Ormai i grandi paesi inquinatori, che hanno bloccato da Kyoto ogni tentativo di intervento contro le energie fossili per bloccare il riscaldamento globale, sono in balia dell’economia sporca e tengono in ostaggio il pianeta
Si è chiusa a Madrid la Cop25 con un ennesimo nulla di fatto. Insomma, come dire, «si salvi chi può».
È questo il messaggio che sembra arrivare e testimonia come ormai i grandi paesi inquinatori, che hanno bloccato da Kyoto ogni tentativo di intervento contro le energie fossili per bloccare il riscaldamento globale, siano in balia dell’economia sporca e tengano in ostaggio il pianeta.
Greenpeace, infatti, ritiene che i progressi che ci si auspicava emergessero dalla Cop25 siano stati ancora una volta compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto.
Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Giappone, Brasile, Arabia Saudita e altri si sono sottratti alla loro responsabilità di ridurre le emissioni di gas serra. Doveva essere la «Coop dell’ambizione» ed è stata invece la Cop dell’egoismo.
Manuel Pulgar-Vidal, leader globale del Wwf su clima ed energia, ha detto: «Nonostante gli sforzi della Presidenza cilena, la mancanza di impegno per accelerare e incrementare l’azione climatica da parte dei grandi paesi produttori di emissioni era troppo forte. La loro posizione è in netto contrasto con la scienza, con le crescenti richieste provenienti dalle piazze e i duri impatti già avvertiti in tutto il mondo, in particolare nei paesi vulnerabili».
«I governi devono ripensare completamente il modo con cui conducono queste trattative, perché l’esito di questa Cop è totalmente inaccettabile — dichiara Jennifer Morgan, Direttrice esecutiva di Greenpeace International —. La Cop25 era stata annunciata come un appuntamento “tecnico”, ma è poi diventata qualcosa in più di un negoziato. Ha messo in luce il ruolo che gli inquinatori rivestono nelle scelte politiche e la profonda sfiducia dei giovani nei confronti dei governi. C’era necessità di decisioni che rispondessero alle sollecitazioni lanciate dalle nuove generazioni, che avessero la scienza come punto di riferimento, che riconoscessero l’urgenza e dichiarassero l’emergenza climatica. Anche per l’irresponsabile debolezza della presidenza cilena, Paesi come Brasile e Arabia Saudita hanno invece fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile», conclude Morgan.
Veramente uno spettacolo indegno per una civiltà evoluta come vorrebbe essere quella del nostro pianeta.
R. V. G.