Spinosaurus, scoperto il dinosauro acquatico

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Ricostruzione dell’aspetto di Spinosaurus in vita. Illustrazione: Davide Bonadonna
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Nuovi fossili riscrivono la storia dell’evoluzione e dell’ecologia dei dinosauri, ridefinendo l’aspetto dello Spinosaurus. Un gruppo di ricerca internazionale, cofinanziato dalla National Geographic Society, scopre adattamenti natatori unici in un dinosauro. Tra gli autori dello studio anche un giovane dottorando dell’Università Statale di Milano

Per molto tempo gli scienziati hanno avversato l’idea che i dinosauri vivessero in habitat acquatici. Ora un team internazionale di ricercatori, sostenuto dalla National Geographic Society, ha scoperto prove inequivocabili che lo Spinosaurus aegyptiacus (il più lungo dinosauro predatore conosciuto) era un animale acquatico e usava la coda come mezzo propulsivo durante il nuoto per cacciare le prede in un vasto sistema fluviale. È la prima volta che si riscontra un adattamento simile in un dinosauro.

La scoperta, pubblicata oggi sulla rivista «Nature» e sul sito di National Geographic, si basa su un’indagine multidisciplinare sull’unico scheletro di Spinosaurus esistente al mondo, rinvenuto nella regione di Kem Kem nel Sahara marocchino. Lo scheletro è a oggi il più completo per un dinosauro predatore cretaceo dell’Africa continentale.

Sotto la guida del dott. Nizar Ibrahim, paleontologo della National Geographic Explorer e dell’Università di Detroit Mercy, il team è tornato nel sito in cui nel 2008 erano state rinvenute per la prima volta parti di uno scheletro di Spinosaurus. In uno studio precedente, lo Spinosaurus era stato identificato come un dinosauro ittiofago con adattamenti alla vita anfibia, Ipotesi supportata dal rinvenimento di arti posteriori relativamente corti, piedi larghi, tessuto osseo denso e mascelle allungate costellate da numerosi denti conici. Tuttavia, l’ipotesi che potesse essere un vero dinosauro acquatico era molto contestata, in gran parte perché lo scheletro parziale forniva scarse prove circa la struttura propulsiva necessaria alla locomozione di un dinosauro gigante in acqua.

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Lungo un pendio roccioso affiora lo strato che racchiude lo scheletro più completo di Spinosaurus mai trovato. Le prime ossa furono estratte da cercatori locali, scavando una piccola galleria. Nel corso di successive campagne di scavo (2015-2019), molti frammenti sono stati recuperati setacciando il detrito sottostante, mentre la coda è venuta alla luce a destra della galleria. Foto: Cristiano Dal Sasso

Tra il 2015 e il 2019 il team di Ibrahim ha recuperato molti altri fossili dello scheletro, tra cui una coda straordinariamente completa, simile a una pinna, capace di ampi e potenti movimenti laterali e caratterizzata da spine estremamente lunghe. Di questa coda è conservato ben l’80% delle ossa, allineate su una lunghezza di quasi cinque metri.

«Quando fai una scoperta del genere l’emozione si fa sentire. Nessuno di noi si aspettava di trovare la coda di questo animale quasi per intero e con una forma simile! — commenta entusiasta Gabriele Bindellini, giovane dottorando dell’Università Statale di Milano che ha partecipato al team di ricerca —. Questa scoperta conferma quanto incredibile sia lo Spinosauro: un dinosauro perfettamente in grado di vivere e cacciare in un ambiente acquatico, con una grande vela sul dorso e una coda alta e piatta come un lungo nastro».

Dopo aver preparato tutti i fossili, il team ha utilizzato la fotogrammetria per acquisire digitalmente l’anatomia degli elementi ossei della coda rinvenuti durante lo scavo, e produrre un modello 3-dimensionale accurato dell’animale. Questo metodo ha permesso inoltre lo studio dei reperti e la loro riproduzione a distanza con una stampante 3D.

Per valutare quantitativamente le prestazioni della coda, un team di ricercatori di Harvard ne ha realizzato un modello flessibile e lo ha agganciato a un sistema robotico che imita i movimenti del nuoto. Le prestazioni natatorie della coda dello Spinosaurus sono poi state confrontate con modelli di coda di altri animali, fra cui altri dinosauri, coccodrilli e tritoni. I risultati sono pienamente coerenti con l’idea di un vero «mostro fluviale» che viveva in acqua servendosi della coda come mezzo di propulsione.

«La scoperta confuta definitivamente l’idea che i dinosauri non-aviani non abbiano mai invaso l’ambiente acquatico — dichiara Ibrahim —. Questo dinosauro inseguiva le prede nella colonna d’acqua, non si limitava soltanto ad aspettare il passaggio dei pesci in acque poco profonde. Probabilmente passava molto del suo tempo soprattutto in acqua». Lo studio indica anche la possibilità di un’invasione persistente e diffusa di habitat acquatici da parte di parenti dello Spinosaurus.

Lo spinosauro rappresenta dunque un esperimento evolutivo unico, che non ha equivalenti nel regno animale.

«La scoperta, frutto della curiosità e della dedizione del dott. Ibrahim, cambia le attuali conoscenze sui dinosauri — commenta Alex Moen, vicepresidente dei programmi di esplorazione della National Geographic Society —. Il suo lavoro, al confine fra scienza e esplorazione, incarna l’impegno del National Geographic a far luce sulle meraviglie del mondo». Da oltre 130 anni, la National Geographic Society investe in persone audaci con idee innovative.

Oggi tutte le ossa originali ritrovate nell’ambito del progetto sono ospitate presso l’Università di Casablanca in Marocco. Per il professor Samir Zouhri, uno degli obiettivi principali era creare competenze e infrastrutture nel Nord Africa: «In passato — spiega — fossili marocchini come questi sarebbero inevitabilmente finiti in collezioni europee, asiatiche o americane. Ora abbiamo qui in Marocco la migliore collezione di fossili di Kem Kem, con il più completo dinosauro predatore del Cretaceo dell’Africa continentale. Una grande svolta».

Un dinosauro predatore più quadrupede che bipede

Una ricostruzione dell’aspetto in vita di Spinosaurus, con tanto di muscoli e altre parti molli, è stata realizzata in digitale da Davide Bonadonna (uno dei coautori italiani dell’articolo di «Nature»). Portata alla giusta scala, questa ricostruzione ha permesso di calcolare il volume effettivo del dinosauro. La densità corporea di coccodrilli e uccelli acquatici è stata ricalibrata (anzi, «personalizzata») sullo spinosauro, tenendo conto sia dell’aria presente nei polmoni e nelle sacche aree (che tendono ad abbassare la densità), sia della presenza di ossa molto dense e compatte negli arti e nella vela (che invece tendono ad aumentare la densità).

Fatti questi assestamenti, è stato possibile stimare la massa corporea dello spinosauro: più di 3,5 tonnellate, per questo esemplare lungo oltre 10 m. Anche con l’aggiunta di una coda spessa e pesante, la combinazione di gambe corte, corpo allungato e vela sulla schiena fa sì che il centro di massa (o baricentro) del dinosauro si trovi ben più avanti del bacino e della posizione dei piedi sul terreno, diversamente da quanto accade negli altri dinosauri bipedi, come il Tyrannosaurus rex.

Ciò significa che per uno spinosauro era difficile stare in piedi e camminare come un bipede, e che dunque doveva essere molto goffo e sbilanciato in avanti quando si spingeva sulla terraferma. Forse, all’occorrenza, era addirittura costretto a usare le braccia per puntellarsi, con un’andatura più quadrupede che bipede. Questi problemi non si presentavano in acqua. Dunque il baricentro spostato in avanti è un’altra prova a favore del fatto che lo spinosauro era molto più a suo agio nei fiumi, dove trascorreva gran parte della vita.

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In alto: ricostruzione della coda di Spinosaurus (con le poche ossa mancanti in bianco). Al centro: vertebre e sezioni in tre punti diversi della coda, con aggiunta della muscolatura. In basso: il nuovo aspetto dello spinosauro, che nessuno poteva immaginare (in rosso le ossa estratte dai cercatori locali, in verde quelle scavate dal team di ricerca internazionale, in giallo quelle trovate nei detriti). Disegni: Marco Auditore. Foto: Gabriele Bindellini

Cosa cambia nella storia dell’evoluzione?

Negli ultimi decenni numerosi ritrovamenti hanno dimostrato che alcuni dinosauri, diventando piccoli e leggerissimi grazie allo sviluppo di ossa cave, impararono a volare e diedero origine agli uccelli. Spinosaurus rappresenta un processo evolutivo altrettanto bizzarro, che però ha preso una direzione opposta: rivela che altri dinosauri, appesantendo lo scheletro e modificando le proporzioni corporee, andarono a vivere in acqua.

Eppure gli spinosauridi vengono dallo stesso ceppo di dinosauri che ha portato agli uccelli, quello dei Tetanuri… Parola che significa «code rigide»! Proprio l’opposto di quello che vediamo nella coda appena scoperta.

Lo spinosauro rappresenta dunque un esperimento evolutivo unico, che non ha equivalenti nel regno animale. Da 220 milioni di anni a questa parte, nella lunga storia dei dinosauri non ne è mai comparso nessun altro con una coda così. La coda ora pubblicata su «Nature» possiede adattamenti anatomici estremi, sviluppati per consentire uno stile di vita decisamente acquatico e specializzati per inseguire le prede in acque aperte e per lungo tempo.

La scoperta di una coda estesamente pinnata e flessibile attaccata al corpo di un grande dinosauro teropode rappresenta la prima inequivocabile prova che, ad un certo punto della loro storia, i dinosauri invasero anche gli habitat acquatici. Con un modello anatomico completamente nuovo ed originale, che cancella decenni di false certezze che tutti i dinosauri privi di penne fossero costretti ad abitare solo gli ecosistemi di terraferma.

Negli studi precedenti su Spinosaurus (compreso l’articolo su «Science» del 2014, scritto anche da molti degli autori della nuova ricerca), nessuna delle modalità di locomozione proposte (zampe palmate, coda, o una loro combinazione) si era rivelata convincente e soddisfacente, in termini biomeccanici.

Francamente, nemmeno gli «addetti ai lavori» riuscivano a immaginare spinosauri rapidi e non goffi nei movimenti in acqua, perché non si sarebbe mai potuto prevedere un adattamento così estremo ed inusuale in un dinosauro «tetanuro».

Ora questa coda risolve tutto: le zampe potevano semmai aiutare il nuoto, ma non erano essenziali. Come i dinosauri pennuti hanno cambiato radicalmente il nostro modo di vedere e studiare i «rettili terribili», così questa scoperta amplia incredibilmente le conoscenze attuali sulla paleobiologia dei dinosauri e apre orizzonti eccitanti e inaspettati. Sebbene meno sviluppati, simili adattamenti all’acqua sono presenti in altri spinosauridi e da oggi potranno essere reinterpretati alla luce di ciò che osserviamo in Spinosaurus.

Trattandosi di un gruppo che ebbe una distribuzione geografica quasi globale e una permanenza nel tempo per più di 30 milioni di anni, ci possiamo ragionevolmente aspettare di scoprire che questi incredibili animali invasero gli ambienti acquatici in modo ricorrente e assai impattante la vita sulla Terra.

Il team di ricerca

Insieme a Ibrahim, altri 16 ricercatori, tra cui sette italiani (Simone Maganuco, Cristiano Dal Sasso, Matteo Fabbri, Marco Auditore, Gabriele Bindellini, Diego Mattarelli e Davide Bonadonna), hanno firmato l’articolo pubblicato oggi online sulla rivista «Nature».

Il team di ricerca è stato guidato dal dott Nizar Ibrahim, paleontologo affiliato all’University of Detroit Mercy, nonché National Geographic Explorer. Il team include scienziati da tutto il mondo, tra cui: Cristiano Dal Sasso and Simone Maganuco, Museo di Storia Naturale di Milano; David Martill, University of Portsmouth, UK; Matteo Fabbri, Yale University; Stephanie Pierce e George Lauder, Harvard University; Samir Zouhri e Ayoub Amane, Università di Casablanca in Morocco; Gabriele Bindellini, dell’Università degli Studi di Milano; Marco Auditore e Diego Mattarelli, collaboratori del Museo di Storia Naturale di Milano; David Unwin, University of Leicester, UK; Jasmina Wiemann, Yale University; Davide Bonadonna, Associazione Paleontologica Paleoartistica Italiana, Juliana Jakubczak, University of Detroit Mercy; e Ulrich Joger, Staatliches Naturhistorisches Museum Braunschweig.

 

(Fonte Università degli studi Milano)