Un tema caldo quello del dissesto idrogeologico affrontato, anche a Bari, per promuovere la conoscenza e la diffusione dei criteri e degli indirizzi alla base della programmazione e progettazione degli interventi di difesa del suolo e questo attraverso l’analisi dei risultati ottenuti negli ultimi anni e il confronto tra le varie esperienze professionali
Il dissesto idrogeologico costituisce un tema di particolare rilevanza per l’Italia a causa degli impatti sulla popolazione, sulle infrastrutture lineari di comunicazione e sul tessuto economico e produttivo. Si leggeva nella Introduzione al Rapporto «Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio, edizione 2018» redatto dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) che il forte incremento delle aree urbanizzate, verificatosi a partire dal secondo dopoguerra, spesso in assenza di una corretta pianificazione territoriale, ha portato a un considerevole aumento degli elementi esposti a frane e alluvioni e quindi del rischio con un aumento delle superfici artificiali passate infatti dal 2,7% negli anni 50 al 7,65% del 2017.
Altri dati presenti nel Rapporto indicavano che 7.275 comuni (91% del totale) sono a rischio per frane e/o alluvioni; il 16,6% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità; 1,28 milioni di abitanti sono a rischio frane e oltre 6 milioni di abitanti a rischio alluvioni.
E di «Strategie resilienti di contrasto al dissesto idrogeologico» si parla presso il Politecnico di Bari nella 2° edizione dell’omonimo convegno organizzato dalla Regione Puglia, dall’Agenzia di sviluppo ecosostenibile del territorio della Regione Puglia e con la co-organizzazione dell’Ordine dei geologi della Puglia (Org), dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Bari, dell’Ordine degli architetti della provincia di Bari, dal Politecnico di Bari.
Il dibattito, avviato dall’Ufficio del Commissario di Governo delegato per la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Puglia lo scorso anno, prosegue quindi con l’ iniziativa, nell’intento di promuovere la conoscenza e la diffusione dei criteri e degli indirizzi posti alla base della programmazione e progettazione degli interventi di difesa del suolo nel territorio regionale, attraverso l’analisi dei risultati conseguiti negli ultimi anni e il confronto partecipato tra i soggetti competenti in materia.
Per comprendere il tema del dissesto idrogeologico è necessario lo studio dei fenomeni, con il monitoraggio delle precipitazioni atmosferiche e del sistema idrografico superficiale, attraverso una rete di strumenti che siano capillarmente distribuiti sul territorio nazionale; lo sviluppo sostenibile, contenendo la saturazione del territorio esposto ad uno sviluppo socio-economico e demografico impattante; la mitigazione del rischio, con la realizzazione di interventi, quali la sistemazione dei versanti, la regimazione delle acque, la realizzazione di opere di difesa volti a mitigare il livello di rischio (Rischio = Pericolosità x Vulnerabilità x Esposizione); la corretta programmazione e pianificazione territoriale guidata dalla conoscenza dei processi morfogenetici che governano l’evoluzione del paesaggio.
«Siamo consapevoli che in passato sono stati troppi i ritardi sull’utilizzo dei fondi di progettazione per il contrasto del dissesto idrogeologico, una situazione inammissibile e che non possiamo più permetterci», questo diceva il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, lo scorso novembre alla luce della pubblicazione dei dati diffusi dalla relazione della Corte dei conti sul Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico (2016-2018), secondo i quali le risorse effettivamente erogate alle Regioni negli anni oggetto dell’indagine equivalgono solo al 19,9% del totale complessivo (100 milioni di euro) in dotazione al Fondo.
E anche il Wwf all’indomani dell’allarme maltempo dello scorso novembre in Liguria, Piemonte e Valle D’Aosta parlava della necessità di un buon governo del territorio avanzando richieste che andavano dal bloccare il consumo di suolo in tutta Italia alla necessità di predisporre da parte dei comuni di piani di adattamento e mitigazione ai cambiamenti, dall’avviare nelle aree a maggior rischio azioni di delocalizzazione al bloccare l’escavazione in alveo e il taglio della vegetazione ripariale, dall’avviare una diffusa rinaturazione fluviale all’applicare correttamente le direttive Quadro Acque (2000/60/CE) e Alluvioni (2007/60/CE).
E ritornando al convegno, Davide Bonora, Vice Presidente dell’Org e presente ai lavori evidenzia come sia necessario «mettere in campo le sinergie tra le varie professioni nell’obiettivo di creare quel fronte multidisciplinare necessario per valutare le fasi di progettazione, approvazione e messa in opera delle mitigazioni in una regione, la Puglia, in continua evoluzione. Importante è anche osservare la fase di post opera necessaria a capire se ciò che è stato realizzato è realmente adatto all’evoluzione del territorio e il tutto prestando un’attenzione particolare alla divulgazione dell’argomento la cui conoscenza deve essere a portata di tutti».
Un tema caldo quello del dissesto idrogeologico affrontato, anche a Bari, per promuovere la conoscenza e la diffusione dei criteri e degli indirizzi alla base della programmazione e progettazione degli interventi di difesa del suolo e questo attraverso l’analisi dei risultati ottenuti negli ultimi anni e il confronto tra le varie esperienze professionali.
Elsa Sciancalepore