Crescono le temperature globali, cresce la domanda di raffreddamento. Ma nelle stagioni calde, a fronte di una maggiore richiesta di energia, l’affidabilità dell’approvvigionamento energetico potrebbe essere compromessa dagli impatti dei cambiamenti climatici, soprattutto in Asia meridionale e in America Latina. Una pubblicazione della Fondazione Cmcc, mostra come gli eventi climatici estremi stiano influenzando l’efficienza delle infrastrutture energetiche e possano ostacolare il buon funzionamento delle tecnologie rinnovabili
Il settore energetico, prima fonte di emissioni di gas serra, è il principale responsabile dei cambiamenti osservati nel sistema climatico e causati dall’uomo, ma è anche vulnerabile a questi stessi cambiamenti.
Per comprendere i futuri impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi energetici, un team di scienziati (che include due ricercatori della Fondazione Cmcc) ha esaminato la letteratura esistente sull’argomento, identificandone le principali lacune. Lo studio «Impacts of climate change on energy systems in global and regional scenarios», pubblicato sulla rivista scientifica «Nature Energy», comprende una sintesi di 220 analisi svolte nel mondo sugli impatti dei cambiamenti climatici sull’offerta e sulla domanda di energia, sia a livello globale sia su scale regionali.
Lo studio rivela che, a livello globale, è previsto che i cambiamenti climatici possano influenzare la domanda di energia condizionando la durata e l’entità del fabbisogno di riscaldamento e raffreddamento diurno e stagionale. Infatti, a causa dell’aumento delle temperature, sono previsti per il futuro un aumento della domanda di raffreddamento e una diminuzione della domanda di riscaldamento.
«C’è una sorta di doppio impatto — spiegano Enrica De Cian e Shouro Dasgupta, ricercatori alla Fondazione Cmcc, all’Università Ca ‘Foscari Venezia e al RFF-Cmcc European Institute on Economics and the Environment, tra gli autori dello studio —. Da un lato, poiché la domanda di raffreddamento è in aumento, i sistemi energetici funzionano a pieno regime, soprattutto nella stagione calda. Ma allo stesso tempo, questo picco di domanda energetica in estate coincide con una ridotta capacità di trasmissione e distribuzione, perché alte temperature ed eventi di caldo estremo influenzano le infrastrutture energetiche (in particolare le reti elettriche e le linee di trasmissione) riducendone l’efficienza e quindi l’affidabilità dell’approvvigionamento energetico».
Inoltre, se la generazione di energia da centrali termiche soffrirà principalmente per fenomeni come ondate di calore e siccità, la trasmissione e le tecnologie rinnovabili sono altamente sensibili al rischio di molti altri eventi climatici estremi, come ondate di freddo, incendi, inondazioni, forti nevicate, tempeste di ghiaccio e tempeste di vento. La variazione prevista nella frequenza e nell’intensità di tali eventi potrebbe comportare maggiori interruzioni della rete elettrica e delle linee di trasmissione, con ripercussioni sui costi e sulla fornitura di energia.
«La comprensione degli impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi energetici a livello globale rappresenta un input importante per il Sesto Rapporto di Valutazione dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) e per l’attuazione dell’Accordo di Parigi. Inoltre, i risultati di questo lavoro possono essere utilizzati per studi relativi all’implementazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs), e in particolare per chiarire le relazioni e le sinergie tra gli Obiettivi 7 (Energia pulita e accessibile) e 13 (Azione per il clima) — spiega Dasgupta —. Ma sono fondamentali anche studi approfonditi a livello regionale e nazionale, che consentono di affrontare gli aspetti comportamentali: le abitudini delle persone sono estremamente importanti nella gestione della domanda energetica del futuro».
A livello regionale, i risultati che emergono dalla letteratura sono più eterogenei e incerti. Gli autori hanno osservato grandi differenze regionali dovute non solo a peculiarità geografiche, ma anche a differenze metodologiche tra gli studi effettuati. «Nonostante le incertezze, che evidenziano la necessità di maggiori sforzi di ricerca in questa direzione, soprattutto nell’ambito delle energie rinnovabili, abbiamo risultati regionali che vale la pena di considerare — precisa De Cian —. Ad esempio, gli impatti più forti dei cambiamenti climatici sul settore energetico sono attesi in Asia meridionale e in America Latina, zone che ospitano economie emergenti e che hanno in comune un’alta densità di popolazione. Informazioni come queste sono fondamentali quando si tratta di pianificare strategie di adattamento ai cambiamenti climatici».
L’ampia varietà di metodologie e set di dati attualmente in uso in letteratura ostacola la capacità di valutare gli impatti dei cambiamenti climatici sul settore energetico, portando a differenze significative nei risultati tra i vari studi. È per questo che gli autori propongono un quadro di valutazione multi-modello per supportare la pianificazione energetica su scala regionale e globale.
La Fondazione Cmcc ha contribuito a questo studio nel contesto del suo coinvolgimento nel progetto Isimip, «The Inter-Sectoral Impact Model Intercomparison Project». Il Cmcc sta inoltre lavorando attivamente per colmare alcune delle principali lacune emerse da questo lavoro nei progetti europei Energya «A study about climate change, energy and adaptation» e Coacch «GO-designing the Assessment of Climate CHange costs».
(Fonte Cmcc)