Le proteine che fabbricano la fotosintesi

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La ricerca del Politecnico di Torino «How paired Psii-Lhcii supercomplexes mediate the stacking of plant thylakoid membranes unveiled by structural mass-spectrometry» è stata pubblicata su «Nature Communications». Le ripercussioni per le energie alternative

La fotosintesi clorofilliana nelle piante è un processo noto nei suoi principi generali di funzionamento, ma l’analisi delle sue varie fasi e componenti può ancora portare all’arricchimento della conoscenza scientifica del fenomeno, con ricadute in quegli ambiti che studiano le applicazioni biomimetiche, in particolare nel campo della produzione di energia.

In questa direzione va la ricerca pubblicata sulla rivista «Nature Communications», «How paired Psii-Lhcii supercomplexes mediate the stacking of plant thylakoid membranes unveiled by structural mass-spectrometry», avviata nel 2014 e coordinata da Cristina Pagliano, ricercatrice del Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino, che lavora insieme al professor Guido Saracco. Si tratta di uno studio strutturale e biochimico del grosso complesso enzimatico Fotosistema II (Psii), ovvero il complesso proteico che all’interno delle piante agisce per primo nel processo di conversione dell’energia luminosa in energia chimica ed è responsabile della produzione di ossigeno. Questo enzima si trova all’interno dei tilacoidi, membrane fotosintetiche con una forma simile a dei «sacchetti appiattiti», dove ha la funzione di raccogliere la luce solare e convertirla in energia chimica durante la fase luminosa della fotosintesi. Nelle piante, per ottimizzare la raccolta della luce, al Fotosistema II si associano delle proteine antenna (Lhcii), ed insieme formano il supercomplesso Psii-Lhcii. Parecchi supercomplessi Psii-Lhcii sono presenti in ogni tilacoide. Nelle piante, i tilacoidi sono principalmente impilati l’uno sopra l’altro in «pile», dette grana. Nei grana, i supercomplessi Psii-Lhcii, assorbendo energia solare, catalizzano la reazione di fotolisi dell’acqua, producendo ossigeno molecolare che, liberato in atmosfera, è vitale per la sopravvivenza di ogni essere vivente sul nostro pianeta.

L’obiettivo di questa ricerca è stato indagare proprio come questi supercomplessi Psii-Lhcii, presenti in ogni tilacoide, potessero interagire corrispettivamente tra «sacchetti» adiacenti uno all’altro e alla fine stabilizzare la struttura dei grana. Due sono state le principali tecniche adottate: per studiare la struttura tridimensionale di questi supercomplessi proteici si è utilizzata la crio-microscopia elettronica che permette di vedere in 3D ad alta risoluzione le grosse molecole biologiche e che ne ha messo in luce la conformazione appaiata e quindi il legame tra un supercomplesso e l’altro; poi la spettrometria di massa abbinata a cross-linking, che sfruttando «colle» molecolari, i cross-linkers, che legano covalentemente in specifici aminoacidi due o più proteine che si trovano a distanza ravvicinata, ha permesso di identificare le proteine di supercomplessi adiacenti che interagiscono tra di loro. Combinando i dettagli molecolari ottenuti si è riusciti a dare un nome alle proteine responsabili delle interazioni che determinano l’appaiamento dei supercomplessi Psii-Lhcii e provare il loro diretto coinvolgimento nel mantenere la disposizione impilata dei tilacoidi in grana.

Si tratta di un traguardo importante sia per la ricerca di base sia per i risvolti che si possono attuare nelle tecnologie dell’energia rinnovabile. La conoscenza dei processi molecolari della fotosintesi fornisce infatti un modello per disegnare tecnologie fotosintetiche artificiali per produrre combustibili solari e per creare sistemi basati su semiconduttori per la scissione dell’acqua e per la produzione di idrogeno su larga scala.

«Questo risultato è frutto di una ricerca “integrativa”, sia per le tecniche complementari utilizzate sia per l’effettiva integrazione con gruppi di ricerca italiani ed europei, in questo caso quello del dott. Scheltema della Utrecht University, che hanno collaborato nei vari anni allo studio — ha dichiarato Cristina Pagliano —. Solo lavorando in sinergia, ciascuno puntando sulle proprie competenze e nel rispetto di quelle altrui, possiamo raggiungere traguardi importanti nella ricerca».

 

(Fonte Politecnico di Torino)