Un nuovo studio rivela, con altissima affidabilità grazie all’intelligenza artificiale, come la prolungata esposizione all’inquinamento atmosferico (soprattutto da polveri sottili) abbia contribuito alla mortalità e alle infezioni da Sars-CoV-2 in Italia
Che l’inquinamento atmosferico possa aumentare il rischio di malattie respiratorie, incrementando la suscettibilità alle infezioni virali e batteriche non è una novità. Alcuni studi hanno suggerito che piccole particelle presenti nell’aria facilitano la diffusione dei virus e anche del nuovo coronavirus, oltre al contagio diretto da persona a persona. Tuttavia, nonostante alcune ipotesi preliminari, gli effetti dell’esposizione prolungata al particolato e ad altri contaminanti atmosferici sul Sars-CoV-2 sono stati poco studiati.
Un team internazionale costituito dai biologi dott. Roberto Cazzolla Gatti (professore associato presso la Tomsk State University in Russia e research fellow del Konrad Lorenz Institute for Evolution and Cognition Research in Austria) e dott.ssa Alena Velichevskaya (ricercatrice della Tomsk State University in Russia) e dai fisici dell’Università degli Studi di Bari e della sezione di Bari dell’Istituto di Fisica Nucleare dott. Nicola Amoroso, dott. Alfonso Monaco e dott. Andrea Tateo ha rivelato, nel primo studio scientifico riguardante la situazione italiana pubblicato dopo aver passato anche la fase di revisione paritaria (peer-review), che a livello nazionale esiste una significativa associazione statistica tra l’esposizione prolungata agli inquinanti nell’aria e la severità degli effetti pandemici (mortalità ed infettività) del virus Sars-CoV-2.
Lo studio, appena pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica «Environmental Pollution», leader nel campo delle ricerche sugli effetti dell’inquinamento su ambiente e salute, prende in esame le possibili ragioni per cui il nuovo coronavirus ha avuto un impatto più severo su alcune popolazioni regionali e provinciali italiane e meno su altre.
La ricerca ha rivelato quello che in molti già temevano, ovvero che tra diversi fattori ambientali (come la presenza di contaminanti prodotti da industrie, allevamenti, traffico stradale, etc.), sanitari (come obesità, fumo di sigaretta, disponibilità di posti letto in ospedale, numero di tamponi effettuati, etc.) e socio-economici (come, ad esempio, il reddito medio annuale per famiglia), l’inquinamento atmosferico e il particolato fine (PM2,5) (molto più di altri inquinanti quali PM10, ozono, ossidi di zolfo e azoto, etc. ) sono risultati quelli più importanti nel predire gli effetti del Sars-CoV-2.
«L’inquinamento atmosferico è il fattore che più di tutti gli altri può aver influito sui tassi di mortalità e positività dell’epidemia di Sars-CoV-2 in Italia — dichiarano gli autori dello studio —. Abbiamo anche scoperto che le emissioni delle industrie, degli allevamenti intensivi e del traffico stradale, in ordine d’importanza, potrebbero essere responsabili di oltre il 70% dei decessi da Covid-19 a livello nazionale».
Utilizzando modelli di intelligenza artificiale il team è stato in grado di «prevedere» i valori sia dell’andamento dei contagi che della mortalità con un’accuratezza di oltre il 95%. In base a questi modelli, gli scienziati hanno anche stimato che ad un piccolo incremento futuro dei livelli di inquinamento (5-10%) potrebbe essere associato un aumento degli effetti sanitari dovuti a patogeni simili al virus Sars-CoV-2 anche del 30% (di cui circa il 4-14% in più di potenziali decessi).
Considerando che oltre tre quarti dei decessi associati da Covid-19 nella prima metà del 2020 in Italia sono stati segnalati nelle regioni settentrionali, i risultati di questo studio dimostrano chiaramente che la numerosa presenza di fabbriche, aree industrializzate e allevamenti intensivi gioca un ruolo importante per gli effetti sulla salute del Sars-CoV-2 e che l’eccesso di mortalità da Covid-19 dovuto all’inquinamento atmosferico nel nord Italia non è casuale.
L’Italia nord-occidentale, che comprende il primo triangolo industriale nazionale (chiamato anche To-Mi-Ge) corrispondente ai vertici di Torino, Milano e Genova, è l’area in cui si è verificato un esteso sviluppo industriale tra fine Ottocento e inizio Novecento. Secondo un rapporto pubblicato nel 2019 dall’Agenzia europea per l’ambiente (Qualità dell’aria in Europa, 2018), la Pianura Padana, ovvero l’area compresa tra la catena alpina, l’Appennino settentrionale e il Mare Adriatico, è la regione più colpita dalla concentrazione di inquinanti atmosferici dell’intera Europa.
Il nuovo studio è stato in grado, inoltre, di rilevare come sei province abbiano registrato eccessi di mortalità rispetto a quanto predetto dal modello di intelligenza artificiale: 5 province del nord Italia (Cremona, Lodi, Piacenza, Bergamo e Brescia) hanno mostrato un eccesso di casi rispetto a quelli previsti dal rispettivo livello di inquinamento, confermando che altre cause locali e addizionali hanno aggravato gli effetti sanitari del coronavirus.
Al sud, invece, la provincia di Siracusa su tutte, seguita da quelle di Taranto, Trapani e Agrigento hanno mostrato una carenza di casi osservati rispetto a quelli attesi, risultato che dovrebbe stimolare gli amministratori locali a ridurre l’inquinamento atmosferico delle province amministrate per contenere il rischio, immediato e futuro, di aggravare gli effetti delle epidemie respiratorie.
I risultati di questo nuovissimo studio, che ha impiegato i complessi algoritmi dell’intelligenza artificiale per scandagliare numerosi fattori contemporaneamente, evidenziano dunque che l’imperativo della produttività, della crescita economica e dello sviluppo industriale anteposti alla salute della gente e alla protezione dell’ambiente è, in effetti, un’idea poco lungimirante, con gravi ripercussioni nel presente e fonte di serie preoccupazioni per il prossimo futuro.
Articolo originale
Cazzolla Gatti R., Velichevskaya A., Tateo A., Amoroso N., Monaco A., Machine learning reveals that prolonged exposure to air pollution is associated with SARS-CoV-2 mortality and infectivity in Italy. Environmental Pollution, 115471 https://doi.org/10.1016/j.envpol.2020.115471
Ufficio Stampa Tomsk State University, Russia