Siti inquinati, una bomba da disinnescare

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Presentato il volume della Sigea dove si affrontano vari argomenti in materia e scorrendo l’indice dei contributi si ha un quadro delle problematiche più attuali. Dall’applicazione delle tecnologie specialistiche di bonifica in situ alla presenza e bonifica dell’amianto, dalla determinazione dei valori di fondo naturali alla messa in sicurezza dei siti minerari, dall’environmental forensic ai rapporti tra aspetti tecnico-scientifici e giuridico-amministrativi

Non diversamente da altri Paesi, l’industrializzazione del ventesimo secolo, accompagnata da una scarsa o nulla sensibilità ambientale, ha lasciato una pesante eredità che si misura nella decina di migliaia di siti contaminati e nelle centinaia di migliaia di persone che vivono in aree a rischio. In questo contesto negli ultimi venticinque anni si è sviluppata progressivamente una cultura delle bonifiche, con contributi che sono arrivati dalle università, dal mondo imprenditoriale e da alcuni settori degli enti pubblici sulla scia delle esperienze provenienti soprattutto dal continente americano.

Si avvia così la prefazione del periodico della Società italiana di geologia ambientale (Sigea) dedicato alla «Bonifica dei siti contaminati» in presentazione istituzionale al Senato e liberamente scaricabile dal sito web della Sigea.

Le tecnologie di bonifica

In questi ultimi anni si è completata la conoscenza dei principi fisici che sono alla base della scelta delle tecnologie di bonifica più appropriate e grandi progressi sono stati compiuti sia nella caratterizzazione delle matrici ambientali contaminate, sia nella ricostruzione dei processi di flusso e trasporto dei contaminanti mediante modelli matematici.

libro geologiaAntonio Di Molfetta, già Professore Ordinario di Ingegneria degli acquiferi nel Politecnico di Torino, afferma come negli ultimi quindici anni si sia assistito ad un progressivo accantonamento delle tecnologie «aspecialistiche» (barrieramento fisico, per molti anni indicazione preferenziale, scavo e smaltimento in discarica, pump & treat applicato anche a contaminanti non miscibili) per passare ad applicazioni sempre più frequenti di tecnologie «specialistiche» (Isco, Iscr, Sve, As, Prb) anche se lo stesso non trascura le difficoltà di chi nel settore ci lavora ogni giorno e quotidianamente deve fare i conti con la mancanza di risorse o con la lentezza dei procedimenti amministrativi.

Nel volume della Sigea si affrontano vari argomenti in materia e scorrendo l’indice dei contributi si ha un quadro delle problematiche più attuali in argomento, problematiche che vanno dall’applicazione delle tecnologie specialistiche di bonifica in situ (riduzione chimica, ossidazione chimica, impiego di nano-particelle, biotecnologie) alla presenza e bonifica dell’amianto, dalla determinazione dei valori di fondo naturali alla messa in sicurezza dei siti minerari, dall’environmental forensic ai rapporti tra aspetti tecnico-scientifici e giuridico-amministrativi.

I casi di studio

Anche la Puglia è presente nel volume con due casi studio di cui il primo mette in evidenzia l’uso di misure spettroradiometriche del colore per la predizione dei contenuti di policlorobifenili (Pcb) nei suoli in un sito ricadente nell’area Pip del comune di Statte (provincia di Taranto), studio che ha messo in evidenza come le misure spettroradiometriche del colore offrano buone prospettive per la determinazione rapida e a basso costo del contenuto di Pcb nei suoli e, più in generale, per la valutazione dello stato di contaminazione del suolo attraverso il contenuto totale di alogeni nei composti organoclorurati, espressi dagli Eox.

Il secondo studio descrive invece gli interventi di biorimedio fito-assistito in un’area multi-contaminata di Taranto, progetto che condotto dall’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche (Irsa-Cnr) è finalizzato allo sviluppo di un insieme più ampio di tecnologie innovative funzionali a generare energia rinnovabile conseguendo contestualmente effetti di bonifica delle matrici ambientali contaminate e favorendo l’economia circolare e la decarbonizzazione.

La Puglia compare con lo stabilimento dismesso dalla produzione del cemento amianto, la Fibronit di Bari tra i Siti di interesse nazionale (Sin) principalmente contaminati da amianto (fonte Inail, 2019) e per i quali esiste una normativa, mappatura e particolari tecniche di bonifica da adottare a tutela dei lavoratori addetti e degli ambienti di vita.

I Sin

I Sin, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali (Art. 252, comma 1 del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii.) e in Puglia ritroviamo, oltre alla Fibronit di Bari, anche Manfredonia, Brindisi e Taranto. La superficie complessiva a terra dei Sin è pari a 171.268 ha e rappresenta lo 0,57% della superficie del territorio italiano. L’estensione complessiva delle aree a mare ricomprese nei Sin è pari a 77.733 ha e la problematica complessivamente interessa, ad eccezione del Molise, tutte le Regioni italiane.

In termini di avanzamento complessivo delle procedure a terra per 35 Sin (ad eccezione di 4 Sin con contaminazione prevalente da amianto e dei Sin Bacino del Fiume Sacco e Officina Grande Riparazione Etr di Bologna), si osserva che la caratterizzazione è stata eseguita ad oggi in oltre il 60% della superficie sia per i suoli che per le acque sotterranee, gli interventi di bonifica/messa in sicurezza sono stati approvati con decreto in più del 12% delle superfici (17% nel caso delle acque sotterranee) e il procedimento si è concluso nel 15% della superficie complessiva per i suoli e nel 12% per le acque sotterranee.

A RemTech Expo, il contesto internazionale di riferimento in Europa sui temi delle bonifiche, coste, dissesto, clima, sismica, rigenerazione urbana, industria sostenibile, si è parlato dell’importanza della collaborazione tra istituzioni, imprese e associazioni e grazie alle ottime sinergie maturate con il Sistema nazionale di protezione ambientale (Snpa), sono nati cinque tavoli di confronto permanenti (Bonifiche e sedimenti, Rischi naturali e clima, Economia circolare e gestione rifiuti, Industria e innovazione, Riqualificazione e rigenerazione).

Quello della bonifica dei Sin è un argomento che si incrocia con quello del rischio idrogeologico o meglio lo amplifica. Un fiume di colore rosso che attraversa le strade del porto nella zona adiacente all’Ilva e si dirige verso il mare, questo è quello che pubblicava «la Repubblica» immediatamente dopo un evento meteorologico intenso. Uno scatto a Taranto, nella zona vicino al cosiddetto «quarto sporgente» dell’area di proprietà del siderurgico, un torrente provocato dalla pioggia abbondante e dalle polveri presenti nella zona.

Viene quindi da chiedersi cosa sia accaduto dopo l’allerta arancione per rischio idrogeologico per temporali e vento localizzato su tutta la Puglia della scorsa settimana, dove le precipitazioni e il vento intenso sono stati diffusi e persistenti in tutta la Puglia con la Coldiretti Puglia che ha chiesto alla Regione Puglia, anche attraverso la struttura della Protezione Civile, di attivare tutte le verifiche utili a richiedere lo stato di calamità naturale.

Perché se è vero che i Sin in Puglia sono quattro e sono Siti caratterizzati da un passato industriale spesso non sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale è anche vero che situazioni potenzialmente fragili sono presenti in regione in maniera diffusa. Zone dove ad esempio negli anni si è perpetrata una spregiudicata gestione dei rifiuti, e in virtù delle complesse situazioni meteorologiche che ci si trova a subire in maniera sempre più frequente a causa dell’avanzare dei cambiamenti climatici fanno aumentare il rischio, elemento che può essere definito come il valore atteso di perdite dovute al verificarsi di un evento di una data intensità, in una particolare area, in un determinato periodo di tempo (Rischio = Pericolosità x Vulnerabilità x Esposizione).
Un rischio ambientale in cui risulta necessario risanare gli errori del passato, gestire con oculatezza e vigilanza il presente e progettare il futuro in sicurezza.

Elsa Sciancalepore