Una natura che «insegna» a vivere: ammirare l’immensità senza tempo delle foreste, ascoltare i suoi silenzi, la sua tranquillità e pace, pone domande profonde all’uomo contemporaneo, al suo stile di vita. Il senso dei luoghi è l’affascinante trama di articoli, quasi magici, che continua a proporci il nostro Nicola Alfano
Continuando il nostro viaggio tra i piccoli centri della Basilicata ci imbattiamo in Terranova di Pollino, paese di poco più di mille abitanti nel cuore del Parco nazionale del Pollino. Le origini del paese risalgono al XV secolo, quando i Principi di Noia, i Pignatelli, decisero di incrementare i loro possedimenti e quello era il luogo adatto per insediare nuovi coloni. Il paese, difatti, fu chiamato Terranovella di Noia, cioè «terra di recente insediamento» e mantenne questo nome fino al XIX secolo, quando assunse la denominazione attuale.
Il viaggiatore che arriva a Terranova si rende subito conto di «entrare», nel vero senso della parola, nel cuore del Pollino: per la sua posizione è una naturale via di accesso alla Serra del Dolcedorme (2.267 m), considerato il tetto assoluto del Parco, alla Serra delle Ciavole (2.127 m) e al monte Pollino (2.248 m).
Nel territorio di Terranova si possono ammirare gli straordinari esemplari dei secolari Pini Loricati, simbolo del Parco, visibili soprattutto sulla cima di Serra di Crispo (2.053), denominata il «Giardino degli Dei» proprio perché considerata uno dei santuari di questa rara specie arborea dal tronco contorto.
Inoltre è possibile ammirare l’imponente parete rocciosa Timpa Falconara, che domina il paesaggio della valle, l’alto sperone Timpa di Pietrasasso, oltre 50 metri di roccia ofiolitica, e poi il lago Duglia, sul versante settentrionale della Serra di Crispo, la gola della Garavina, profonda fenditura sul cui fondo scorre il Sarmento, proprio nella parte a monte dell’abitato di Terranova e, ancora, il lago Fondo, alle pendici della Serra di Crispo. Di particolare suggestione è poi la sorgente Catusa, vicina all’omonima contrada in cui si trova la grotta dei briganti, con incisi i nomi di quelli che vi si rifugiarono.
Una natura quella di Terranova, e del Pollino in generale, che «insegna» a vivere: ammirare l’immensità senza tempo delle foreste, ascoltare i suoi silenzi, la sua tranquillità e pace, pone domande profonde all’uomo contemporaneo, al suo stile di vita. Soprattutto insegna a capire cosa è veramente fondamentale nella vita di tutti i giorni: non denaro, successo, notorietà, ma al contrario pace, serenità e tranquillità in modo da poter essere veramente in pace sia con se stessi sia con il mondo circostante.
Passeggiare oggi per Terranova vuol dire anche ritornare in un mondo senza tempo, ascoltare come la musica della natura, dei boschi, dei ruscelli faccia un tutt’uno con la musica degli uomini, con quella musica che al suono delle zampogne, delle surduline e delle ciaramelle da sempre contraddistingue la vitalità della gente di Terranova e che ha fatto sì che il paese diventasse «città della zampogna».
Di tutto ciò si rese conto anche il grande viaggiatore scozzese, Norman Douglas che, tra il 1907 e il 1911, compì numerosi viaggi nell’Italia meridionale. Indimenticabile il suo lungo viaggio, fatto da Morano a Terranova di Pollino. Lo scrittore resta incantato da «l’antica Morano»; poi, mentre prosegue, con due muli, guidati da un astuto mulattiere di Morano, si ferma ad ammirare i punti più pittoreschi del Pollino, del Piano Iannàce e Petrasasso. È il mese di luglio e Douglas viene a sapere che una società della Valtellina e un’altra della Germania stanno abbattendo alcuni grossi faggi, allora l’arguto scozzese ha una pausa di amarezza e annota: «È triste pensare che entro pochi anni quasi tutti questi boschi saranno scomparsi; la prossima generazione stenterà a riconoscere i luoghi in cui essi sorgevano. Chi abbia voglia di godere la bellezza di questi paesaggi prima che scompaiano dalla faccia della terra, dovrà affrettarsi».
Il messaggio che oggi ci giunge da Terranova di Pollino, attraverso Douglas, è un messaggio che va controcorrente con quello che potremmo definire l’andazzo generale: la natura non si difende con slogan o manifestazioni; la natura si difende con la presenza costante dell’uomo che entra in contatto ed in armonia con essa!
Una natura che va capita ed amata; una natura a volte anche crudele, che non concede una seconda possibilità. Ma anche, e soprattutto, una natura che affascina, cresce e custodisce. L’uomo globalizzato oggi vede la natura come mezzo per il suo benessere, per arricchirsi sempre di più; al contrario realtà come Terranova ci ricordano come noi uomini siamo parte di un tutto, di un sistema che se giustamente interpretato e vissuto potrà garantirci un futuro degno di questo nome.
Come annotò Douglas riguardo a Terranova era «un paesetto con istinto sociale e un certo senso di raffinatezza». E continuava «le porte sono divise in due ma non nel senso verticale come le nostre, ma in quello orizzontale. La parte superiore resta di solito aperta, così che la massaia seduta all’interno ha aria e luce e la possibilità di chiacchierare con la vicina dall’altra parte della via; la parte inferiore è chiusa, per impedire ai maiali di entrare in casa durante il giorno (di notte ci vanno a dormire). È un sistema che dimostra il loro istinto sociale e un certo senso di raffinatezza». Noi oggi, figli della società in cui tutto è concesso e niente garantito, abbiamo questo istinto sociale e questa apertura verso l’altro?
Nicola Alfano