Operazione «Atacama», mille cactus tornano in Cile

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    Rimpatriate le rarissime piante sequestrate in provincia di Ancona e Rimini. La sinergia tra autorità italiane e cilene ha consentito uno storico «rimpatrio». L’operazione dei Carabinieri forestali. Il traffico illegale di cactus, stando ai dati diffusi da Traffic del Wwf ha interessato oltre 100.000 piante negli ultimi 4 anni per un valore stimato di 3 milioni di dollari

    In questi giorni sono giunti a destinazione i rarissimi cactus appartenenti al genere Copiapoa, sequestrati lo scorso anno dai Carabinieri forestali del Nucleo Carabinieri Cites di Ancona presso l’abitazione di due trafficanti di piante protette residenti nelle province di Ancona e Rimini.

    L’indagine di polizia giudiziaria, iniziata nel 2020 e coordinata dalla Procura della Repubblica di Ancona, si è conclusa nei giorni scorsi con le notifiche di chiusura delle indagini ai due soggetti accusati di detenzione e traffico internazionale di specie protette dalla Cites, ovvero la Convenzione internazionale di tutela delle specie animali e vegetali protette e in via di estinzione. L’attività, condotta per diversi mesi, ha consentito di portare alla luce una rete composta da almeno 19 trafficanti e collezionisti stranieri e italiani, con un traffico diretto principalmente verso i Paesi del medio oriente asiatico.

    Le piante recuperate e sottratte ai trafficanti, rarissime e delicate, sono state poste sotto sequestro penale e affidate in un primo momento all’Orto botanico dell’Università di Milano dove sono state custodite in una serra dotata di tecnologie all’avanguardia. Dopo accurate valutazioni e approfondimenti di carattere sistematico, fisiologico e fitopatologico si è valutato per il rimpatrio e la reintroduzione nel loro ambiente naturale d’origine delle piante: questo per riparare il danno subito dall’ecosistema e perché, nonostante le cure assidue, nei nostri climi rischiavano di morire o comunque di perdere le loro peculiarità. In questo modo si è ottenuto di preservare in natura il patrimonio genetico di questi esemplari, alcuni dei quali presenti solo in piccole stazioni remote del deserto dell’Atacama in Cile e a serio rischio di estinzione. Nell’Atacama infatti ci sono condizioni climatiche estreme, dove non piove per anni e l’unica acqua a disposizione degli esseri viventi è quella ricavabile dall’aria umida che soffia dall’Oceano Pacifico in alcune ore della giornata.

    La sinergica attività tra le Autorità internazionali e italiane si è svolta su due canali principali, di eguale importanza: da una parte quello investigativo, che ha consentito un flusso informativo utile per implementare nuove attività di contrasto ai traffici internazionali di specie vegetali protette e dall’altra quello scientifico, finalizzato alla salvaguardia del prezioso patrimonio genetico estirpato dalla terra cilena.

    Su questo secondo filone di intervento, in virtù della consistenza numerica e dell’importanza biologica ed ecologica delle piante sequestrate, gli inquirenti hanno richiesto la collaborazione dell’Associazione per la biodiversità e la sua conservazione di Bologna, nella persona del suo presidente Andrea Cattabriga, naturalista nonché membro dell’Unione mondiale per la protezione della natura (Iucn), gruppo di studio nelle cactacee e piante succulente (Cssg). L’illustre scienziato, al fine di evitarne la dispersione o la morte e la conseguente perdita di un preziosissimo patrimonio genetico, ha valutato quale soluzione ottimale quella della restituzione al Cile con la finalità della loro reintroduzione nell’ambiente naturale dal quale erano state estirpate.

    Tra le autorità coinvolte nell’operazione è stato essenziale il contributo di Barbara Goetsch di Cambridge (UK), copresidentessa della Cssg, che ha curato il reperimento dei fondi necessari per realizzare la complessa e costosa operazione e Pablo Guerrero, Direttore del dottorato in Scienze biologiche, area botanica della Facoltà di scienze naturali e oceanografiche dell’Università di Concepción in Cile, che è uno degli studiosi più importanti della flora del genere Cactus del suo Paese.

    Coinvolta anche la Corporación Nacional Forestal del Cile (Conaf), l’ente che si occupa della protezione delle risorse naturali cilene nella persona di Bernardo Martinez, direttore del Dipartimento di Ispezione Forestale e Servizio Agrícola y Ganadero (Sag), l’ente preposto alla protezione delle risorse agricole e naturali del Cile, responsabile del rilascio dei permessi di import ed export dei prodotti agricoli.

    Nei primi giorni di aprile, nelle serre dell’Orto botanico di Milano dove, in piena osservanza delle regole contro la diffusione del Coronavirus-19, alcuni soci della Abc, il direttore dell’Orto botanico coadiuvato dalla sua équipe di ricercatori e impiegati e alcuni Carabinieri forestali del Nucleo Carabinieri Cites di Ancona hanno lavorato per etichettare, pesare e impacchettare con la dovuta cura e la necessaria attenzione gli esemplari di cactus cileni.

    La partenza è avvenuta il giorno 12 aprile u.s. e dopo un volo di tre giorni con scalo in Francia, le piante hanno raggiunto l’aeroporto di «Santiago de Chile» e sono state consegnate nelle mani del personale del Conaf per curare le successive tappe della reintroduzione in natura.

    Il traffico illegale di cactus, stando ai dati diffusi da Traffic del Wwf ha interessato oltre 100.000 piante negli ultimi 4 anni per un valore stimato di 3 milioni di dollari. La crescente richiesta di esemplari di grandi dimensioni, raccolti illegalmente in natura, causa un forte declino delle popolazioni selvatiche, alcune delle quali ridotte ormai a pochissimi esemplari.

    L’operazione «Atacama» condotta dai Carabinieri forestali del Nucleo Carabinieri Cites di Ancona ha permesso di far venire alla luce e sgominare un traffico illecito stimato in circa un milione di euro per il valore delle piante recuperate e poste sotto sequestro.

    Come è avvenuto anche nell’ambito della presente indagine, le più recenti attività info-investigative condotte in ambito internazionale indicano che il mercato illegale più fiorente negli ultimi tempi si è spostato in Giappone e Cina.

    L’aspetto del valore economico del traffico illegale è però da considerare minimale rispetto al danno che viene condotto all’ambiente naturale per l’alterazione dei delicati equilibri biologici dell’ecosistema e per la perdita di patrimonio genetico e di biodiversità.

     

    (Fonte Comando Generale Carabinieri)