Dedicato ai negazionisti del nulla

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La pandemia ha scoperto le carte ed essenzializzato i problemi. Scegliere fra la vita e la morte. Perché questa è la scelta fra inquinamento e salute, economia e benessere, crescita e sviluppo

Sulla pandemia da Coronavirus si è detto di tutto, si sono scandagliati tutti gli aspetti possibili: dalle origini alle cure, dallo scollamento uomo-natura alla crescita.

Un aspetto, più volte emerso, è però sempre restato un po’ in ombra, una sorta di timore reverenziale perché, in fondo, nessuno vuole assumersi il rischio di una iniziativa, di una battaglia.

È il rapporto fra crescita e sviluppo. La crescita è la crescita, si tratta di accumulare ricchezze, iniziative, modi di vivere che puntino ad un obiettivo preciso: autoalimentare il consumo che genera accumulo di ricchezze. E tutto questo senza limiti né di tempo né di spazio né di rispetto della vita. La pervasività di questa organizzazione della società è ovunque ed evidente.

Questo è sempre stato chiaro, solo che pochi indicavano nuove strade e, quelli che l’hanno fatto, spesso erano messi in difficoltà dagli stessi sostenitori i quali pensavano di poter stare con due piedi in una scarpa: colorarsi di verde e contemporaneamente godere dei vantaggi della crescita. È la pletora degli ambientalisti inutili, una sorta di sottobosco verde, marcio, che fa solo danni per puro tornaconto.

La pandemia ha scoperto le carte ed essenzializzato i problemi. Scegliere fra la vita e la morte. Perché questa è la scelta fra inquinamento e salute, economia e benessere, crescita e sviluppo.

Questo, una volta, si chiamava ricatto occupazionale. E ce n’è voluto prima di scalfire questo mostro sacro dei dibattiti e delle scelte governative. Scalfire sì, perché in realtà sono ancora pochi coloro che hanno il coraggio di fare il grande passo. Di scegliere apertamente.

Ormai siamo così poco abituati a cercarci il cibo, a cucire i vestiti, a fabbricarci i mobili e le case che sentiamo tutta la paura di un salto nel buio. Però, nello stesso tempo, siamo sopravvissuti senza supermercato, senza ristorante, senza l’ultima camicetta di primavera. Intendiamoci, non che si debba tornare ad un mondo ormai impossibile da replicare, ma per far toccare con mano tutte le nostre incapacità.

E invece ecco il miracolo, la pandemia ci ha costretto a recuperare vecchie conoscenze, antiche abilità e, soprattutto, ci ha fatto conoscere un’altra società che viveva accanto a noi e che noi abbiamo sempre snobbato. Ecco, quindi, che chi vuole fare il salto, non è nel nulla.

Esiste un modo di vivere che in cambio non chiede denaro, prestiti, investimenti almeno non nella misura sconfortante e ricattatoria dell’attuale sistema. Si tratta però di aderire ad un ruolo attivo da parte nostra e non solo come cliente o come merce, ma come persona. Con tutta la nostra dignità, intelligenza e diritto di vita.

Ed ecco l’altro miracolo di questa pandemia: scoprire i lupi travestiti da pecore.

Le aree che più hanno subito l’attacco del Coronavirus sono state proprio quelle che più sono radicate nella cultura consumistica, votati ad una crescita senza fine convinte che quello è il nostro bene primario. E per questo bene sono pronte a sacrificare tutto, anche la vita.

E la pandemia ha tolto loro la maschera perché ha rivelato che il loro faticare non era per il benessere sociale e dell’uomo, bensì solo egoistico.

Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori: dal «Non siamo qui per chiudere gli spread» a «non possiamo morire di fame», dal «vedremo morire molti nostri anziani» alla colpa «di quelli che sono chiusi che stanno facendo un danno all’economia».

E non sono mancati i sostenitori dell’aria aperta e del tempo libero che hanno aperto piste da sci e diffuso il virus in mezzo continente. Come i pii fedeli che si sono riuniti per celebrare messe o funerali, o come uomini di scienza che hanno proposto soluzioni fantasiose giusto per avere spazio e ruolo, come, purtroppo, ci sono stati altri che hanno pagato di persona o con la vita, la loro fedeltà all’ideale della scienza al servizio dell’uomo.

C’è stato qualcuno che all’inizio voleva cavalcare la stessa tigre ma il Covid-19 gli ha fatto cambiare idea. Ma solo qualcuno. Purtroppo l’uomo ha memoria corta ed intelligenza non adeguata perché scambia il potere con il dovere, e quindi se non va a sbattere di persona nega nega nega fino alla fine.

Il che vuol dire che abbiamo davanti a noi una strada ancora lunga da percorrere e che, purtroppo, dovrà costare ancora vite, pandemie, abusi e soprusi, in un orrido scenario di potere e ignoranza che quando inizieremo a chiamare follia vorrà dire che staremo per uscirne.

Ormai, quindi, le carte sono scoperte, il gioco e gli obiettivi pure, a noi la scelta. Una decisione che non è complicata: la vita o la morte, la dignità o la schiavitù.

Ignazio Lippolis