sono epicentro del rapporto amoroso se, a monte, i genitori realizzano la donazione e la comunione. Il flusso amicale rapisce nel suo alveo performante i figli e dalla rete comunicativa essi non sfuggiranno ma in essa catapulteranno quanto di contrasto possono incontrare nelle loro relazioni ad extra; e così si salvano.

Se i figli accusano deficit bisogna riprendere le fila a monte, dal loro accoglimento in poi, e seguire il dipanarsi del filo conduttore. L’aiuto prestato ai genitori è aiuto che si riflette sui figli e sulle loro evoluzioni. La psicologia dinamica familiare docet!

Voltiamo pagina: la scuola. È vero che ogni insegnante dovrebbe desumere, dall’interno della sua capacità formativa, le linee guida che assicurino approcci sereni degli alunni alla sua disciplina e questa ha in se stessa potenziali di attrazione per promuovere approcci equilibrati e sicurezza degli apprendimenti. E se ciò non bastasse? Ma la scuola non è formazione in serie di campi individuali. In essa coesistono sensibilità e attenzioni specifiche; si tratta di metterle in circuito positivo, con creazione vera di équipe nella quale non solo si valorizza l’interdisciplinarietà ma soprattutto si qualifica l’interscambio e la complementarietà degli interventi promozionali.

Un esempio ci può offrire significati pregnanti. In un laboratorio se si decide di drammatizzare un argomento, per es. di storia, non si sceglie di mettere in un insieme testo letterario, musica, disegno e pittura, movenze e gestualità, suoni e effetti luminosi come contenitore riempito di suggestioni attrattive: si tratta invece di far esprimere attorno al messaggio unitario le capacità espressive, le tendenze comunicative, le specializzazioni emotive e sentimentali di ogni soggetto chiamandolo a coordinarsi con il gruppo perché sia questo il veicolo vero della comunicazione drammatizzata. Ogni sfaccettatura di arte nella quale i vari linguaggi espressivi sono chiamati in causa colloca ogni alunno in posizione comunicativa di performance tanto da sentirsi chiamato alla sua partecipazione senza della quale tutto il messaggio resterebbe tronco e deficitario. È la presa d’atto che coinvolge e gratifica, motiva e rende gioioso l’approccio di tutti.

Perché questo esempio? Per dire che dall’interno stesso di un laboratorio scolastico esistono possibilità di penetrazione e di sovvertimento del deficit per restituire la serenità altrove cercata e rimandata. La frequentazione di questa tipologia di intervento ci ha dato possibilità impreviste di cogliere miglioramenti, addirittura dalla calligrafia all’ortografia, dalla balbuzie alla parlata fluida, dal deficit psicodinamico all’accettazione della propria singolarità come forza alternativa e abilità diversa. Si tratta di un esempio che ci conferma come le discipline siano campi vasti di soluzione oltre la frase, l’equazione, il disegno, la conoscenza e esecuzione delle note, oltre tutto!

La presenza dello psicologo

Però non basta. In ambito socio affettivo, nel comportamento, nella disponibilità relazionale, nei compensi eletti per risanare i deficit è necessario il supplemento, l’intervento specialistico che possa non solo suffragare le spinte personali degli alunni ma che dia il contributo risolutivo contro il deficit. La presenza dello psicologo e del pedagogista con il loro intervento può assicurare un contributo di grande portata.

La mediazione psicologica che si propone alla funzionalità mentale e quella pedagogica che contribuisce all’impianto del progetto educativo sono risorse preziose che offrono ai docenti alimentazione ma soprattutto agli alunni il supporto calibrato a conforto della loro evoluzione serena. Anche gli insegnanti hanno bisogno di interventi speciali di aiuto per affrontare in modo appropriato le situazioni a rischio. Beneficiari primi sono alunni e famiglie, terminali dei processi educativi e formativi, e in secondo ordine ne gode la società su cui si riflette l’effetto della prevenzione contro le contorsioni che in età più adulta potrebbero manifestarsi in modo preoccupante.

In Italia un’apripista, la regione Puglia: ha finalmente deliberato la presenza dello psicologo in ogni istituto scolastico e si prevede anche la realizzazione dell’intervento pedagogico.

All’organizzazione nazionale degli Psicologi e all’Anpe (Associazione nazionale dei pedagogisti italiani) va dato merito di avere caldeggiato questa soluzione per la scuola italiana.

Per tutti i motivi descritti salutiamo con soddisfazione la decisione politica e amministrativa intrapresa dalla Regione pugliese.

La democrazia diretta

Veniamo al secondo aspetto di questa riflessione. La politica gestisce tutto il funzionamento della Cosa Pubblica e delinea attraverso il mandato parlamentare la struttura democratica del Paese. I due termini indicati in premessa costituiscono il binomio entro il quale si dipana il dibattito nel Paese ma soprattutto nel Parlamento della Repubblica che deve fornire sia modelli interni alla nazione sia quelli riferiti ai rapporti internazionali.

Ciò che ci preoccupa da vicino è il deterioramento che corre la nostra democrazia. Per esempio trasferire le decisioni dal Parlamento ai cittadini (democrazia diretta, si dice) in un perenne referendum potrebbe risultare una soluzione avvelenata dai giochetti digitali: solo agli sprovveduti potrebbe apparire come migliore partecipazione attiva. È questa deformazione che temiamo.

Un esempio: si vorrebbe anticipare la partecipazione al voto dei sedicenni. Ma da dove apprendiamo che a questa età scolare gli alunni siano stati informati della realtà stessa della nostra storia e della nostra Costituzione se i diciottenni escono dalla scuola quasi sempre e dovunque senza le dovute conoscenze della maturazione sociale? Basterebbe prendere visione di certe interviste giornalistiche che mettono a nudo come i giovani intervistati sappiano nulla o poco della nostra Repubblica. Se poi il progetto proviene da formazioni collaterali ai partiti, ma autonome nell’esercizio di formazione di opinione pubblica, allora il timore non solo cresce ma si alimenta ulteriormente e a buona ragione, non essendo trasparenti né le finalità sottese né chi siano i veri autori del progetto.

Non è da condannare il dibattito sui social. È da prendere con molta prudenza invece il ditino-pulsante che si propone come sostituto della democrazia rappresentativa. Difficile credere che una agorà di modello ateniese possa trasformarsi in una vastissima piazza digitale da costituire la migliore partecipazione per la democrazia. Neanche le folle oceaniche sono voce della democrazia poiché di esse sappiamo quanto sia determinante la sobillazione, l’emotività di folla, la spersonalizzazione delle responsabilità, la loro sollecitazione quasi militarizzata; basterebbe l’esempio letterario della folla di Renzo per capire bene l’onda d’urto che muove le masse.

Anche i partiti, del resto, muovono le loro truppe con strumenti non sempre ortodossi (casi di sovvenzionamenti occulti parcellizzati) con organizzazioni di trasferimento di massa con mezzi pubblici e privati per dare l’apparente effetto delle piazze stracolme; per quanto lo siano davvero, che cosa sono in proporzione all’imponenza dell’elettorato a casa?

La mediazione dei partiti con il loro dibattito sia interno sia pubblico ha una funzione in più, oggi, per incrementare la partecipazione non emotiva ma cosciente e scientifica per la salvaguardia della democrazia che è sempre bambina dato il continuo mutare degli eventi e l’urgenza di prerogative che la società richiede dinnanzi ai fatti che, come onda di mare, vanno e vengono, si alzano e si abbassano impedendo le rotte. I cambiamenti repentini delle mediazioni politiche e partitiche necessitano di maggiore riflessione attenta e critica, in modo che la fluidità non causi leggerezza e superficialità che sono nemici del bene comune che ha bisogno di assestarsi per favorire realtà sociali pacifiche.

I fatti attuali tra Siria-Turchia e Kurdi sono la dimostrazione concreta di come i poteri dei paesi seguano spesso la voce dell’uomo solo e forte al comando contro il diritto all’autodeterminazione nelle sorti sociali e politiche dei popoli.

La politica, in ogni sua parte, ha conosciuto un generale decadimento della riflessione: le ideologie hanno lasciato il posto alla disideologia: un vanto di modernità, un lifting da restauro. Le vecchie sezioni, luoghi del confronto parcellizzato, della partecipazione al dibattito capillare e alla presa di coscienza sono andate scomparendo, il pc apre immagini e messaggi e ognuno nel suo isolamento segue la bandiera che meglio garrisce, il social che meglio emoziona, pronto a voltare pagina, colore, sinfonia, mentre l’assenza dalle urne spesso lascia fuori campo riflessioni interessanti, capacità importanti… e, in definitiva, tanta assenza!

Deformazione e formazione: è l’operazione in controsenso perché dal non compiuto, dal distorto e dal deformato si giunga a intraprendere l’azione che ristabilisca e ribadisca i termini del diritto e la riabilitazione delle persone a cui la nostra Costituzione guarda con interesse e rispetto.

 

Francesco Sofia, Pedagogista, Socio onorario dell’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani