E dà parola ai solitari
Uscire dalle pagine dei giornali e interrogare il senso e avere voglia di ascoltare la Voce che unisce e non divide, accarezza e non condanna, la Voce che si leva contro gli ostracismi e le ortodossie dubbie, rigorismi di menti che si ergono a giudici e a condanne!
Papa Francesco, nel docufilm «Francesco» di Evgeny Afineevsky, afferma: «Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo». Da qui una serie di polemiche, un chiacchiericcio infinito a inconcludente perché segue temi astratti, teorici e lontano dai problemi della gente. A seguire la riflessione di Francesco Sofia.
Chi stabilisce l’ortodossia? è una questione attuale come antica. Ricordiamo il vecchio dibattito se il papa sia superiore al Concilio o se questo lo è rispetto al Vicario di Cristo. Una diatriba che non appassiona tantissimi. Di fatto i comuni fedeli cattolici ascoltano poco o molto le parole pontificie e non i cattedratici né tanto meno chi si picca di teologia e sgomita per apparire… più cattolico del Papa!
In barba a questo nuovo allarme sulle parole di Francesco Papa, prendo un’altra via di riflessione: mettersi dalla parte dei destinatari principali delle sue parole e trovare il colore dell’ascolto e la sintonia che nasce tra loro e la Voce del Pastore Bianco. Uscire dal coro dell’allarme ortodosso e restare nel clima della pacificazione tra l’essere e il divenire. La Storia ci avverte che passa alla storia come sua trasformazione non l’allarme ma l’interpretazione salvifica, che parla alla coscienza e che dà al mondo una traccia di valori superiori al chiacchiericcio. Voce di un inno alla speranza nel tempo delle tristezze e delle paure.
Questo non interessa la pedagogia, la psicologia, l’educazione spicciola che passa tra le mura domestiche e i banchi di scuola? Uscire dalle pagine dei giornali e interrogare il senso e avere voglia di ascoltare la Voce che unisce e non divide, accarezza e non condanna, la Voce che si leva contro gli ostracismi e le ortodossie dubbie, rigorismi di menti che si ergono a giudici e a condanne!
Nel lessico musicale la «voce bianca» si caratterizza per il registro dei cantanti di età preadolescenziale il cui colore si alimenta in camere di risonanza del tutto spontanee. Sono voci «in transito», durano per pochi anni ma incantano l’uditorio.
Sono voci che amiamo registrare per riascoltarle quando l’età le avrà depositate nel ricordo.
Chiamare oggi bianca una voce che si alza perentoria, austera nel frastuono di mille suoni o peggio di tanti rumori, indica il «parlare» autorevole e luminoso che giunge ai distratti per annunziare il senso, per squarciare il velo del tempio profanato e trasformare la tristezza e la solitudine, suoni di per sé sconnessi e disarticolati, in armonia di dialoghi pacifici.
Come l’arcobaleno è simbolo della bonaccia, una sosta al turbinio di acqua e vento burrascosi, così la Voce di chi parla all’autenticità delle coscienze assume il biancore del conforto e della speranza.
Questa Voce si è levata, in questo tempo di chiacchiericcio, di rivendicazioni e di accuse, di talk-show dalle voci assordanti e sovrapposte… si è levata per lenire piaghe della storia, del pregiudizio, dell’ostracismo, di tanti –ismi in collezione che sottraggono ai solitari il diritto di essere.
Questa Voce si leva solitaria anch’essa ma il suo colore, il suo timbro, la sua risonanza si leva in dimensione universale, supera i confini dettati dagli interessi e i giudizi animati dall’orgoglio e giunge a carezzare il dolore del mondo.
È la Voce della Speranza capace di rimuovere tutti i diaframmi sorti a barricare il piccolo territorio, è bianca ma non è privilegio del colore della pelle e dell’esclusività di genere: Voce che trasforma i silenzi imposti in ascolti confortati.
Una Voce di questo tipo ha il colore della luce che parla al tempo e quindi alla Storia: non ha bisogno di amplificatori né di balconi, non di podi né di frenetici social; è Voce che ritorna in ciascuno, non è eco ma genuino suono che parla a tutti e dentro ciascuno.
Ben tornata Voce che, abbandonata la reggia, la tiara e l’oro che mal si addicono al Crocifisso, assume i toni della gente comune, povera, dimenticata, uccisa e da sola si fa voce dell’umanità fraterna verso l’Incommensurabile.
Esiste la possibilità di auto educarsi al suo ascolto in qualsiasi contesto si viva, per diventare voci in coro che trasformano il requiem in Alleluja.
Voce bianca, come il Natale, il cui canto vede proni i re mentre esalta la voce umile di chi fa della vita la strada della buona volontà.
Francesco Sofia