Sono le prime in Italia presso la sede di Scienze Ambientali di Taranto e grazie all’impegno del prof. Tursi. Altra significativa affermazione quella della laurea in Scienze della Natura con tesi in Zoologia, 110 e lode, di un giovane disabile, la cui costanza, attenzione e impegno durante tutto il corso di studi, è stata definita elevatissima dagli stessi docenti
A Bari prime lauree in Italia con indirizzo Bonifiche Ambientali, e non solo.
La novità non è di quelle che possono passare sotto silenzio, soprattutto in Puglia.
Nella seduta di laurea del 17 scorso, presso l’Università degli Studi di Bari, si è assistito a tre eventi straordinari, che nella routine dei soliti meccanismi di consegna dei titoli accademici, hanno rappresentato stavolta una particolarità, al tempo stesso bellissima e di grande pregio.
La prima è stata la laurea in Scienze della Natura con tesi in Zoologia, 110 e lode, di un giovane dott. Lamniai Badreddine, disabile, la cui costanza, attenzione e impegno durante tutto il corso di studi, gli stessi docenti hanno definito elevatissima: «nulla gli è stato regalato», è stato detto, e c’è certamente da crederlo, anche a giudicare dalla qualità dell’esposizione del lavoro di tesi sperimentale presentata. Quindi bravi tutti: il giovane, i docenti, gli assistenti, i tutor e i famigliari, per i quali certamente la sfida non sarà stata una passeggiata.
Le altre due novità sono state le prime lauree magistrali italiane in Scienze della Natura e dell’Ambiente con indirizzo in «Bonifiche ambientali». Sotto la guida del relatore prof. Tursi, e di altrettanto illustri correlatori, due giovanissime neodottoresse, Laura Mandrelli e Daniela Napolitano, hanno esposto i loro interessantissimi lavori, entrambi svolti in collaborazione con L’Irsa Cnr di Bari, ottenendo entrambe 110 e lode.
La dottoressa Mandrelli ha esposto la propria tesi di laurea sull’inquinamento da nitrati. In sostanza si tratta della messa a punto di un originale metodo per seguire l’impatto dell’uso (e spesso abuso) di fertilizzanti azotati in agricoltura, sia sul suolo sia in falda, grazie all’impiego di tecniche di metagenomica, ovvero di riconoscimento di specie batteriche attraverso il loro Dna. Anche stavolta si «cerca l’assassino», che non è però il povero batterio, ma anzi è lui la «spia, delatrice» che ci potrebbe indicare chi è l’inquinatore da nitrati, se l’agricoltore o lo scarico abusivo di liquami. Un inizio, ma una tecnica di assoluta novità, molto promettente per la salvaguardia della preziosa risorsa idrica del sottosuolo dal pericoloso eccesso inquinante di nitrati.
La dottoressa Daniela Napolitano, invece, ha presentato risultati di una delle applicazioni annoverabili fra «le speranze di cura» per Taranto, ovvero l’uso di piante, i pioppi in questo caso, per fargli attirare gli inquinanti dal suolo, come i temibili Pcb e i metalli. Se dovesse funzionare, si tratterebbe poi di decidere che farne della legna che ha assorbito i contaminanti; una ipotesi è quella di bruciarla in centrali a biomasse, ma sappiamo che non sarà facile far digerire questa opzione agli oppositori del «no alla combustione di biomasse».
Tanti auguri alle due giovani pioniere dottoresse, perché la loro formazione sia subito utilizzata e messa a frutto; e tanto di cappello al prof. Tursi, dimostratosi ancora una volta innovatore lungimirante aprendo, immaginiamo non senza difficoltà, questo nuovo indirizzo presso la sede di Scienze Ambientali di Taranto. Seguiremo con interesse, e tante speranze, i futuri frutti di questo impegno, e si sa quanto ce n’è bisogno.
R. V. G.