La Terra desolata

1670
africa deserto polveri
Tempo di lettura: 2 minuti

Oggi non c’è niente da celebrare, solo meditare. A 50 anni dal giorno di istituzione della Giornata siamo in una situazione penosa di colpevole distruzione

In certi film western o di fantascienza si vede una città desolata, in rovine, un uomo si aggira guardingo e ad un certo punto sobbalza perché sente un cigolio, un gatto che spunta miagolando oppure un bip automatico da un aggeggio rimasto miracolosamente funzionate.

Questa è la Terra oggi. Chi l’avrebbe detto, 50 anni fa, che l’avremmo celebrata in una situazione di tale sfascio?

L’anidride carbonica in atmosfera aumenta, la temperatura di conseguenza sale. Il polo Nord, d’estate, fra 30 anni sarà sgombro dai ghiacci e, non sappiamo cos’altro succederà dallo scioglimento del permafrost, fra aumento ulteriore di gas serra e liberazione di nuovi virus.

Tutto il resto sarà una conseguenza di questa follia di aver trasformato l’atmosfera terrestre in una grande provetta da esperimenti.

Chi gestisce le notizie oggi è letteralmente sommerso da iniziative per il bene della Terra. Pubblicità che prende in prestito i bisogni, i sogni e le speranze della gente.

Quella che non sa se camperà domani perché le macchine che sfrecciavano per le nostre città, e avevano bisogno di petrolio, hanno succhiato loro tutto ed in cambio hanno lasciato una terra desolata, sì proprio «La terra desolata», il bellissimo poema di T. S. Eliot:

«Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera…»

Leggetelo, leggetelo tutto…

Quanti sono coloro che insieme ai poveri hanno alzato la loro voce per ricordare, per sottolineare, per implorare… quanti! E dopo tanta sofferenza continua il martirio di un ambiente da cui noi prendiamo tutto senza lasciare niente.

Tutto in nome di un bene effimero, l’economia, la ricchezza, il potere.

Chi ha fatto qualcosa per l’uomo, per il benessere è ricordato in un libro speciale che non è effimero. Sulle sue spalle si regge lo sviluppo, ma su quelle spalle, come parassita, prospera la crescita.

Dobbiamo tutti insieme scrollarci, una volta per tutte questo ciarpame e guardare il mondo e la vita riconoscendo ad ognuno il diritto ad esistere.

Dobbiamo reimparare i termini: sviluppo non crescita, benessere non ricchezza. Basta con le guerre, la fame, il dolore. La Terra ha bisogno di pace, l’uomo ha bisogna di vivere serenamente. E ognuno di noi può e deve fare la sua parte.

I. L.