Covid-19 e gestione rifiuti… troppi appetiti

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discarica rifiuti
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Intervista al commissario Ambiente ed Ecomafie Giovanni Vianello

Molte regioni hanno adottato le ordinanze sulle deroghe sui quantitativi di rifiuti su depositi, stoccaggi, deroghe sulla capacità di carico termico degli inceneritori e sulle procedure di smaltimento in discarica, e lo hanno fatto senza una reale relazione tecnica e per di più senza un corrispondente aumento delle fideiussioni. Il combinato disposto delle deroghe associato alla possibilità dei gestori di beneficiare di tali deroghe sulla base di una Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) potrebbe favorire una gestione illegale dei trattamento dei rifiuti

In questo periodo post emergenza Covid-19 sono molte le riflessioni che vengono fatte su quelle che sono state le scelte prese in pieno periodo d’emergenza, risvolti operativi e impatti sulla popolazione italiana e il suo ambiente.

In tema ambientale il settore rifiuti è stato quello che, insieme ad altri argomenti, ha destato preoccupazioni con tematiche che si sono mosse dall’impatto ambientale dei dispositivi di protezione individuale (dpi) con il lancio della Campagna del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm) sullo smaltimento corretto di mascherine e guanti a denunce per la mancanza di attenzione, da parte delle istituzioni, verso il comparto dei servizi ambientali e la gestione dei rifiuti durante l’emergenza, dall’inchiesta aperta dalla Commissione ecomafie sulla gestione dei rifiuti all’allarme lanciato dal Consorzio nazionale imballaggi (Conai) sul rischio di far precipitare i quantitativi di raccolta dei rifiuti da imballaggio, ecc.

Noi di «Villaggio Globale» abbiamo voluto fare alcune domande al commissario Ambiente ed Ecomafie del gruppo M5S alla Camera, Giovanni Vianello, il quale ha approvato, in commissione Bilancio, un emendamento, nell’ambito del decreto legge Rilancio, che abroga una proposta di Forza Italia ossia l’art. 113 bis al decreto Cura Italia, che introduceva la possibilità di derogare sui quantitativi e sui tempi di stoccaggio dei rifiuti nei depositi.

Com’è cambiata la gestione dei rifiuti nel periodo di emergenza Covid-19?
L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 non ha aumentato la produzione di rifiuti ma anzi l’ha diminuita. I numerosi provvedimenti che si sono susseguiti in materia di rifiuti sono nati più che altro dall’esigenza di rispondere a una percezione di deficit strutturale manifestato dal sistema impiantistico nazionale. Soprattutto nella fase iniziale dell’emergenza, il sistema ha infatti palesato il timore di non reggere gli effetti della carenza di possibili destinazioni per alcune tipologie di rifiuti che attualmente non sono gestite in Italia. Alla luce di queste preoccupazioni, che poi si sono rivelate infondate, il fronte pro inceneritori è tornato a farsi sentire mediaticamente. Ma questa non è assolutamente una condizione nuova, o legata all’emergenza, è una realtà persistente che già conoscevamo e che anzi dovrebbe farci riflettere sulla necessità di creare le condizioni normative ed economiche per investimenti in innovazione ambientalmente compatibile per superare gli inceneritori e le discariche. L’emergenza epidemiologica, poi, non ha prodotto interruzioni o alterazioni significative nella gestione dei rifiuti: le imprese e i lavoratori del settore, nonostante alcune fasi di difficoltà determinate da necessità di approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale, hanno contribuito all’organizzazione di interventi adeguati al mantenimento dei servizi, di fatto, le aziende erano già pronte ad affrontare i rischi biologici. Anche la classificazione dei rifiuti è rimasta la medesima, nonostante l’uso massiccio dei dpi.

La gestione tra note Ispra, circolare del ministero dell’Ambiente e ordinanze regionali, cerchiamo di fare chiarezza…
Il contesto normativo e di indicazioni in materia di ciclo di rifiuti legato all’emergenza si presenta articolato. Per quanto riguarda le fonti di rango primario è necessario citare gli articoli 113 e soprattutto il 113-bis del cosiddetto Cura Italia, che è figlio di quelle preoccupazioni sull’emergenza rifiuti, poi rivelatesi infondate, citate prima. L’articolo è stato adottato per lo più a seguito di una «percezione» del rischio invece che per una reale necessità, e infatti abbiamo subito deciso di abrogarlo. Lo abbiamo fatto come M5S grazie all’approvazione in commissione Bilancio di un emendamento, a mia prima firma, nell’ambito del dl Rilancio. Poi, vi è l’articolo 30-bis del dl n. 26/2020, il quale interviene in maniera incidentale sul regime dei rifiuti sanitari, e poi ancora, l’art. 4-bis del dl n. 23/2020, che non riguarda in sé il ciclo dei rifiuti ma ha inserito i servizi ambientali e le attività di bonifica nella lista delle attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione criminale.

Oltre a questo, sempre in relazione alla gestione dei rifiuti, sono state fornite indicazioni e soluzioni di tipo scientifico e tecnico sulla base di una collaborazione tra l’Istituto superiore per la protezione ambientale (Ispra) e il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa). Tuttavia si tratta di rapporti e raccomandazioni che non hanno natura normativa, pertanto è esclusa la loro capacità vincolante. In termini generali, quindi, il settore della gestione dei rifiuti ha subito una limitazione nell’utilizzo della normazione primaria, è stata infatti riconosciuta alle Regioni una espressa facoltà di intervento. Una tale scelta ha prodotto una disciplina regolatoria non uniforme a livello nazionale, suscitando qualche perplessità almeno nelle fasi iniziali. In definitiva, per fare maggiore chiarezza, possiamo dire che la maggior parte degli interventi sul ciclo dei rifiuti sono derivati da ordinanze regionali, di natura prettamente derogatoria rispetto a regole vigenti, a cui va associata anche la circolare del ministero dell’Ambiente che ha suggerito alle regioni stesse l’uso di ordinanze ai sensi dell’articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in caso di necessità. Molte regioni hanno adottato le ordinanze sulle deroghe sui quantitativi di rifiuti su depositi, stoccaggi, deroghe sulla capacità di carico termico degli inceneritori e sulle procedure di smaltimento in discarica, e lo hanno fatto senza una reale relazione tecnica e per di più senza un corrispondente aumento delle fideiussioni. Il combinato disposto delle deroghe associato alla possibilità dei gestori di beneficiare di tali deroghe sulla base di una Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) (che è il procedimento amministrativo più semplificato e quindi meno controllato) potrebbe favorire una gestione illegale dei trattamento dei rifiuti.

Perché il deposito temporaneo cambia l’agenda delle priorità costituendosi un fattore di rischio per la tutela della legalità?
Consentire un regime derogatorio per tutte le tipologie di rifiuti ne ostacola il tracciamento, si apre così la strada al rischio di sistemi di gestione illeciti. Voglio quindi sottolineare che il regime derogatorio è una scelta quanto mai ingiustificata, considerato che l’emergenza epidemiologica non ha aumentato la produzione di rifiuti bensì l’ha ridotta di circa mezzo milione di tonnellate in appena un paio di mesi. Faccio solo un esempio, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, nell’audizione in commissione Ecomafie svolta nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione rifiuti legata al Covid-19, ha riferito che in alcuni casi specifici sono state segnalate emergenze investigative da cui emerge una particolare appetibilità, per la criminalità organizzata, degli impianti i cui limiti quantitativi sono stati aumentati con le ordinanze regionali già citate, e il conseguente interesse alla loro acquisizione.

Quali gli scenari futuri in tema?
Un tema di assoluta rilevanza riguarda gli scenari della produzione di rifiuti nelle fasi di nuova normalità dopo l’emergenza epidemiologica, con particolare riguardo ai rifiuti solidi urbani e ai rifiuti sanitari. Su questo fronte si pone il tema di avviare la ricerca scientifica, l’elaborazione tecnologica e l’innovazione organizzativa delle imprese e anche della pubblica amministrazione verso soluzioni che portino alla riduzione della produzione di rifiuti, e più in generale a investimenti sulla tutela dell’ambiente e sulla sostenibilità ambientale. Il tema dell’end of waste, poi, va affrontato in maniera sistematica e rapida ma facendo attenzione a non ripetere l’errore di definire end of waste materiali frutto di procedimenti errati come i Combustibili solidi secondari (Css). Va inoltre considerato l’impatto economico dell’emergenza sulle tariffe e sugli introiti delle imprese e degli Enti pubblici. La funzione delle mascherine facciali come dispositivi di protezione può essere assolta dalle cosiddette mascherine di comunità riutilizzabili, andrebbe limitato l’uso dei guanti che non reca vantaggio per il contenimento dei contagi, essendo utile solo in particolari situazioni lavorative. Sul settore della ristorazione, inoltre, non è indispensabile l’uso di contenitori e stoviglie usa e getta poiché le ordinarie pratiche di lavaggio sono sufficienti a garantire la prevenzione del rischio di contagio. Su questi temi, insomma, andrebbe promossa a livello nazionale e locale e in maniera coordinata, un’opera di informazione e sensibilizzazione dei cittadini, insieme all’avvio e all’implementazione di ricerche tecnologiche e organizzative per la riconduzione a razionalità dell’uso dei presidi individuali e di materiali usa e getta, con il fine di sviluppare nuovi materiali orientati alla sostenibilità. Sempre sui Rifiuti solidi urbani (Rsu), visto che le aziende sono già pronte ad affrontare il rischio biologico, occorre continuare a fare raccolte differenziate anche tra i soggetti positivi al Covid-19, in isolamento domiciliare e quelli in quarantena, senza quindi conferire tutto nell’indifferenziato.

Un focus andrebbe fatto anche sulla raccolta e il trattamento dei rifiuti ospedalieri che attualmente si basa sull’incenerimento o sulla sterilizzazione. Su questo versante, riteniamo che gli effetti della sterilizzazione in situ, siano di gran lunga migliori rispetto a quelli dell’incenerimento. Infatti è la soluzione più idonea a evitare aumenti delle quantità di rifiuti inceneriti e trasporti di rifiuti dai presidi ospedalieri agli impianti. Andrebbe promosso l’esame scientificamente fondato e assistito, in primo luogo dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e di Ispra/Snpa, dei temi sensibili della presenza di virus o materiale genetico di virus nelle acque reflue e del rapporto tra emergenza epidemiologica e inquinamento atmosferico. Sul fronte normativo, infine, così come abbiamo abrogato nel dl Rilancio le norme derogatorie statali, andrebbero superate anche le ordinanze derogatorie regionali, anche perché l’emergenza epidemiologica ha amplificato la diffusa e a volte ingiusta richiesta di semplificazione, anche in materia di regolazione ambientale, frutto più di una «percezione del rischio» che di un’esigenza reale.

Elsa Sciancalepore