Buon Natale… con riserva

2613
Rapporto 5 Ipcc terra clima
Tempo di lettura: 3 minuti

La tradizionale speranza messa a dura prova da comportamenti autolesionistici dell’uomo. Molte le cause del pessimismo: dall’emergenza clima irrisolta agli allarmi sanitari; dalle contraddizioni della ricerca scientifica alla massiccia perdita di biodiversità

È inutile prenderci in giro, è un brutto Natale ed una pessima fine d’anno.

La speranza c’è sempre ma deve essere intelligente e costruttiva altrimenti è vacua.

Andiamo incontro ad un clima sempre più caldo, piuttosto che accorciare i tempi degli interventi la politica li allunga, quando non fa di peggio.

Secondo lo studio «State of Global Air 2020», si evidenzia in un articolo di Arpat News, nel 2019 l’inquinamento atmosferico nel suo complesso ha provocato 6,7 milioni di decessi per ictus, infarto, diabete, cancro ai polmoni, malattie polmonari croniche e malattie neonatali. Tra questi decessi, quasi mezzo milione sono stati bambini, morti nel loro primo mese di vita, nella maggior parte dei casi per complicazioni dovute al basso peso alla nascita e al parto prematuro, fattori collegati all’esposizione all’inquinamento atmosferico outdoor e indoor durante la gravidanza.

È soprattutto in India e nell’Africa sub-sahariana che si sono verificati questi decessi; più di 116.000 bambini indiani sono infatti morti a causa dell’inquinamento atmosferico nel primo mese di vita e 236.000 nell’Africa sub-sahariana. Quasi due terzi dei decessi sono legati all’utilizzo di combustibili solidi per cucinare e quindi ai fumi nocivi che ne derivano; circa la metà della popolazione mondiale continua infatti a fare affidamento sui combustibili solidi e il tasso di utilizzo rimane più alto nell’Africa subsahariana e in diversi paesi dell’Asia, dove risiede la maggior parte dei poveri del mondo.

Il mondo, globalmente, ha perso il senso dell’umanità, il desiderio dello sviluppo; prevale l’accaparramento, l’accumulo di ricchezze quasi dovessimo vivere all’infinito e chiudiamo occhi e orecchie di fronte a quello che sta accadendo.

Fu lo stesso quando c’erano gli allarmi per il clima, negazionisti e opposizioni si davano man forte a bruciare combustibili fossili e a gettare giù governi come se andare alle urne cambiasse qualcosa. E non si contavano le conseguenze dei cambiamenti climatici, degli inquinamenti, dei morti.

Ora è identico il comportamento. Si muore in corsia, e ha poca importanza decrittarne la causa, che certamente non è la prova di un benessere diffuso. E le opposizioni sempre lì, come se le colpe fossero solo del governo di turno. Un comportamento che si replica in tutte le nazioni del mondo a testimonianza della follia collettiva.

E per il clima non è cambiato niente: il Consiglio Ue ha deciso una riduzione ancora insufficiente della CO2, del –55% al 2030, con delle pericolose scappatoie…

Anche la scienza non è da meno. Si è passati dalle torri d’avorio allo sgomitare davanti ai Social. A un autolesionistico sovrapporsi di dichiarazioni.

«Il problema — ci diceva Agostino Di Ciaula in una recente intervista  — è che non tutti i ricercatori sembra abbiano le stesse motivazioni. Per alcuni intervenire è un obbligo morale, avendo ben chiara in mente la direzione sbagliata che da decenni l’umanità sta percorrendo e la soglia, drammaticamente vicina, oltrepassata la quale le conseguenze delle nostre azioni saranno irreversibili.

«Per altri, invece — continua Di Ciaula — sembra che prevalgano le necessità di sopravvivenza personale, dovendosi muovere in contesti nei quali le risorse destinate alla ricerca sono sempre più risicate e il sostegno a posizione più politiche che scientifiche appare come unica ciambella di salvataggio disponibile».

Stiamo perdendo totalmente il rapporto con la natura, e questo si vede nell’assalto ai boschi, nella perdita di habitat, nella scomparsa di specie, in un disprezzo generalizzato della politica verso le specie, che si concretizza nel consumo di suolo, nella caccia, nella pesca, nel perdurare della superstizione, di un fideismo cieco e ottuso, in una agricoltura assolutamente insostenibile e ad un’impalcatura legislativa per niente rassicurante.

Le cause vengono da lontano, e tutti siamo responsabili. I motivi di un pessimismo latente è dovuto proprio al fatto che non ci sono segnali di resistenza, di indignazione. Ognuno va per la sua strada. C’è una sorta di diaspora irresponsabile e ognuno crede di essere depositario della soluzione. Le soluzioni sono scritte da tempo nella natura. Se solo sapessimo guardare i comportamenti degli animali e leggere gli insegnamenti di chi ci ha preceduto la soluzione la riconosceremmo. Ma dobbiamo rinunciare alla nostra presunzione. I nostri nonni, provati dalle guerre, non hanno certo avuto il tempo di studiare molto, ma la loro qualità della vita era migliore.

Noi sappiamo solo dire che ora viviamo meglio e più a lungo, ma perché? Per alimentare quest’inferno ed essere sempre più schiavi di un sistema folle e suicida, dominato dagli egoismi e da una economia distruttiva.

 

I. L.