Cosa sta succedendo nelle società di tutto il mondo? La pandemia ha scoperchiato un vaso di Pandora. Le nostre contraddizioni. Controllare, contestare e dialogare con il potere va bene, ma seriamente, in modo scientificamente corretto e senza fanatismi o opportunisti
Continuiamo ad approfondire le risposte della società alle sollecitazioni che vengono dagli eventi che siamo costretti ad affrontare e che si stanno moltiplicando in modo preoccupante: dall’inquinamento sempre più invasivo, che investe clima e salute, e al quale i governi non pongono un freno deciso. Abbiamo già pubblicato altri articoli ed altri ancora ne pubblicheremo. Oltre ad offrire motivi di riflessione ci auguriamo di animare un dibattito serio, motivato e corretto.
In meccanica ci sono le cosiddette prove di resistenza di un materiale che servono a determinare il punto di rottura. Fatto questo si sceglie il materiale più opportuno per il lavoro che deve svolgere. Questa capacità dei materiali di assorbire e resistere alle varie sollecitazioni si chiama resilienza. Ora questo termine è stato ampliato ed impiegato in situazioni diverse, come l’ambiente. Un’«esplosione» avvenuta dal 2011 quando vista la poca volontà dei governi nel cambiare le politiche anti inquinamento si iniziò a pensare di prepararci al peggio, in pratica cominciò allora le resa. Per quanto riguarda l’ambiente, quindi, non è avvenuta nessuna modificazione sui «materiali», anzi resilienza significa esattamente l’opposto: adattamento. L’uomo provoca prove di resistenza alla natura, la natura si rompe ma non vengono modificate le prove dell’uomo che imperterrito continua… ad inquinare e ad immettere nell’ambiente materiali e sostanze estranei.
Sembra che il punto di non ritorno non interessi a nessuno, neanche a coloro che studiano i cambiamenti climatici, la resistenza del territorio a subirli, i materiali di costruzione da utilizzare, come evitare di determinare il disordine climatico… gli stessi magistrati che dopo un incidente studiano accuratamente la risposta dei materiali alle sollecitazioni che hanno sopportato, di fronte ad un cosiddetto «disastro ambientale» non vanno oltre. Certo non possono condannare il mondo ma una voce, una flebile voce che inizi a levarsi, come una reazione ai tanti morti per inquinamento atmosferico forse andrebbe levata. E neanche di fronte al precipitare di certe situazioni si modifica qualcosa. Ad esempio la salute, il rapporto fra lavoro e salute, serve una presenza maggiore per salvaguardare l’ambiente: dalla protezione dei parchi al non abbattimento di alberi, dall’avanzare di nuovi metodi di produzione dell’energia che sono sempre a spese della natura. Sì, petizioni, appelli, interviste tante ma visto che non sono sufficienti vuol dire che o si fa dell’allarmismo o siamo resilienti… alla nostra rovina. E se non si oppongono chi sa, chi studia, chi conosce, chi ha il potere di bloccare le storture… Se non loro chi?
A prova di sopravvivenza
Lasciar fare, stare a guardare significa far crescere i tanti negazionisti, i tanti che parlano senza avere le basi, e significa far crescere una politica inconcludente che sta soccombendo sotto i colpi dei guasti che hanno permesso o concorso a causarli.
Inquinamenti, incendi, frane, allagamenti, salute. E quando la salute viene colpita vuol dire che i mali sono arrivati ad un livello di capillarità ormai a prova di sopravvivenza.
Ma il mondo scientifico non ha più la forza e forse anche l’autorevolezza per poter reagire. O forse non è compito del mondo scientifico reagire, oppure al mondo scientifico non gliene importa niente perché è uguale al mondo commerciale: pubblico i miei articoli sulle riviste, vado avanti nella mia carriera ed ho la coscienza pulita…
Bisogna pensare a nuove strategie concrete. È diventata come una discussione sulle donne e la morale. Ormai un argomento flessibile, vario, pieno di interferenze e anomalie e così, mentre una donna si indigna e un uomo cerca di porre riparo, giù all’angolo della strada o in uno studio fotografico o su un sito di Facebook, c’è una donna che fa altro…
Tutto è diventato variabile, con mille variabili. E questo si chiama libertà.
Ma chiedere un minimo di serietà, cioè dei punti di riferimento condivisi, è possibile? È ancora possibile?
Abbiamo raggiunto il fondo del pozzo o c’è ancora qualche metro da scendere?
Ma il business, che non dorme mai, ed anche dai rovesci sociali coglie sempre la possibilità di guadagnarci, cavalca «l’alternativa offerta dalla recente invenzione della resilienza – come scrisse Giorgio Nebbia sul “Manifesto” – cioè dell’adattamento alle prevedibili catastrofi senza fare niente per prevenirle. Si sa che le tempeste tropicali e l’aumento del livello degli oceani potranno danneggiare le strutture costiere: pensiamo allora a costruire edifici su piloni, barriere nel mare per proteggere le rive; si sa che le più frequenti e intense piogge provocano frane e alluvioni: pensiamo a costringere i fiumi dentro canali e argini artificiali. La fantasia dei “resilientisti” è senza fine nel suggerire come adattarsi alla “cattiveria” della natura e del pianeta senza ricorrere a divieti che rallenterebbero il glorioso cammino della crescita economica».
La resilienza è un bluff
È inutile girarci intorno, calmare il popolo annunciando provvedimenti, tacitare le imprese con una manciata di finanziamenti. Si avvicina galoppando il tempo in cui non ci saranno più permesse dilazioni. Il momento di intervenire è questo.
Quando il frigorifero è vuoto e la fame morde, non si acquieta con la promessa di pane, serve il pane e subito.
Ora bisogna scrivere una lista della spesa, mettere in fila le priorità e farle. Senza se e senza ma.
Gli accordi internazionali tipo Parigi, non servono, l’accordo dei famosi 20-20-20 era inutile, tanto è vero che è fallito come sulla stessa strada si avvia l’accordo di Parigi. Non possiamo più dilazionare a meno che la nuova strategia della Finanza internazionale sia quella di vivere in perenne emergenza, con una popolazione mondiale precaria, dipendente come i primitivi, dalla pioggia, dal tempo, dalla foresta oscura e pericolosa… e chi ci sta portando a questo livello sono coloro che accusavano gli ambientalisti di volere il ritorno alla civiltà della candela.
Eppure, proprio il ritornare alla natura (non alla candela) ci può salvare. Riallacciare quel filo che il credere nella potenza dell’uomo, nella sua intelligenza e nella sua tecnologia, può salvarci. Bisogna ricucire quel filo che Cartesio tagliò con la nascita dell’antropocentrismo favorito da una errata propaganda religiosa che ancora, nonostante San Francesco d’Assisi e varie Encicliche, continua a resistere.
Guardiamo la Natura
I cambiamenti climatici ne hanno sentite di tutti i colori. Esistono, non esistono, è una manovra politica per determinare le politiche interne di un paese ecc. ecc. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e mentre abbiamo subito chiusure al traffico e ancora subiamo le trivelle, oleodotti e gasdotti altre nazioni hanno programmato la decarbonizzazione, lo stop alle auto con combustibile e via libera solo alle auto elettriche.
Io la chiamerei schizofrenia o incapacità di governare. Perché, ad esempio, agli inizi degli anni 90, la California era un fiore all’occhiello dell’ambientalismo, la Germania un modello di efficienza, ed ora? Questo per sottolineare che le fughe in avanti di alcune nazioni, in un mondo globalizzato, dove la cultura è frammentata, quelli che chiamano progresso sono forme precarie di futuro.
Il potere, quello che segue il più forte, cioè là dove ci sono i soldi ma non sempre la ragione, si comporta in modo sempre identico. Vedi caso Xylella, dove il potere è diventato negazionista ed ha negato l’evidenza di interventi di risanamento che pure funzionano.
Oppure vedi il caso Covid, di fronte ai morti, e non solo in Italia… si grida alla cancellazione della democrazia… cos’è l’alba del governo unico mondiale? Bha! Veramente risibile dato che i capi si sono ammalati tutti. Non andrebbe forse fatto un ragionamento serio a se stessi e dividere la tragedia di questa pandemia dalle politiche, dalla stupidità dei governi, dall’idiozia dei leader?
Forse andrebbe fatta un bel po’ di pulizia mentale ed individuare chi pone domande serie e chi si inserisce per altri fini in un discorso di cui non conosce gli elementi scientifici fondamentali.
Ci vuole uno scienziato, un filosofo o chi altro per dire che questa confusione non è affatto figlia di sana riflessione e ribellione ma solo dei soliti mestatori? Figli dei vecchi negazionisti del clima?
Il negazionismo è un termine se vogliamo nobile. È frutto di chi si pone acutamente delle domande. Per favore lasciamo al palo i mestatori e gli stupidi, non servono anzi, con la confusione che creano, favoriscono esattamente coloro che vogliono creare incertezza.
Per esempio, ripassiamo la storia del repubblicanesimo, scopriremo quanto lunga sia stata la sua proposta prima di una definitiva affermazione in termini moderni. Per poi finire ad un negazionista dell’ultim’ora, un tale Boris Johnson, ed alla sua infelice battuta sulla libertà in Italia. Lui che vive in una nazione dove hanno ancora imbalsamato la monarchia, che critica l’Italia che ha inventato la democrazia sin dai tempi dei romani rifacendosi alla profonda cultura greca. Ecco, ora diamoci una risposta, non prima di aver esaminato altri esemplari, anche di casa nostra.
Ma noi italiani siamo nati resilienti. Tutto ci viene addosso ma niente ci piega. Però adesso comincia a mancarci il terreno sotto i piedi, nel senso letterale, cioè che la Terra si sta sgretolando, la vita sulla terra è minacciata e di conseguenza ci stiamo lucidamente suicidando. Ecco, vediamo un po’, questa schiera di negazionisti sono dei lucidi esempi di ambientalisti? Ci additano la strada della salvezza? A me sembra che siano sempre gli stessi solo che hanno cambiato casacca, slogan e bandiere.
Tutti a dare in testa alle mascherine e al CO2 che respiriamo… e alle tonnellate di CO2 che respirano a Taranto, in pianura Padana e in mille posti ancora? Altro che manifestazioni si dovrebbero fare nel mondo e non una al mese!
Allora, ci decidiamo a fare pulizia? Negazionismo va bene, ma serio, scientificamente serio e senza fanatici o opportunisti.
L’unica strada è questa, che poi è quella di sempre: per insegnare qualcosa ed essere credibili, nessuno deve avere niente da rimproverarti.
Ignazio Lippolis