L’etichetta buone pratiche per i rifiuti

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La Fondazione pubblica 10 macrodescrittori per ottenere l’etichetta di certificazione

Solo su «Villaggio Globale» è possibile consultare le modalità da rispettare per poter accedere alla richiesta dell’etichetta. Il grande impegno della Fondazione di Partecipazione delle Buone Pratiche. Oltre alla lettura che offriamo, gli interessati possono anche scaricare il Pdf

Che cos’è una Buona Pratica e come la si può valutare per distinguerla dalle tante cattive, tinteggiate di buono?

Ci prova la Fondazione di Partecipazione delle Buone Pratiche, sorta poco più di un anno fa col preciso scopo di creare addirittura un’etichetta che certifichi la corrispondenza di una pratica a rigorosissimi parametri di valutazione.

Abbiamo seguito l’iniziativa passo dopo passo, dalla sua prima presentazione all’assegnazione della prima etichetta e via via alle altre assegnazioni. Ora, per meglio rendere fruibile l’iniziativa, la Fondazione pubblica i «Manifesti», in pratica descrizione delle pratiche per raggiungere i vari obiettivi.

Basato su 10 macrodescrittori (definiti «Manifesti»), a loro volta articolati in sottoparametri, il processo di verifica spazia da rigorosi criteri di sostenibilità ecologica e sociale, alla valutazione dei servizi ecosistemici forniti, dagli effetti sulla biodiversità, alle politiche interne aziendali, dagli effetti sul clima al benessere umano a animale che caratterizzano la pratica sottoposta ad esame.

«Villaggio Globale», in 10 puntate, ospita la descrizione di tali parametri e i criteri di valutazione adottati dagli esperti della Fondazione.

Oggi si parla di Rifiuti. Oltre alla lettura che offriamo, gli interessati possono anche scaricare il Pdf.

Fondazione buone pratiche
MANIFESTO N. 7

BUONA PRATICA RIFIUTI

I criteri di valutazione della Fondazione in tema rifiuti non potevano che fondarsi, oltre che sui principi scientifici della sostenibilità come per gli altri parametri, quindi sulla nota gerarchia generale preferenziale nella gestione, anche sulle più avanzate conoscenze tecniche nel campo, oltre che in relazione coerente con gli altri elementi di valutazione, come quello su materiali e energia.

I parametri che abbiamo individuato, ovviamente, non si riferiscono a possibili scelte del candidato all’etichetta che riguardano strategie e politiche generali sulla gestione rifiuti, decise dalle amministrazioni pubbliche e dal mercato generale e non nella disponibilità opzionale del soggetto stesso; ci riferiamo, quindi, a quanto sia possibile nel libero arbitrio del soggetto. Ciò rende più semplice la valutazione e ci consente di articolarla solo su 4 descrittori di facile interpretazione.

La prima azione nella corretta strategia per i rifiuti è la prevenzione e la riduzione della loro produzione, sia nei processi produttivi che dal destino dei prodotti. Seguono tutte le strategie per riutilizzare scarti e sottoprodotti, sia come materia prima che quelli generati nel processo produttivo stesso. Infine, per quanto non sia possibile assoggettare a questi criteri e diventi un «rifiuto inevitabile», restano l’obbligo di conferimento secondo carta dei servizi del gestore del servizio raccolta locale e un marginale impiego come fonte energetica per materiali idonei.

I requisiti per definire una buona pratica in tema di produzione e gestione dei rifiuti prodotti, sono:

1) Verifica delle alternative di processo per la minimizzazione della produzione di rifiuti dal prodotto.

La possibile scelta in questa direzione, da parte dell’organizzazione di una qualsiasi attività antropica, si basa su un’analisi del processo produttivo che miri a ridurre l’eventuale produzione di rifiuti dall’uso e consumo del prodotto secondo LCA (Life Cycle Assessment), valutazione del ciclo di vita. E ciò riguarda sia la durata del prodotto in sé e del materiale, che la loro recuperabilità e riutilizzabilità. Per ottenere l’etichetta di Buona Pratica, questa valutazione deve essere stata svolta con cura e le scelte adottate devono essere adeguatamente motivate, non esclusivamente su base economica.

2) Riutilizzo interno come materia.

Trattasi di un possibile riutilizzo di scarti di lavorazione e rifiuti, anche di processi connessi, nello stesso processo produttivo. Anche in questo caso, sarà necessaria una valutazione della possibilità di adeguamento del processo produttivo per non produrre rifiuti interni o per poterli riutilizzare. I rifiuti da processo connesso possono essere ad esempio fanghi e reflui da depurazione di acque di processo.

3) Raccolta differenziata.

I rifiuti inevitabilmente prodotti (scarti di lavorazione e altro non eliminabili o riutilizzabili nel processo) sono segregati ai fini di un migliore riutilizzo esterno. Questo non solo in ottemperanza alla norma e alla carta dei servizi del gestore istituzionale locale del ciclo, ma anche nella scelta eventuale del soggetto smaltitore privato, laddove questi abbia a sua volta possibilità di incrementare uno scambio di materie seconde con altri utilizzatori.

4) Riutilizzo energetico interno solo a completa attuazione del criterio «energia».

Soddisfatti i precedenti e requisiti ed i requisiti del criterio «energia», può sussistere il caso di reimpiego a fini energetici interni di compensazione (ovvero non come fonte energetica primaria) di uno scarto di lavorazione costituito da biomassa combustibile pulita. Nessun altro materiale di sintesi, o biomassa trattata con sostanze di sintesi, può essere impiegata in tal modo, a causa delle emissioni che genererebbe e della cattiva qualità del residuo di combustione o del trattamento fumi derivanti.