Pubblicata sulla rivista scientifica internazionale «Climate Dynamics» una ricerca che illustra l’evoluzione di tutti i circa 4.000 ghiacciai alpini su un arco temporale di 200 anni, a partire dal 1901. L’analisi, svolta da un team internazionale, ha portato alla luce come si sia modificata e come potrà modificarsi la Ela (Equilibrium Line Altitude)
Un team internazionale composto da ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), Aberystwyth University in Galles (UK), International Center for Theoretical Physics (Ictp) e Dipartimento di matematica e geoscienze dell’Università di Trieste ha pubblicato una ricerca sulla rivista scientifica internazionale «Climate Dynamics» sull’evoluzione della linea di equilibrio di tutti i circa quattromila ghiacciai delle Alpi su un arco temporale di 200 anni, dal 1901 al 2100.
La Ela (Equilibrium-Line Altitude), così si chiama la linea di equilibrio dei ghiacciai, dipende strettamente dai parametri climatici (temperature estive e precipitazioni invernali) e identifica la quota che separa la zona di accumulo di un ghiacciaio, quella cioè che alla fine dell’estate preserva parte della neve caduta nel corso dell’inverno precedente, e la zona di ablazione, dove invece la neve invernale sparisce completamente a causa del caldo estivo e riduce così anche il ghiaccio più antico.
«La Ela, ben visibile anche dai dati da satellite, è un termometro diretto dello stato di salute di un ghiacciaio in relazione al clima. Se il clima cambia, la Ela si modifica alzandosi o abbassandosi di quota. Meno neve durante l’inverno e più caldo in estate portano la Ela ad altitudini più elevate, se va a collocarsi sopra la quota più alta occupata da un ghiacciaio, questo è destinato a scomparire, in quanto non potrà più godere della sostituzione del vecchio ghiaccio con quello nuovo», spiega Renato R. Colucci, ricercatore del Cnr-Isp, a capo del team di ricerca e ideatore di questo lavoro assieme a Manja Žebre, Marie Curie alla Aberystwyth University e prima autrice.
«Le osservazioni eseguite sui dati del passato, sfruttando i dati presenti negli archivi climatici alpini, sono stati prima confrontati con i dati della Ela, archiviati al World Glacier Monitoring Service, e poi proiettati nel futuro, sfruttando gli scenari prodotti dai modelli regionali ad alta risoluzione Euro-Cordex — prosegue Colucci —. Il gruppo si è servito delle tre proiezioni di emissioni di gas serra (Rcp) normalmente usati e che riproducono gli scenari di cambiamento climatico possibili in base alle scelte che saranno intraprese nell’immediato futuro, ossia gli Rcp 2.6, 4.5 e 8.5 (protezione del clima con fine delle emissioni di gas serra entro 20 anni, entro 50 anni e nessuna protezione del clima con emissioni che proseguono incontrollate)». Le proiezioni sono state realizzate grazie al lavoro dell’Ictp con Filippo Giorgi, coautore di questa ricerca e membro dell’Ipcc, Premio Nobel per la Pace nel 2007.
«A seconda dello scenario che si verificherà, la Ela salirà in misura diversa, con una forte e drastica riduzione del volume e della copertura di ghiaccio sulle Alpi. Nel più ottimistico degli scenari di circa 100 m, nello scenario intermedio di 300 m e in quello più estremo di 700 m. Questi dati significano che da qui al 2100 potrebbe rispettivamente scomparire il 69%, l’81% o il 92% dei ghiacciai alpini — conclude Colucci —. In ogni caso, il totale disequilibrio con il clima dei ghiacciai attualmente localizzati al di sotto dei 3500 m di quota sulle Alpi, porterà comunque alla loro quasi totale scomparsa nel giro dei prossimi 20-30 anni».
(Fonte Cnr)