Covid-19 e sofismi… servono soluzioni

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E non solo per questa epidemia ma anche per il clima e per le cause. Si studia da più di 30 anni, basta alibi alla politica, bisogna fare scelte reali di sviluppo e di nuovi stili di vita

Le stagioni perdute, un anno perduto, l’estate perduta, una generazione perduta… non vi sembra che stiamo perdendo molte cose? Io sintetizzerei solo in l’intelligenza perduta.

Una notizia vecchia, perché già nel 2018 due ricercatori del Centro Ragnar Frisch per la ricerca economica in Norvegia, Bernt Bratsberg e Ole Rogeberg, avevano esaminato per un periodo di quasi 40 anni, un campione di dati del quoziente intellettivo di giovani militari in Norvegia. Il campione era stato suddiviso in due sottogruppi di età, i ragazzi nati fra il 1962 e il 1975 e quelli più giovani, nati fra il 1975 e il 1991. E risultò che in media i valori del quoziente intellettivo di questi ultimi partecipanti erano più bassi di circa 7 punti passando da una generazione all’altra. Fra i nati a metà degli anni 70, che oggi hanno 43 anni, e i ragazzi nati nel 1991, che oggi hanno 27 anni, ci sono più di 5 punti di differenza.

D’altra parte, come giudichereste voi quegli scienziati che ancora dopo più di 30 anni di dati e, soprattutto, di evidenze, sono lì ancora che si attardano a discutere le cause del riscaldamento terrestre?

Quindi ci sono quelli che studiano, prevedono scenari e lanciano l’allarme; altri che studiano e dicono che non è sufficiente…

Stesso scenario sta accadendo in questi giorni a proposito del legame segnalato fra Covid-19 e polveri sottili.

Da tempo c’è l’allarme fra inquinamento e malattie respiratorie.

Il Rapporto Eea «Spatial assessment of PM10 and ozone concentrations in Europe (2005)», già segnalava che si stimava che in Europa il PM10 avesse causato circa 373.000 morti premature nel 2005.
Nel 2011 secondo uno studio della Commissione europea il solo PM10 causò ogni anno più di 350.000 morti premature in Europa, mentre in Italia per ogni 10.000 abitanti, più di 15 persone morivano prematuramente solo a causa delle polveri sottili. E dal convegno svoltosi nello stesso anno a Bologna, «Respirare Bologna», i dati presentati rilevarono un aumento di pazienti giovani (fascia dai 20 ai 45 anni), circa il 20%, in cui fu riscontrato un problema respiratorio, con una riacutizzazione dopo soli due mesi. Un dato grave, si sottolineò, in quanto «questi problemi anni fa interessavano solo gli anziani».

Per quanto riguarda la Bpco (Broncopneumopatia cronica ostruttiva), gli studiosi osservarono che tale patologia sarebbe stata la prima causa di morte in Italia nel 2020 (e pensare che negli anni 80 e 90 era solo l’ottava!).

Coerentemente con questi dati giorni fa in un ultimo rapporto di ricercatori delle università di Bologna, Bari, Milano, Trieste e della Società italiana medicina ambientale, si sottolinea che «riguardo agli studi sulla diffusione dei virus nella popolazione vi è una solida letteratura scientifica che correla l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico (es. PM10 e PM2,5).

«È noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. I virus si “attaccano” (con un processo di coagulazione) al particolato atmosferico, costituito da particelle solide e/o liquide in grado di rimanere in atmosfera anche per ore, giorni o settimane, e che possono diffondere ed essere trasportate anche per lunghe distanze».

Ed ora, fresco fresco di studi, arriva un documento, firmato da 70 scienziati di vari enti e istituzioni: Cnr, Infn, Enea, Arpa di Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte, Università di Bologna, Roma «La Sapienza», Milano, Milano-Bicocca, Padova, Firenze, Venezia, Torino, Napoli «Federico II», Genova, Modena-Reggio Emilia, Ferrara, L’Aquila, Salento e Basilicata, oltre che da ricercatori italiani impegnati all’estero (Spagna, Finlandia e Regno Unito).
L’intera società scientifica, si legge nel documento, è dunque «unanime nel valutare come parziale e prematura l’affermazione che esista un rapporto diretto tra numero di superamenti dei livelli di soglia di polveri sottili e contagi da Covid-19».

Quindi gli studi precedenti non sono della comunità scientifica? E quei ricercatori sono avventurieri in cerca di fama?

Ma noi cittadini che soffriamo il caldo d’estate e moriamo di Coronavirus cosa ci guadagniamo?

Possibile che non sfugga il disorientamento in cui tutti noi veniamo investiti? Questo virus, non è un esperimento di laboratorio, non è veicolato dall’inquinamento, o è veicolato dall’inquinamento?

Alt, attenzione, loro volevano solo precisare che non è provato questo «processo di coagulazione»… Ah! Bè, e nel frattempo che facciamo? Come lo affrontiamo? Medicine, vaccini e via discorrendo e le cause? Rispondono che devono ancora approfondire.

Quindi, domato il virus riprendiamo ad «ossigenarci» nel traffico delle nostre città… perché sennò se continuiamo a tenere tutto fermo l’economia che fa? Non vi sembra di risentire tanto il dibattito sul caso Taranto?

Allora, se la causa non è chiara, ha senso fare mucchio e non scorporare dai morti quelli morti con o per il Coronavirus? No, attenzione qui apriamo un’altra diatriba tutta all’interno del sistema sanitario. Ah! La Sanità, dimenticavo la Sanità e i posti letto…

Sto scherzando? Non è tempo di scherzare. Lo so, ma neanche il tempo di prime donne e di sofismi e con il ricominciare tutto daccapo per una citazione in più nel curriculum.

I morti, il sacrificio di medici, infermieri e di tutti noi, meritiamo più rispetto e soprattutto soluzioni. E non domani ma ora, anche perché altri da anni ce lo stanno dicendo che tutto ciò sarebbe successo…

 

Ignazio Lippolis