Lo studio, analizzando i dati del 2020, ha evidenziato che il valore odierno del riscaldamento degli oceani è il più elevato finora registrato. È risultato che ciascuno degli ultimi nove decenni è stato più caldo del decennio precedente
È stato completato il primo studio sul riscaldamento globale degli oceani con i dati relativi all’anno 2020 elaborato da un team internazionale di scienziati tra cui ricercatori italiani dell’istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ed Enea.
Secondo lo studio dal titolo «Upper Ocean Temperatures Hit Record High in 2020», appena pubblicato sulla rivista internazionale «Advances in Atmospheric Sciences», la temperatura media globale dell’oceano nel 2020 è il valore più caldo finora registrato. Ma non è tutto. L’analisi mostra anche che i cinque anni più caldi mai registrati si sono verificati tutti a partire dal 2015.
I dati del 2020 evidenziano che lo strato dell’oceano tra la superficie e i 2.000 metri di profondità, ha assorbito 20 Zettajoule di calore rispetto all’anno precedente, equivalenti al calore prodotto da 630 miliardi di asciugacapelli in funzione giorno e notte per un anno intero.
Per il ruolo che l’oceano riveste nel modulare il clima della Terra, il contenuto di calore dell’oceano rappresenta il miglior indicatore del fatto che il pianeta si stia riscaldando o meno. Come peraltro affermato pochi giorni fa per l’ambito atmosferico dal servizio europeo Copernicus Climate Change, il 2020 e il 2016 sono i due anni più caldi mai registrati considerando, però, che il 2016 è stato l’anno de El Niño, il fenomeno climatico periodico che determina un forte riscaldamento delle acque oceaniche.
«Il 90% del calore del riscaldamento globale finisce negli oceani quindi in realtà il “riscaldamento globale” non è altro che il “riscaldamento dell’oceano”», sottolinea Simona Simoncelli dell’Ingv di Bologna e co-autrice italiana dello studio insieme a Franco Reseghetti del Centro ricerche ambiente marino S. Teresa dell’Enea.
«Oceani più caldi influiscono notevolmente sulle condizioni meteorologiche locali, generando tempeste più potenti e favorendo l’innalzamento del livello del mare. I risultati della ricerca rappresentano un ulteriore chiaro dato che indica la necessità di agire al più presto per limitare gli effetti del cambiamento climatico in atto», aggiunge Simoncelli.
Il valore del riscaldamento determinato in questo lavoro fornisce, inoltre, un quadro anche sul lungo termine. Infatti, è risultato che ciascuno degli ultimi nove decenni è stato più caldo del decennio precedente. Il grafico seguente confronta il valore relativo al 2020 con alcuni decenni precedenti.
«Il riscaldamento osservato ha delle conseguenze — evidenzia il ricercatore Enea Franco Reseghetti —. Il pianeta Terra sta diventando ogni anno sempre più caldo, questo non è un problema solo del mondo accademico, perché il cambiamento climatico influisce quotidianamente sulle nostre vite e sulla nostra società. La vita di un numero sempre maggiore di persone viene messa in serio pericolo e purtroppo non si sta facendo abbastanza per cercare di limitare gli effetti nefasti del cambiamento climatico globale».
Pianeta e oceani sempre più caldi determinano effetti sorprendenti e terribili come, ad esempio, gli incendi di vastissime dimensioni scoppiati in Australia, in parti della regione amazzonica e negli Stati Uniti occidentali. Tali fenomeni così estremi sono, purtroppo, destinati a divenire sempre più comuni nel futuro. Inoltre, oceani più caldi portano ad un riscaldamento maggiore dell’atmosfera e un’atmosfera più calda provoca piogge più intense, un numero maggiore di tempeste e uragani, per giunta di maggiore intensità, aumentando anche il rischio di inondazioni.
Ad esempio, nel Nord Atlantico quest’anno si è verificato un numero record di tempeste che hanno colpito il nord America, lo stesso fenomeno si è verificato in Vietnam e l’arcipelago delle isole Fiji è stato recentemente devastato da un uragano di categoria 5 (valore massimo). È quindi tutto il pianeta ad essere interessato dal fenomeno del riscaldamento, non solo qualche area specifica.
Anche i Paesi dell’area mediterranea sono stati colpiti da importanti incendi estivi (Spagna, Portogallo, Grecia e Italia), e hanno subito danni da trombe d’aria e piogge di intensità estrema nell’anno più caldo mai misurato in Europa.
Secondo i ricercatori «Il mar Mediterraneo non è da meno, anzi: tra tutte le aree analizzate in dettaglio in questa ricerca il Mediterraneo è il bacino che evidenzia il tasso di riscaldamento maggiore negli ultimi anni, confermando peraltro quanto già riscontrato nel Rapporto sullo Stato dell’Oceano del Servizio marino europeo Copernicus del 2016 e del 2018, proseguendo un processo iniziato una trentina di anni fa ma con un incremento più elevato rispetto alle altre aree oceaniche».
Gli scienziati del team hanno potuto portare a termine lo studio, malgrado le difficoltà legate alla pandemia, grazie all’utilizzo di nuove metodologie per l’analisi dei dati di temperatura delle acque marine e vari tipi di sonde che hanno permesso di raggiungere i 2000 m di profondità.
«I risultati ottenuti sono la riprova che sono in atto effetti globali di ampia portata sull’ambiente e sulla società, pertanto, forte è l’invito ad intervenire per limitare in modo importante le emissioni di gas serra e allo stesso tempo ad adattarsi alle conseguenze ormai inevitabili dell’incessante riscaldamento avvenuto negli ultimi decenni», concludono i ricercatori.
Oltre alla collaborazione internazionale di altissimo livello, lo studio è frutto di una solida partnership pluriennale tra Ingv ed Enea relativa all’analisi dei dati del monitoraggio della temperatura della colonna d’acqua lungo la linea marittima commerciale «Genova-Palermo» che proseguirà nei prossimi tre anni nell’ambito di un progetto Ingv.
Il monitoraggio continuo lungo questa tratta è infatti una componente importante del sistema osservativo globale degli oceani.
(Fonte Ingv)