Etna, una frana che fa da valvola e sentinella…

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Rappresentazione schematica dei processi in atto.
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Il movimento del fianco orientale del Monte Etna è come una valvola e una sentinella delle eruzioni parossistiche e della risalita del magma. Evidenziato il processo interattivo tra la risalita dei magmi, le eruzioni e lo scivolamento verso il mare del fianco orientale dell’Etna, spesso associato ad eventi sismici

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Valle del Bove (Monte Etna, 2019). Nell’immagine è possibile vedere la colata lavica del dicembre 2018

Lo scivolamento del fianco orientale dell’Etna agisce come una valvola che favorisce o inibisce le eruzioni nel settore immediatamente a monte; la variazione della velocità di scivolamento stesso può essere considerata come una sentinella per eventuali eruzioni parossistiche e/o processi di intrusione di magma. Questo il risultato raggiunto nello studio appena pubblicato sulla rivista statunitense «Geology» dal titolo «Flank sliding: A valve and a sentinel for paroxysmal eruptions and magma ascent at Mount Etna, Italy», frutto del lavoro di un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)

«Attraverso un approccio multidisciplinare che ha visto l’utilizzo del telerilevamento Sar, del Gps e della tomografia sismica — spiega Giuseppe Pezzo, autore della ricerca — abbiamo analizzato le deformazioni del suolo nell’area etnea relative all’evento eruttivo del 24 dicembre 2018 e all’evento sismico avvenuto due giorni dopo, il 26 dicembre. In particolare — prosegue il ricercatore — l’interferometria satellitare Sar, attraverso l’uso di immagini satellitari radar, ci ha permesso di ottenere mappe delle deformazioni del suolo di tutta l’area etnea. Le misure ottenute sono state integrate con quelle provenienti dalla rete Gps, che misura in maniera continua i movimenti del vulcano. Infine, con la tomografia sismica, attraverso lo studio delle onde sismiche, è stata ricostruita la struttura al di sotto dell’edificio vulcanico. Questa complessa analisi multidisciplinare ha evidenziato come il continuo movimento del fianco orientale dell’Etna ha favorito, nel tempo, l’intrusione di magmi nell’area immediatamente a monte il collasso stesso, nelle zone di frattura note come Rift di Nord-Est e di Sud dell’area sommitale del vulcano. La geometria e l’ubicazione di questi volumi di magma appare coerente con antiche strutture tettoniche, messe in evidenza dai dati di tomografia sismica, che dislocano la crosta sotto l’edificio vulcanico favorendo la risalita di magmi verso la superficie».

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A) Spostamenti registrati dalle stazioni GPS tra il 22 e il 28 dicembre 2018; sono anche rappresentati gli eventi sismici. B) Mappa dell’area etnea in cui sono rappresentate le velocità di spostamento misurate tra il 28 dicembre 2018 e giugno 2019, attraverso l’interferometria SAR, lungo la line di vista del satellite. Le frecce rappresentano le velocità GPS nello stesso intervallo temporale. Nei pannelli A e B le frecce rosse rappresentano le misure osservate, mentre quelle gialle sono il modello analitico calcolato per definire la sorgente di deformazione. Sulla destra sono rappresentati gli spostamenti verso Est registrati da alcune stazioni GPS tra il 28 dicembre 2018 e giugno 2019.

«Le risalite magmatiche — prosegue Mimmo Palano, coautore della ricerca — a causa delle pressioni interne dei magmi, provocano un allargamento di diversi metri di tutto l’edificio vulcanico e imprimono un’accelerazione al movimento del fianco orientale».

«Questa accelerazione — conclude Claudio Chiarabba, coautore della ricerca — determina, a sua volta, due effetti: provoca eventi sismici lungo le faglie che bordano il fianco instabile (come, ad esempio, il sisma del 26 dicembre 2018 di magnitudo pari a 4,9 lungo la faglia della Fiandaca), e genera una depressurizzazione della parte interessata dall’eruzione arrestando la stessa».

 

(Fonte Ingv)

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