Pioggia artificiale, il caso Puglia e il silenzio sull’inquinamento

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Nuvole tempo pioggia
Foto di A. Perrini
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Il Piano pioggia, risalente a vari anni fa, è rimasto nel limbo dell’ignoto alimentando, forse involontariamente, fake news che hanno moltiplicato la confusione. Né ci sono dati e studi sui possibili effetti a terra della ricaduta dei sali sulla vegetazione, sul suolo, sull’acqua e sugli animali, uomo incluso, non essendoci alcun monitoraggio e studio scientifico che stia seguendo questa avventurosa pratica, almeno in Puglia. Esiste solo una generica affermazione di innocuità assoluta dei composti usati. È giunto il momento che su questa vicenda si faccia chiarezza, prima di tutto sospendendo l’inutile pratica, ove fosse ancora sciaguratamente in corso

La teoria della terra piatta, invece che sferica, è l’emblema delle bufale, o fake news, come si usa dire oggi. Tutto questo è il prodotto di patologiche paure, contorti complottismi e collanti di gruppi di disadattati, che si creano così una ragione per giustificare il loro rifiuto di integrarsi nel nostro sistema? O è uno strumentalizzabile grumo di antiscienza buono per mascherare errori e malefatte?

Lasciamo stare il «terrapiattismo», molto interessante da studiare come vera patologia della conoscenza e della distorsione dei processi logici, fenomeno più volte replicato e applicato, purtroppo, anche a tematiche e convinzioni presentate come scienza ufficiale.

Quella dell’inseminazione delle nubi (il più delle volte associata alle teorie delle «scie chimiche» o, da un versante avverso, alle «innocue scie di condensazione dovute al passaggio degli aerei»), più tempo passa e meno sembra essere una totale bufala.

Tanto per cominciare esiste un nome scientifico che qualifica non ignoti fenomeni generati per mano di altrettanto misteriosi strateghi del male, ma una tecnologia studiata e, udite, già in uso, in varie parti del mondo da almeno 60 anni: la Geoingegneria.

Applicata in Israele dagli anni 60, consiste proprio nell’intervenire con immissione aerea (Chemtrail) di sostanze di vario genere per incidere in maniera mirata sui fenomeni atmosferici, per modificarli a vantaggio dell’uomo. Secondo i proponenti, ovviamente. Tra i quali è doveroso annoverare Massimo Bartolelli, professore della facoltà di Agraria dell’Università di Bari.

Si parte dall’inseminazione delle nubi per far piovere, o non far grandinare, o non far piovere, per schermare la luce solare e provare a ridurre l’effetto serra, o assorbire CO2 o abbattere inquinanti, e così via, in un fiorire delle idee sempre più stravaganti.

Molte sono ancora elucubrazioni fantascientifiche, fortunatamente lontane dall’essere praticate; altre sono già progetti pronti all’uso (meglio dire all’azzardo). Ma altre sono state già impiegate e si impiegano tutt’ora. E la notizia, totalmente sconosciuta e taciuta ai più, è che la regione italiana dove maggiormente si sono praticate queste pratiche, sia negli anni recenti che nel lontano passato, sapete qual è? la Puglia!

Sì, signori, proprio la Puglia, la nostra terra.

Invenzioni assurde, falsità mostruose, terrorismo criminale, follia incontrollata?

Nulla di tutto ciò.

Per non dilungarci, ci limiteremo (in questa occasione) a citare due documenti ufficiali: il primo, datato 1° ottobre 1991, è stato estratto dal sito ufficiale del Senato della Repubblica; il secondo dal Bollettino Ufficiale della Regione Puglia del 14 agosto 2003.

Il resoconto stenografico del Senato riporta parola per parola l’intervento del prof. Bartolelli durante l’audizione promossa dalla IX Commissione Permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare – decima Legislatura), durante i lavori svolti nell’ambito della «Indagine Conoscitiva sulle Risorse Idriche in Agricoltura». È utile segnalare che la Commissione ascolta Massimo Bartolelli in qualità di Amministratore Delegato della Tecnagro (azienda creata dall’Università di Bari) e non nella sua veste di professore universitario.

Ecco uno stralcio del suo intervento:

«… La stimolazione artificiale delle piogge è stata condotta in questi anni con un grande progetto sperimentale avviato in Italia dapprima nella regione Puglia e poi, successivamente, con un intervento cofinanziato dal ministero dell’Agricoltura, anche nelle regioni Sicilia, Sardegna e Basilicata. Siamo ovviamente ancora ai primi anni di sperimentazione, ma vorrei sottolineare che il termine sperimentazione ha una connotazione ben diversa a quella alla quale siamo abituati quando si parla di sperimentazione, che è in sé soprattutto di piccola scala. La nostra scala è invece di migliaia di chilometri quadrati; la nostra area sperimentale in Puglia è un decimo della regione stessa, in Sicilia è un nono del territorio di tutta la regione; si tratta così di sperimentazioni effettuate all’aperto su scala non piccola, con l’obiettivo di far piovere di più. Stiamo utilizzando una tecnologia messa a punto da molti anni in Israele e che sostanzialmente sintetizzo. Essa consiste nell’avvistare i sistemi nuvolosi, quando arrivano, perché la prima condizione è che ci siano delle nuvole, altrimenti non c’è modo di far piovere. Con ricevitori da satellite si avvistano le nuvole, che vengono captate dai radar meteorologici che hanno programmi specializzati, dall’elaboratore elettronico vengono valutate le caratteristiche del sistema nuvoloso e la possibilità della stimolazione artificiale della pioggia, se l’elaboratore dà delle risposte sostanzialmente positive viene fatto partire un aereo, un bimotore strumentato appositamente per la stimolazione delle piogge, equipaggiato con un bruciatore che si trova sul velivolo e nel quale viene bruciata in volo una soluzione di ioduro d’argento in acetone. L’aereo parte, viene guidato via radio dal centro radar, arriva alla base delle nubi, emette una nuvola di particelle minutissime di ioduro d’argento combuste, particelle che hanno la caratteristica di avere una struttura cristallina corrispondente a quella del ghiaccio (che è l’agente che nella maggior parte dei casi in natura innesca il processo naturale della pioggia). Si cerca, quindi, con questo sistema, di far avvenire artificialmente quello che accade naturalmente. In natura, infatti, nei sistemi nuvolosi l’acqua si trasforma in goccioline di pioggia e comincia a cadere soltanto nella misura in cui nell’interno della nuvola esistono dei piccolissimi «nuclei di condensazione», ghiaccio o pulviscolo atmosferico, intorno ai quali il vapore di cui è costituita la nuvola si condensa, forma la goccia e questa cade. Le nubi che vediamo passare e dalle quali non cade pioggia, per cui dopo un poco si dissolvono, sono nuvole all’interno delle quali non esistono sufficienti nuclei di condensazione, tali cioè da poter innescare la precipitazione. Tutta la logica (molto semplice a dire ma non altrettanto semplice a mettere in atto) è di andare ad introdurre nel momento giusto e all’altezza giusta dei nuclei di condensazione che possano attivare il fenomeno. Una volta eseguita questa inseminazione con ioduro d’argento le nuvole continuano a spostarsi; se l’inseminazione ha effetto, generalmente dopo pochi minuti e quindi dopo qualche chilometro (quanti dipende dalla velocità del vento) avviene la precipitazione. Che questo accada è ampiamente dimostrato; quindi si potrebbe dire perché occorre fare dei progetti sperimentali? […]

Passiamo ora al secondo documento ufficiale, quello della Regione Puglia del 14 agosto 2003, un Decreto del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale, Raffaele Fitto, all’epoca Presidente della Giunta Regionale, avente come oggetto «Stimolazione pioggia artificiale della pioggia nella Regione Puglia. Approvazione capitolato d’oneri, schemi di bando di gara e lettera d’invito».

Il progetto in questione, costato 3.615.198,29 euro di pubblico danaro, è stato attuato a partire dall’anno successivo ed è stato sbandierato dai media locali («Gazzetta del Mezzogiorno» e «Repubblica» Bari in primis) come la soluzione dell’antico problema della siccità pugliese. Nessuno, però, ha notato che, in base al cronoprogramma del Commissario Fitto varato con il Decreto n. 20 del 17 febbraio 2004, gli aerei hanno sorvolato la Puglia nei seguenti mesi: novembre, dicembre, gennaio, febbraio e marzo. La Regione Puglia ha «stimolato» le piogge proprio in questi cinque mesi, giungendo in pratica a dilapidare danaro pubblico e a «stimolare le piogge» nel periodo invernale, quando la siccità non risulta registrata da nessuno studio scientifico o dagli osservatori meteorologici, almeno in Puglia.

Dove, quante volte, e se duri ancora tale pratica, è difficile saperlo, e certamente non ne parlano i media.

Sì, perché, oltre a non essere affatto chiaro se la cosa abbia o meno l’effetto desiderato (anzi al contrario «no discernable seeding effect could be found», non ci sono parimenti neanche dati e studi sui possibili effetti a terra della ricaduta dei sali sulla vegetazione, sul suolo, sull’acqua e sugli animali, uomo incluso, non essendoci alcun monitoraggio e studio scientifico che stia seguendo questa avventurosa pratica, almeno in Puglia. Esiste solo una generica affermazione di innocuità assoluta dei composti usati.

A riprova di quanto diciamo, non c’è solo la ricerca storica svolta nel libro «La Puglia degli Ulivi. Dopo la Xylella», ma niente popo’ di meno che una pesante interrogazione parlamentare del 2014 (Legislatura 17. Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01311), ricca di numeri, riferimenti e richiami ad atti e operazioni legate all’uso sconsiderato dello ioduro in Puglia, a cui, però, misteriosamente, non sembra esserci stata alcuna risposta.

Ora diciamocelo, non ci sono tutte le perfette condizioni perché fiorisca il più suggestivo romanzo del mistero all’italiana?

Ma il problema non è solo o tanto questo; il vero problema è l’ipotesi che questi sali abbiano un effetto imprevisto su alcune matrici organiche ed inorganiche di piante e animali. Ed è più che un mero dubbio o sospetto, ma è oggetto di studi scientifici, ovviamente esteri, visto che in Puglia e in Italia ci si guarda bene dall’approfondire la questione o svolgere indagini accurate. Cosa che la Ministra Bellanova e il Presidente Emiliano dovrebbero fare, prima come pugliesi e subito dopo come massimi rappresentanti istituzionali.

In un corposo report, il Comitato scientifico indipendente australiano (dove, contrariamente all’Europa, la pratica del cloud seeding è consentita dall’ordinamento giuridico), oltre a ribadire l’assenza di prova scientifica degli effetti sperati della semina di nubi, evidenzia, invece, elevati rischi di impatto ambientale dello ioduro d’argento, con precisi riferimenti scientifici.

Giusto per capire di che si tratterebbe, ne riportiamo uno stralcio tradotto in italiano:

  • Lo ioduro d’argento usato nell’inseminazione delle nuvole provoca aumenti delle concentrazioni atmosferiche di argento.
  • Le concentrazioni di argento nelle precipitazioni risultanti dalle nuvole inseminate con ioduro d’argento erano di 10-4.500 nanogrammi per litro rispetto alle concentrazioni di 0-20 nanogrammi per litro senza semina delle nuvole (Cooper e Jolly 1970).
  • Le fonti gestite dall’uomo di argento atmosferico, come l’inseminazione delle nuvole, possono essere responsabili dell’arricchimento dell’argento di 326-355 volte rispetto alla sua concentrazione media nella crosta terrestre (Struempler 1975).
  • L’argento è uno dei metalli pesanti più tossici per i microrganismi d’acqua dolce, sia piante che animali (ministero dell’Ambiente, Terre e Parchi Provincia della Columbia Britannica, Qualità delle acque).
  • L’argento viene assorbito su complessi umici e particelle sospese; e incorporato o assorbito in piante e animali acquatici. Gli organismi più sensibili sono il fitoplancton e gli embrioni e le larve degli animali, compreso il girino della rana (ministero dell’Ambiente, Terre e Parchi Provincia della Columbia Britannica, Qualità delle acque).
  • L’argento è più biodisponibile in condizioni di basse concentrazioni di anioni, bassi livelli di solfuri reattivi o prodotti contenenti zolfo, basse concentrazioni di sostanza organica, sedimenti a sospensione più bassa e pH più basso, ed è quindi preoccupante che l’argento abbia un impatto sulle piante e sugli animali.
  • L’argento è una genotossina, cioè capace di formare mutazioni genetiche (si lega al Dna e può causare la rottura dei filamenti di Dna e influire sulla replicazione).

Nulla di cui stupirsi? Anche a giudicare dalla scheda tecnica del prodotto, reperibile nei siti specifici, tipo quella dell’European Ghs Classification and Labelling, si legge che lo ioduro d’argento viene classificato come molto tossico alla lunga per la vita acquatica, con prescrizione di «evitarne il rilascio nell’ambiente»!

È giunto il momento che su questa vicenda si faccia chiarezza, prima di tutto sospendendo l’inutile pratica, ove fosse ancora sciaguratamente in corso; poi avviando studi e valutazioni scientifiche indipendenti dai circuiti professionali ed agricoli che fino ad oggi l’hanno di fatto gestita in silenzio. Lo si faccia anche, affermiamo noi, con un occhio al fenomeno dei disseccamenti degli ulivi, che possono dipendere da patogeni come la Xylella fastidiosa, ma vengono sicuramente aggravati dall’abbandono degli ulivi, dalle pratiche agricole distruttive e da un uso scriteriato dell’agrochimica, che ha compromesso non poco la vitalità dei terreni, esponendo le piante a condizioni estreme. In Puglia è difficile conoscere i dati sull’uso dei pesticidi e di sostanze pericolose come il boro o il carfentrazone, che per decenni hanno avvelenato le foglie, le radici e il terreno nel quale sopravvivono i poveri ulivi. Non è per niente difficile, invece, rendere pubblici i dati su quanto, dove e quando lo ioduro d’argento o altri sali simili sono caduti sulle nostre teste a seguito delle autorizzazioni concesse dalla Regione Puglia e dalle Autorità che hanno permesso i voli degli aerei inseminatori.

Alla luce di tali dati e informazioni, sarà possibile avviare analisi di merito e ricorrere alle eventuali decisioni politiche, da prendere (magari) in modo trasparente e non più nei giorni del ferragosto. Ma se vogliamo per davvero evitare che in futuro abbiano a ripetersi i gravissimi errori colpevolmente sottovalutati o taciuti per decenni, c’è una domanda che non può essere più elusa: dal 1980 ad oggi, quanto ioduro d’argento o sali simili hanno avvelenato il territorio della Puglia?

 

Massimo Blonda (Biologo Ricercatore), Piero Tateo (autore del libro «La Puglia degli Ulivi. Dopo la Xylella»)