Ecco cosa pensano i banchi…

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scuola banchi
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…che preparano la loro rivoluzione

Inascoltati i pedagogisti, gli psicologi, i cultori tutti della didattica, gli scienziati delle neuroscienze! In una scuola messa a dura prova quanti politici hanno parlato bene e anche cianciato; quanti ragazzi hanno espresso pensieri, pareri e emozioni; quanti abbiamo meditato e colto nella pandemia irriverente e dannosa semi di prodezza, di sacrificio, di dedizione

Nelle aule spopolate, finestre chiuse e sole cocente che arroventa il metallo delle strutture, i banchi trovano occasione per riorganizzarsi e tramare la loro rivoluzione: «chi mai avrebbe potuto immaginare — si dicono sorpresi — che avremmo avuto questa singolare occasione; non la notte o le fredde sere invernali ma il sole cocente e la luce accecante dei giorni ci obbligano a lanciare la nostra offensiva! Ci hanno lasciati ammonticchiati, piedi in aria e faccia in giù: che ne sanno dei sospiri, delle paure, delle trepidazioni di tutti i visi contratti che ci guardavano imploranti; quanti disegni e scalfitture con lime e punte di compasso ci hanno resi complici contro la voce assordante dell’insegnante di turno! Quanto peso di libri,di quaderni e di vocabolari abbi amo sopportato e non sappiamo ancora perché la ministra privilegia solo il vocabolario di greco… e no, noi sappiamo bene quanti altri vocabolari grossi e pesanti abbiamo dovuto sopportare, quante colazioni sotto banco abbiamo dovuto odorare senza goderne un po’.
«Che ne sanno delle formulette appuntate sul nostro piano per alleggerire l’interrogazione o quei tirati compiti in classe: abbiamo ricevuto carezze e pugni aggressivi e ora… via! Dobbiamo dimenticare la nostra vicinanza, le misure saranno da bocca a bocca e forse non ci sarà più posto neanche negli ammuffiti sottoscala. Qualcuno tra di noi ha sentito che vorrebbero consegnarci al macero, e dire che potremmo raccontare tante cose, rivelare i geni nascosti che si sono arrovellati sulle nostre quattro zampe; potremo dire di ansie e di messaggi amorosi che tra i nostri utenti sono stati scambiati all’albeggiare di amori appena sfiorati; noi potremmo dire di insegnanti che, usciti tutti alla campanella, si sono sfiorati con carezze nascoste a occhi indiscreti!
«Ora via? E no, prima di andare in frantumi, al macero e al fuoco, per lasciare spazio ai “monoposto” noi ci immoleremo per raccontare una scuola che ha saputo cambiare solo i banchi, e questi nuovi assunti vedranno, vedranno bene come se la svigneranno anche i ragazzi e i docenti… loro si parleranno da casa, da mense e tavole improvvisate, da prati d’erba e tavole di pietra… vedranno… ci vendicheremo contro i nuovi arrivati, comprati a fior di quattrini arrivati da lontano… se non valiamo niente neanche loro avranno sorte migliore: volete vedere che il virus sarà il nostro feroce alleato?
«Banchi di tutto il mondo e vocabolari di altre lingue unitevi! facciamo la rivoluzione, non avete sentito che cosa gli insegnanti narrano dei proletari? E noi mica siamo da meno, dopo l’affronto della ministra che si è seduta al monoposto, nuova vestale di questi minialtari, noi grideremo e racconteremo tutto quello che abbiamo visto e sentito, quello che i ragazzi hanno appuntato nei loro diari, quello che sognavano mentre nessuno pensava a loro.
«La prima nostra vittoria: vogliono riformare la scuola, cambiando i banchi! La miopia non si è ancora accorta che a scuola bisogna guardare lontano, oltre i banchi, i muri e le finestre, dove mirano gli occhi dei nostri alleati, quei ragazzi e quelle ragazze a cui i danni epocali hanno imbavagliato la bocca. Dietro la mascherina rimpiangeranno la frase scolpita sulla dura plastica che non vedranno più, quella data segnata a perenne memoria».
Inascoltati i pedagogisti, gli psicologi, i cultori tutti della didattica, gli scienziati delle neuroscienze! In una scuola messa a dura prova quanti politici hanno parlato bene e anche cianciato; quanti ragazzi hanno espresso pensieri, pareri e emozioni; quanti abbiamo meditato e colto nella pandemia irriverente e dannosa semi di prodezza, di sacrificio, di dedizione.
Attendiamo ancora che il Ministero sia davvero della «pubblica» istruzione per la quale le intelligenze messe alla prova potranno fornire linee di condotta e di progettazione al fine di lanciare la scuola della formazione, della ricerca, della cultura, della maturazione dei soggetti affidati, la risorsa più autentica e nobile della nostra società che verrà.

 

Francesco Sofia, Pedagogista, Socio onorario dell’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani