Cersosimo, una storia antica che può illuminare il presente

5516
CERSOSIMO basilicata
Tempo di lettura: 3 minuti

Per trovare le tracce di questa splendida realtà bisogna risalire addirittura al IV secolo a. C., periodo in cui si colloca il primo insediamento umano accertato, costituito dall’acropoli della città greco-lucana, situata sul monte «Castello»

Continuando a peregrinare per la Basilicata ci imbattiamo in Cersosimo, piccolo comune della Val Sarmento di 600 anime. Nonostante ciò, Cersosimo vanta una storia degna di rispetto. Infatti bisogna risalire addirittura al IV secolo a. C., periodo in cui si colloca il primo insediamento umano accertato, costituito dall’acropoli della città greco-lucana, situata sul monte «Castello».

Gli scavi archeologici, condotti a più riprese negli ultimi quarant’anni, hanno portato alla luce una porta d’accesso all’acropoli, tratti di mura di tipo «opus quadratum» con blocchi di puddinga ben lavorati e squadrati e resti di fondazioni appartenenti ad ambienti abitati, all’interno dei quali notevole è stata la presenza di oggetti in ceramica, terracotta e bronzo. Tra gli oggetti di una certa importanza è da segnalare una preziosa moneta di bronzo coniata dalla lega lucana nel III sec. a. C.; tale moneta, insieme ad altri oggetti ritrovati sono conservati nel Museo della Siritide di Policoro.

Una data importante, però, per la storia di Cersosimo è il 725, quando l’imperatore di Costantinopoli Leone III emanò un decreto con il quale proibiva il culto delle icone e tra il 727 e l’842 vi fu una massiccia migrazione di monaci che si stabilirono in Sicilia e in Italia meridionale. Uno di questi monaci venuto in Italia era Zosimus il quale, risalendo i fiumi Sinni e Sarmento, che al tempo erano navigabili, arrivò all’incrocio del fiume Lappio, dove trovò i resti evidenti di un’antica città greca fondata intorno alla metà del IV secolo a. C. Questi monaci si stabilirono più o meno dove oggi è situato l’abitato di Cersosimo e, conoscendo bene l’arte della coltivazione della terra, iniziarono a dissodare le terre circostanti e a renderle produttive.

Il monaco Zosimus, che aveva avuto il permesso dai Longobardi di edificare e coltivare il terreno circostante, veniva trattato al pari dei guerrieri, a cui il Duca aveva affidato un territorio da gestire e quindi era chiamato con il termine di «dominus» che tradotto in greco era «kyrios», per cui il monaco veniva identificato come «Kyr-Zosimus» Signor Zosimus e con lo stesso nome veniva identificato inizialmente anche il monastero e il territorio a lui affidato. Ma dopo il Mille è la politica filo-benedettina dei Normanni che incide profondamente sull’ambiente lucano: dalla Badia di Cava de’ Tirreni, in Campania, si muovono schiere di frati e pellegrini che diffondono nuovi costumi e nuove forme architettoniche.

Il Monastero di Kyr-Zosimo, ormai latinizzato, era diventato un punto di aggregazione di Chiese e comunità monastiche di tutto il Medio-Sinni.

L’anno 1088 è importante per il monastero, in quanto sotto il regime del Gran Conte Ruggiero, il 21 novembre 1088 Ugo di Chiaromonte donò per la salute dell’anima sua, di sua moglie e di suo figlio il monastero greco di Santa Maria di Kyr-Zosimo, compresi i suoi uomini (contadini e pastori) e le metochìa (celle) alla Badia benedettina della SS. Trinitatis di Cava de’ Tirreni. Ugo di Chiaromonte, secondo quando sostenuto da Mattei Cerasoli, fu costretto a cedere il monastero di Kyr-Zosimo con tutti i suoi terreni annessi alla Badia di Cava per proteggere il più grande monastero bizantino dei SS. Elia e Anastasio di Carbone.

Nel 1457 del vasto patrimonio di Santa Maria non rimaneva più niente, solo la struttura monastica e il priorato del monastero che nel 1477 per 9 ducati venne concesso a Filippo Ronzano, amministratore della diocesi di Cosenza. Con questa cessione del priorato si concludeva la vita spirituale e socio-economica del monastero, che aveva rappresentato un concreto punto di riferimento nella Valle del Sarmento e non solo per circa sei secoli.

Ancora oggi passeggiando per le viuzze di Cersosimo e scorgendo il suo panorama sul Sarmento è possibile percepire e immaginare il suo glorioso passato: immaginare questi monaci basiliani che, risalendo il Sarmento (ormai secco) fino alla confluenza del Lappio, fondarono una fiorente società, rendendo produttive le terre circostanti.

Ma questa immagine cozza subito con la realtà, una realtà fatta di abbandono ed emigrazione. Allora forse torna prepotentemente di attualità il messaggio che Kyr-Zosimus con la sua storia può offrire all’odierna società globalizzata; e cioè come una comunità possa trovare al suo interno le forze più genuine per poter costruire il proprio futuro senza essere costretti ad abbandonare le terre natie, tenendo come punto di partenza sempre le proprie radici, che poi sono il futuro della società.

 

Nicola Alfano