Editoriale

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Il tema del 2020 che tratteremo nel nostro Trimestrale «Villaggio Globale», sarà Natura e contronatura. Svilupperemo gli argomenti: Boschi, Mare, Animali, Insetti. La cronaca di questo inizio d’anno, con la preoccupante avanzata dell’influenza cinese portata dal coronavirus Covid-19, è un ennesimo evento che può essere iscritto nell’anomalia dei rapporti che da secoli l’uomo ha avuto con la natura.

Ebola, Sars, Zika, Mers, H1N1 ed altre, sono pandemie che hanno in comune l’origine zoonotica, sono trasmesse cioè dagli animali, soprattutto selvatici. Un contatto incontrollato dovuto all’insostenibilità della caccia, alla distruzione delle foreste, al traffico di animali ed anche agli allevamenti intensivi. In un suo intervento su «vglobale.it» Giorgio Nebbia scrisse: «E c’è poco da commuoversi se scoppiano epidemie perché intere popolazioni di bovini sono state alimentate con mangimi ottenuti macinando cadaveri di altri animali morti, col loro carico di sostanze contaminanti. Le periodiche epidemie nella zootecnia sono quasi un avviso che la natura si vendica dell’avidità degli allevatori e dell’ignoranza dei cicli alimentari che stanno alla base della vita».

Un caleidoscopio di possibilità che ha incrementato l’incontro con gli animali e, qualunque sia l’origine, questo fatto continua a scavare un solco fra due culture quella che vuole l’uomo un essere superiore e dominante che può fare a meno della natura, e quella che comprende l’uomo nella natura.

Parte del mondo occidentale, con i vegetariani e i vegani, cerca di allontanare il mondo animale fra le possibilità di cibo per gli umani. Ma c’è anche un’intera parte di abitanti del pianeta che vive nell’emisfero asiatico che proprio non si pongono il problema. Il loro rapporto con il cibo è culturalmente diverso.

Essenzialmente due sono i luoghi che più di altri stanno pagando lo scotto della presenza umana: i boschi e il mare.

Se si accetta la trasformazione dell’ambiente da parte dell’uomo, come un portato naturale della sua presenza, allora va accettato anche il degrado e l’occupazione degli ambienti naturali, foreste e boschi in primis.

È qui che troviamo cibo, energia, spazi.

Ma l’uomo non è solo un animale fra animali, anche se in cima alla catena alimentare. L’uomo ha intelligenza, che è l’arma principale che lo ha posto il più in alto nella scala. Questa intelligenza gli permette di interagire, interferire, modificare, sfruttare gli altri viventi.

Ma il suo tallone d’Achille è l’incapacità del controllo. Come un essere alieno si muove sul pianeta come se l’ambiente circostante non esistesse o fosse infinito. Come un ospite che non conosce bene il luogo dove si trova né i meccanismi che lo regolano. Da qui la serie di distruzioni che lascia al suo passaggio.

Questa è la causa della spaccatura culturale all’interno della specie umana.

Le altre specie hanno sistemi di regolazione, l’uomo no.

A ben guardare l’armonia che regola un bosco, pur in presenza di una biodiversità straordinaria, c’è da restare sbalorditi dalla «gestione» che ne fanno gli esseri che l’abitano.

Specie vegetali, animali, insetti, microrganismi, spore, licheni… ognuno ha il suo posto, tutti convivono ed hanno il loro spazio. C’è un’alternanza stagionale di alcune specie che sembrano scomparire e poi rieccole. Un mondo meraviglioso fatto anche di profumi e colori.

Tutto ciò assomiglia ad un’armonia che possiamo ben chiamare amore. Un amore illimitato, senza condizioni, una convivenza tenace consapevole dell’importanza collettiva che ognuno ha singolarmente.

È esattamente quello che abbiamo perso noi. Una specie che ha reso egoistico anche l’amore senza rendersi conto che ha sancito la fine di una forza fondamentale che regge l’universo.

Non voglio introdurre elementi di metafisica, la realtà è quella che è, ma fate mente locale: provate a dire ad una persona ti amo. Il minimo che può capitare è uno sguardo sospetto, l’allontanamento, lo scatenarsi di gelosie.

Il nostro cammino su questo pianeta è proprio all’inizio, stiamo muovendo i primi passi ma già ne abbiamo distrutto buona parte.

Ignazio Lippolis