Perché l’erosione della costa tra i fiumi Arno e Magra

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Parco San Rossore foce F Morto N
Vista del litorale tra i fiumi Arno e Magra
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Calcolato il deficit sedimentario degli ultimi 40 anni. Lo studio del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista «Water»

Dagli anni 80 ad oggi gli interventi di ripascimento e di dragaggio condotti lungo la costa, hanno generato un saldo negativo di circa 250mila m3 di sabbia nel tratto costiero compreso tra le foci dei fiumi Arno e Magra. Il calcolo arriva da uno studio appena pubblicato sulla rivista internazionale «Water» e coordinato da Duccio Bertoni e Giovanni Sarti del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa in collaborazione con Sergio Cappucci dell’Enea e Gianfranco Boninsegni e Luigi Enrico Cipriani della Regione Toscana

«Questa porzione di costa costituisce un vero “laboratorio naturale” — spiega il professore Sarti — perché se da una parte preserva caratteristiche interamente naturali per la presenza del Parco Regionale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli dall’altra è molto antropizzata e sede di ingenti interessi socio-economici, dalle attività turistiche della riviera Apuo-Versiliese ai porti».

Ma il deficit sedimentario calcolato dagli scienziati negli ultimi 40 anni non tiene conto degli ingenti volumi di sedimento estratti dagli alvei dei fiumi. Si tratta di gran lunga la parte più consistente e problematica che ha provocato nel tempo una carenza di apporto sedimentario naturale da parte dei principali sistemi fluviali (Arno, Magra e Serchio) al mare.

«Solo nel tratto finale del fiume Magra sono noti e quantificati dragaggi, effettuati in gran parte durante la fase di costruzione dell’autostrada negli anni 50-70, con estrazione in alveo di circa 24.000.000 m3 di sedimento — continua Sarti —. È importante sottolineare come tali valori siano fortemente sottostimati perché non tengono conto di altri fattori, quali ad esempio la costruzione nel tempo di dighe e briglie sull’alveo. Altri prelievi sono poi documentabili anche lungo il fiume Arno ma in questo caso non abbiamo a disposizione dati quantitativi».

Torrre Fiat Vista verso SUD
Vista del litorale tra i fiumi Arno e Magra

Secondo gli studiosi, in questo quadro generale di budget naturale sedimentario negativo non devono trarre in inganno situazioni locali dove la situazione appare stabile o in avanzamento. Ad esempio, gli oltre 400 metri di spiaggia sulla darsena del Porto di Viareggio sono dovuti alla ridistribuzione, attraverso le correnti lungo costa, delle sabbie erose a sud nel Parco Naturale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli che è invece in forte erosione. Idem per la zona di Forte dei Marmi e Marina di Pietrasanta che gode attualmente del vantaggio di trovarsi in corrispondenza di una zona di convergenza di correnti litoranee, una dal fiume Magra a nord ed una dall’Arno a sud.

Situazioni specifiche a parte, a partire dalla fine dell’800 c’è stato infatti un generale arretramento della linea di costa fino a diverse centinaia di metri in alcuni tratti. A complicare la situazione ci sono stati poi interventi antropici come ad esempio la costruzione dei due porti di Carrara e Viareggio che ha innescato processi di accumulo sopraflutto ed erosione sottoflutto o la costruzione di opere rigide che se in alcuni casi hanno localmente stabilizzato la linea di costa hanno dall’altra generato un effetto «domino» con lo spostamento dei processi di erosione altrove.

«Alla luce dei cambiamenti climatici e delle previsioni future di sommersione delle coste, i problemi di erosione rappresentano una delle sfide più importanti dei prossimi decenni — conclude Sarti —. Ma il problema principale è la carenza di apporto sedimentario naturale, occorre quantificarlo ed agire sulle cause, e sarebbe quindi opportuno, prima di qualsiasi intervento, utilizzare il principio di precauzione almeno finché non sarà messa a sistema una rete di acquisizione dati diffusa e continua nel tempo, per arrivare a scelte consapevoli e affrontare in modo corretto e su basi scientifiche il problema».

 

(Fonte Università di Pisa)