L’Aiab chiede alla Regione di bloccare l’abbattimento… Per l’Europa non è obbligatorio
«Un’emergenza — sottolinea Patrizia Masiello, presidente regionale dell’Associazione italiana per l’agricoltura biologica — non può calpestare i diritti costituzionali e la libertà personale. Con gli svellimenti forzati stiamo andando oltre il nostro stato di diritto e questo mi preoccupa come cittadina democratica»
Piante che si riprendono da sole, innesti che si seccano, e tutto con la buona pace di un certo tipo di ricerca. Continua, così, la schizofrenia degli ulivi in Puglia che sta danneggiando agricoltori, immagine della Regione, paesaggio e senza risolvere il problema che, già anni fa si diceva che non ci fosse soluzione. E in effetti, la natura sta facendo da sé mentre gli uomini sanno solo distruggere…
Ed ora ci troviamo di fronte ad una situazione di contenzioso infinito e sicuramente costoso per i cittadini pugliesi, dato che come robot radiocomandati le «truppe» regionali continuano a tagliare mentre l’Europa dice che non è obbligatorio. Secondo la norma Efsa, in zona classificata infetta non sussiste l’obbligo di abbattimento. Quindi il proprietario può scegliere se abbattere o meno. E se la Regione o lo Stato vogliono abbattere, devono farlo col consenso del proprietario. Cisternino, ad esempio, è zona infetta. Non esiste la classificazione anomala che fa la Regione Puglia, ovvero zona infetta ex contenimento.
Per questo l’Aiab Puglia chiede alla Regione di bloccare l’abbattimento degli ulivi e di aprire alla ricerca che crede nella possibile cura degli alberi. «Un’emergenza — sottolinea Patrizia Masiello, presidente regionale dell’Associazione italiana per l’agricoltura biologica — non può calpestare i diritti costituzionali e la libertà personale. Con gli svellimenti forzati stiamo andando oltre il nostro stato di diritto e questo mi preoccupa come cittadina democratica. In secondo luogo, si stanno abbattendo ulivi secolari con danni futuri rilevanti al nostro già dissestato paesaggio, per introdurre cultivar spacciate per resistenti al patogeno, ma che invece sono solo tolleranti: un vero inganno. Parliamo di cultivar non autoctone introdotte con reimpianti pagati dai cittadini pugliesi, tramite misure Psr, e che in queste ore dimostrano la loro inefficacia come l’ulivo di piazza Sant’Oronzo a Lecce, i cui innesti sono già secchi».
Masiello sottolinea che «tutto questo è causato da una visione antropocentrica: l’uomo pensa di risolvere i problemi con un approccio ideologicamente errato. Se noi coltiviamo la biodiversità la natura è in grado di trovare un equilibrio. D’altra parte noi crediamo nella ricerca: abbiamo promosso diversi tavoli tecnici sulla Xylella per trovare una soluzione condivisa, ma tutti gli studi che sono arrivati a conclusioni diverse da quelle dominanti non sono stati accolti».
Il biologo Massimo Blonda, ricercatore e già direttore scientifico dell’Arpa Puglia e componente della task force regionale, sottolinea l’assurda censura nel settore della Xylella: «un tema — dice — di cui ho parlato anche nel docufilm Legno vivo: chiunque avanzasse fondati dubbi sulla versione propalata da una ristretta parte scientifica veniva bollato come sciamano o incompetente. La negazione del principio scientifico del dubbio sistematico.
«In realtà non è nemmeno necessario essere esperto patologo vegetale, e nemmeno scienziato, per cogliere le enormi incongruenze di tutta la vicenda, sempre più evidenti col passare del tempo.
«La più grossa è che la pianta che contrae il batterio è destinata a morte certa: “non c’è cura per la Xylella”. Falso, come dimostrato anche da lavori scientifici, come quelli del prof. Scortichini, e dai riscontri oggettivi di olivicoltori salentini che sono tornati a produrre da alberi dichiarati infetti molti anni fa. Semmai, è il batterio che non si può ancora dire se sia eradicabile, ma la cura per le piante che mostrano disseccamenti è possibile. Quindi si può convivere col batterio. Resta da capire la seconda cosa, ovvero che cosa provochi i drammatici disseccamenti in certe aree, visto che non vi è alcuna inconfutabile prova che sia sempre e solo la Xylella, anzi crescono evidenze del contrario. E qui servirebbe lo stesso sostegno di studio che riceve l’inutile ricerca di varietà resistenti al batterio, come dimostrato proprio dallo scomodo testimone di Piazza Sant’Oronzo.
«Questo quadro di realtà — continua Blonda — andrebbe riportato senza trucchi in Europa, in maniera che si adeguino le direttive e si fermi la mostruosa pratica degli abbattimenti in corso di sanissimi alberi, distruzioni inutili e illegali. Inutili perché evidentemente non fermano affatto i presunti contagi, e la stessa Efsa dice che in zona infetta l’abbattimento cambierebbe nulla rispetto alla propagazione del batterio; illegali perché appunto in zona infetta sempre le norme europee rendono l’abbattimento non obbligatorio. Quindi non si può imporre l’eradicazione coatta o farlo in sostituzione dei proprietari. In questo modo si arreca un assurdo danno ambientale ed economico, di cui i responsabili dovranno rendere conto. Servirebbe, invece, sostegno a chi vuole curare gli alberi e applicare le vere buone pratiche di corretta potatura e gestione del suolo. La soluzione è nella cura del disseccamento, che a volte non è neanche causato dal batterio».
Per Blonda, quindi, bisogna modificare radicalmente il paradigma finora utilizzato nella lotta alla Xylella, aprendo a tutti i settori di ricerca che possano fornire la risposta alla vera causa dei disseccamenti, e nel frattempo sostenendo le cure e le buone pratiche, fermando gli scempi.
(Fonte Aiab)