Un’emergenza che, tradotta in vita quotidiana, significa campi completamente a secco, meno prodotti agricoli sulla nostra tavola e più cari al mercato. Come salvaguardare l’acqua?
Da un’Italia alle prese con l’emergenza Coronavirus c’è un’altra Italia più grande che, nascosta dai riflettori e in silenzio, deve fronteggiare la calamità della carenza d’acqua. Un’emergenza che, tradotta in vita quotidiana, significa campi completamente a secco, meno prodotti agricoli sulla nostra tavola e più cari al mercato.
Anche Greenpeace non ha dubbi: «L’assenza di pioggia è uno dei grandi effetti causati dal cambiamento climatico» (Federico Spadini, Campagna Clima Greenpeace Italia). La desertificazione e il degrado del suolo sono «la più grande sfida ambientale del nostro tempo» e «una minaccia al benessere globale» (Luc Gnacadja, Nazioni Unite, 2010).
Nelle regioni del Centro-Sud la situazione è ancora più difficile, a causa dell’allarme siccità in campagna, che è scattato a partire dalla Puglia dove, sottolinea la Coldiretti, la disponibilità idrica è addirittura dimezzata negli invasi all’anno precedente. «Fino ad ora la temperatura è stata in Italia superiore di 1,65°C la media storica secondo le elaborazioni su dati Isac Cnr relativi ai mesi di dicembre e gennaio».
Inoltre, l’ultimo Atlante mondiale della desertificazione elaborato dal Joint Research Centre (Jrc) dell’Ue mostra che il 20% del territorio del Sud dell’Italia è a rischio desertificazione.
Probabilmente, non abbiamo ancora sperimentato gli effetti di una siccità catastrofica… o immaginato una città senza acqua.
Alla luce di ciò, sorge spontaneo domandarsi quali soluzioni si possano adottare. Per citarne solo alcune:
- Ognuno di noi può razionalizzare i consumi idrici domestici, adottando regolatori di flusso per docce, frangigetto, interruttori di flusso, etc., e migliorare abitudini e comportamenti, ad es. chiudendo il rubinetto mentre si lavano i denti, azionando la lavatrice o la lavapiatti solo quando sono completamente piene, etc.;
- Il settore agricolo incide maggiormente sul consumo delle risorse idriche, pertanto, occorre un uso efficiente delle risorse, nonché incoraggiare gli operatori del settore a puntare sulla crescita di raccolti a minor consumo idrico, come ad es. alcuni vigneti con maggiore resistenza alla siccità;
- Adozione nelle città di azioni e piani per mitigare gli effetti degli eventi estremi di alluvioni e siccità, incluso lo sviluppo di infrastrutture verdi (riforestazioni fuori città), di serbatoi per la raccolta di acqua piovana (dove possibile);
- Acqua «riciclata» da scarichi fognari, anche attraverso i processi ad Osmosi Inversa;
- Desalinizzazione dell’acqua di mare (moderne tecnologie riducono i consumi energetici);
- Progettazione di bacini idrici nei pressi delle città e quindi pensare non alle grandi reti ma a un sistema frammentato e autosufficiente che possa contribuire a frammentare i fenomeni cui andremo incontro (Pietro Laureano, Consulente Unesco);
- Riduzione delle perdite, la lotta agli sprechi e al prelievo illegale della risorsa;
- Secondo uno studio condotto da Allan Savory (biologo), attraverso una gestione olistica delle praterie e attraverso strategie di «pascolo-pianificato» (incremento del numero del bestiame, del pascolo e mediante la sua gestione) si può imitare la natura e invertire il processo di desertificazione.
Occorre mettere in campo strategie importanti per l’ambiente su più livelli (ricerca scientifica, formazione specialisti, informazione pubblica) altrimenti i «costi del fare» fagocitano i costi per la sua «cura». Un preciso monitoraggio ambientale, attraverso la ricerca scientifica, può individuare le linee di tendenza. Da questa evoluzione discende la necessità di un profondo cambiamento culturale, che cambi non solo le aspettative dei cittadini, ma anche la professionalità dei protagonisti.
Il seme di questo profondo e ineluttabile cambiamento deve essere fissato innanzi tutto nella scuola; che deve essere coinvolta in quei processi virtuosi per la formazione degli alunni.
Si badi che una comunità in grado di rispondere agli eventi climatici estremi e di sfruttare e assecondare la forza degli ecosistemi di tornare alla normalità, è una comunità più sicura, capace di guardare al futuro delle nuove generazioni. La tutela dell’aria, dell’acqua e del suolo influenzano la qualità della vita dei cittadini, protagonisti della loro salvaguardia.
La desertificazione si può fermare quindi? «Tuttavia — ha sottolineato Luigi Nicolais ex-presidente del Cnr — l’impegno degli scienziati, lo sviluppo di tecnologie ecosostenibili, le grida d’allarme lanciate possono ben poco senza una straordinaria e convinta mobilitazione della politica, un radicale cambio di passo dell’economia e dei sistemi produttivi, la responsabilizzazione diretta dei singoli».
Ivan Morlino, consulente ambientale