Quel turismo rurale può far danni…

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Le criticità e tre possibili strade da prendere

È il caso della legge regionale pugliese le cui modifiche apportate alla legge sul turismo rurale intervengono direttamente nelle procedure urbanistiche per rendere i fabbricati rurali idonei a svolgere attività turistiche. Lo fanno superando le previsioni eventualmente più restrittive degli strumenti urbanistici comunali e consentendo su immobili vincolati attività previste dalla legge regionale sul turismo rurale oggi sotto il giudizio della Corte Costituzionale a seguito di impugnazione del Governo nazionale

Abbiamo approfondito, con l’aiuto di alcuni esperti, la portata dell’articolo 36 della legge regionale di assestamento di bilancio (l. r. n. 52/2019 del 30 novembre scorso), che ha modificato la legge regionale sul turismo rurale (l. r. n. 20/1998). La norma, si ricorderà, fu proposta dal Consigliere regionale Amati (PD) in sede di commissione Bilancio della Regione, da egli stesso presieduta, scatenando le proteste del mondo ambientalista e destando non poche preoccupazioni anche tra chi si occupa di assetto e pianificazione del territorio.

Della questione ci siamo già occupati su «Villaggio Globale» con un articolo apparso il 10 dicembre scorso. Ora riserve e perplessità trovano conferma anche in punto di diritto e si ha notizia che esse costituiscono oggetto di attenzione formale anche del Dipartimento della Regione Puglia competente in materia di Urbanistica, Paesaggio ed Ambiente.

Come già detto nel precedente articolo, norme spot ad uso di questo o di quel portatore di interesse possono depotenziare la tutela ambientale e paesaggistica senza rendere, peraltro, un buon servigio alla possibilità di intraprendere attività economiche in tranquillità da parte dei privati. Così è anche in questo caso.

Interferenze alle procedure urbanistiche

Le modifiche apportate alla legge sul turismo rurale intervengono direttamente nelle procedure urbanistiche per rendere i fabbricati rurali idonei a svolgere attività turistiche. Lo fanno superando le previsioni eventualmente più restrittive degli strumenti urbanistici comunali e consentendo su immobili vincolati attività previste dalla legge regionale sul turismo rurale (compresa la realizzazione di volumetrie aggiuntive fuori terra e la modificazione dei prospetti), oggi sotto il giudizio della Corte Costituzionale a seguito di impugnazione del Governo nazionale.

La norma oggi vigente ha cancellato il controllo regionale su tali interventi, fuorché nei casi in cui il Comune interessato non decida diversamente coinvolgendo il Consiglio comunale. Ha inoltre integrato direttamente negli stessi strumenti urbanistici le previsioni dell’articolo 45 delle norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr). È poi quantomeno discutibile il fatto che la norma sia stata inserita in un provvedimento legislativo avente tutt’altra finalità.

Le criticità

Tra le criticità vi è anche quella per cui l’emendamento, poi approvato dall’Aula, è stato inserito in sede di esame della legge di assestamento di bilancio in sede di esame del testo in Commissione consiliare senza alcuna relazione di accompagnamento. Questa circostanza spinse lo stesso Dipartimento regionale ad esprimere parere sfavorevole alla proposta, evidenziando la pericolosa genericità del testo. D’altra parte, passando ai «raggi X» la norma in esame, si rileva come essa non possa in alcun modo utilizzare le disposizioni del Pptr come varianti agli strumenti urbanistici. Infatti, le disposizioni del Pptr [che nel caso di specie riguardano interventi «ammissibili» (ma non «ammessi») ed «auspicabili» (termine tuttavia da non utilizzare mai in un testo normativo) nei territori costieri ed in quelli contermini ai laghi] sono riferiti a beni tutelati per legge dal Codice del Paesaggio e si applicano in precisi procedimenti amministrativi quali quelli di autorizzazione paesaggistica.

Insomma, quel che è stato definito nel Pptr, compreso l’apparato normativo di attuazione, è il frutto di un percorso giuridico-amministrativo ben definito di intesa tra Stato (ministero dei Beni culturali) e Regione e deriva direttamente dal Codice del Paesaggio. Non sarebbe perciò giuridicamente ammissibile che indicazioni di carattere paesaggistico si trasformino in norme urbanistiche immediatamente valide indistintamente su tutto il territorio regionale, addirittura senza considerare eventuali prescrizioni urbanistiche più restrittive degli strumenti di pianificazione comunali.

Con la norma introdotta la Regione si spoglierebbe dei poteri di pianificazione territoriale affidatile dalla Costituzione in relazione, peraltro, a luoghi ambientalmente e paesaggisticamente rilevanti come i territori costieri.

Infine, se l’applicabilità della norma in questione, ad esempio, al territorio di Costa Ripagnola a Polignano a Mare non è per nulla scontata per una serie di ragioni tecniche e giuridiche e, soprattutto, perché lì si è in presenza di un progetto (il progetto Serim per la realizzazione di un resort turistico-alberghiero) di trasformazione territoriale già approvato definitivamente pur se oggi sotto procedimento penale, lo stesso non può dirsi per altri territori. Tra essi anche quello di Fasano la cui amministrazione comunale aveva proposto alla Regione Puglia una variante al proprio piano regolatore con la quale si volevano introdurre le destinazioni a turismo rurale degli edifici senza attivare alcuna variante urbanistica, come invece previsto dalle norme regionali.

La proposta, così come formulata dal Comune di Fasano, non fu accolta dagli uffici urbanistici della Regione ma è rientrata dalla finestra, questa volta con forza di legge, attraverso l’emendamento alla legge di assestamento di bilancio regionale dello scorso novembre che ha soppresso il parere regionale sulle varianti urbanistiche.

Tre strade

Queste, in sostanza e cercando di renderle comprensibili, le criticità emerse. Ora le strade sono tre.

La prima è lasciare operare la norma modificata determinando, però, possibili ricadute negative sul territorio regionale e confusione nell’applicazione delle norme da parte degli uffici comunali e regionali.

La seconda è che la Giunta regionale, oppure uno o più consiglieri regionali, propongano una norma di abrogazione delle disposizioni introdotte con l’emendamento famigerato.

La terza, non lontana dal novero delle maggiori probabilità, è che il Governo nazionale impugni dinanzi alla Corte Costituzionale anche quest’ulteriore modifica della legge regionale sul turismo rurale che, però, continuerebbe a produrre effetti fino ad eventuale dichiarazione di illegittimità.

Il Governo può esercitare questa facoltà fino alla fine di questo mese di gennaio.

 

Fabio Modesti