Un nuovo studio diretto dalla Fondazione Cmcc fornirà informazioni essenziali per migliorare le previsioni oceanografiche rese disponibili da Copernicus, produrre scenari climatici più accurati per arrivare, in futuro, a sviluppare soluzioni nature-based in grado di aumentare la resilienza ambientale e ridurre il rischio idro-meteorologico in Europa
Che ruolo hanno i fiumi nelle dinamiche di mari e oceani?
Quanto è importante includere certi fenomeni, come l’apporto dei fiumi, e in generale i processi che avvengono a livello di estuari, delta e lagune, negli attuali modelli oceanici regionali? È ormai noto che i fiumi influenzano la circolazione e le dinamiche costiere e di bacino di mari e oceani.
Molti studi hanno dimostrato come gli apporti fluviali condizionino la circolazione e le dinamiche che si sviluppano su scala costiera nelle aree vicino agli estuari, con la formazione dei cosiddetti river plume, una circolazione in senso orario che poi diventa una stretta corrente lungo la linea di costa, per effetto del gradiente di densità che si viene a creare con l’incontro di acque (marine e d’acqua dolce) con diversa densità. Altri studi hanno inoltre sottolineato il ruolo giocato dall’intrusione di acque salate marine all’interno degli estuari nel regolare gli scambi idrici e i valori di salinità alle bocche dei fiumi.
I modelli oceanici regionali di cui disponiamo attualmente, però, non riescono a risolvere le dinamiche degli estuari e rappresentano l’apporto dei fiumi in maniera ancora troppo semplificata, per cui gli scambi idrici che avvengono a livello degli estuari non sono ancora adeguatamente riprodotti e descritti.
Un nuovo studio appena pubblicato sulla rivista «Ocean Modelling» ha cercato di risolvere questo problema, fornendo una rappresentazione il più possibile realistica degli scambi idrici che avvengono a livello degli estuari per i modelli oceanici regionali (con una risoluzione spaziale al massimo di pochi km, e quindi non in grado «di entrare» all’interno di un fiume per descriverne dinamiche e processi), per realizzare una corretta ricostruzione dei fenomeni e degli impatti che si osservano nelle aree marine costiere adiacenti agli estuari (le cosiddette ROFIs, Regions Of Freshwater Influence, regioni d’influenza delle acque dolci). Lo studio, diretto da Giorgia Verri, esperta di modellistica degli oceani della Divisione Cmcc Ocean Predictions and Applications, realizzato anche con la collaborazione degli scienziati Cmcc Nadia Pinardi, Giovanni Coppini ed Emanuela Clementi, ha testato e messo a confronto tre diversi approcci (i seguenti tre modelli: la relazione di Knudsen’s, il modello estuarino di Uconn-Ncar e il nuovo modello estuarino Cmcc sviluppato ex novo dalla dott.ssa Verri, denominato Cmcc-Ebm) per fornire informazioni di portata e salinità alla foce dei fiumi realistiche e affidabili.
«Lo studio — spiega G. Verri — nasce per risolvere un problema di modellistica, ovvero sviluppare un approccio in grado di simulare gli effetti degli apporti fluviali sulle aree costiere e sulla circolazione e le dinamiche del mare aperto. I pochi km di risoluzione dei cosiddetti modelli oceanici alla mesoscala non sono in grado di descrivere in maniera accurata le dinamiche e i processi che avvengono a livello delle bocche dei fiumi; da qui l’idea alla base di questo studio, ovvero sviluppare un “box model estuarino” in grado di fornire informazioni sulla portata e la salinità alla foce dei fiumi».
Il modello Cmcc-Ebm è stato quindi sviluppato per rappresentare i processi tipici degli estuari, per poi essere accoppiato a un modello oceanico regionale del Mediterraneo centrale. In particolare, per indagare come le informazioni su portata e salinità fornite dai modelli analizzati andassero a migliorare la qualità delle simulazioni oceanografiche, sono stati presi in esame due casi studio molto diversi fra loro: l’estuario del fiume Ofanto e il delta del Po.
Lo studio ha evidenziato come usare un modello estuarino a monte di un modello oceanico fornisca una rappresentazione più realistica della circolazione di superficie e della salinità alle bocche dei fiumi rispetto al classico approccio climatologico. Mettendo inoltre a confronto il modello estuarino sviluppato dal Cmcc con quello di Uconn-Ncar, è emerso come particolarmente promettente il sistema accoppiato che utilizza il modello Cmcc, che ha ottenuto le performance migliori.
«La ricerca è interessante non solo da un punto di vista accademico — sottolinea la prof. Nadia Pinardi, oceanografa alla Fondazione Cmcc — ma anche per le sue possibili applicazioni pratiche: introdurre un’informazione sugli apporti fluviali nei modelli oceanografici, dalla scala regionale alla scala globale, vuol dire migliorare le loro performance e quindi produrre previsioni operative e scenari climatici più realistici e precisi. La prima applicazione del modello Ebm-Cmcc sarà nell’ambito dei modelli Copernicus attualmente utilizzati per produrre previsioni operative nel Mediterraneo e nel Mar Nero (Cmems Med Mfc and Cmems BS Mfc), per migliorare i loro risultati».
«Il Servizio di monitoraggio dell’ambiente marino di Copernicus (Cmems) è stato ideato per affrontare le problematiche emergenti in campo ambientale, scientifico ed economico; utilizzando i dati provenienti dalle osservazioni satellitari e in situ, il sistema fornisce analisi sullo stato dell’arte e previsioni giornaliere in grado di offrire una capacità di osservazione, comprensione e anticipazione degli eventi ambientali marini senza precedenti. Questo studio aggiunge un importante “pezzo” d’informazione ai modelli oceanografici utilizzati da questo servizio — commenta Giovanni Coppini, Direttore della Divisione Cmcc Ocean Predictions and Applications —. Il modello estuarino del Cmcc aggiunge ulteriore realismo ai modelli oceanografici, consentendoci di avere simulazioni e previsioni migliori».
I ricercatori del Cmcc sono già al lavoro per sviluppare una nuova versione più avanzata del modello. L’ulteriore sviluppo del modello sarà essenziale per studiare e comprendere meglio un’altra questione chiave: il problema dell’intrusione salina nei corsi d’acqua e i processi di salinizzazione delle zone costiere. «L’upgrade del nostro modello — conclude Verri — sarà impiegato nell’ambito di Operandum, un progetto che ha come obiettivo quello di ridurre i rischi idro-meteorologici in Europa attraverso lo sviluppo di soluzioni innovative “basate sulla natura” (nature-based solutions). Stimare il livello d’intrusione salina supporterà in particolare uno studio per realizzare nature-based solutions in grado di aumentare la resilienza ambientale dell’area presa in esame. Gli scenari realizzati aiuteranno in particolare nelle attività del progetto finalizzate a impiantare vegetazione in grado di mitigare il rischio di alluvione e di contenere i fenomeni di erosione e d’intrusione salina nel delta del Po».
(Fonte Cmcc)